di Carlo Musilli

E' una sorta di tour della pietà quello che attende nei prossimi giorni Antonis Samaras. Domani il premier greco accoglierà ad Atene il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker (che domenica ha definito "tecnicamente possibile" l'uscita del Paese ellenico dall'euro). Il giorno seguente volerà a Berlino per incontrare la cancelliera Angela Merkel, mentre venerdì è atteso a Parigi dal presidente francese, François Hollande.

Per Samaras, lo scopo di questi vertici a ripetizione è uno solo: ottenere due anni in più per rendere operativi tagli e riforme strutturali concordati con la troika (Ue, Bce e Fmi) in cambio dell'ultimo piano d'aiuti. Il termine per riportare il deficit greco al 3% (dall'attuale 9,3%) scivolerebbe così dal 2014 al 2016.

La questione ha già prodotto più d'una frattura politica. La più evidente è quella tra frau Merkel da una parte, Hollande e Monti dall'altra. Se la cancelliera continua a rifiutare ogni revisione delle intese raggiunte con Atene, i leader di Francia e Italia si attestano su posizioni ben più morbide, terrorizzati dal possibile contagio greco su Roma e Madrid, che metterebbe anche Parigi a rischio infezione. Lo scudo anti-spread su cui sta ragionando la Bce ridurrebbe il pericolo di un'epidemia, ma l'opposizione della Germania è totale anche su questo fronte. Di tutto questo si parlerà nel corso di altri due vertici bilaterali: il primo dopodomani fra Hollande e Merkel, il secondo mercoledì 29 fra la cancelliera e Monti.

Restringendo la prospettiva, un'altra spaccatura legata alla Grecia è quella che minaccia di aprirsi nel Parlamento tedesco. Purtroppo per la Merkel, falchi e colombe coesistono anche all'interno di Cdu e Fdp, i due partiti di governo. Sabato il ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, ha escluso l'ipotesi di nuovi aiuti ad Atene, sostenendo che sarebbe "stupido non preparare" un piano B per l'uscita del Paese dall'Eurozona. Di tutt'altro avviso il commissario europeo all'industria, il democristiano tedesco Guenther Oettinger, secondo cui "bisogna fare di tutto per mantenere la Grecia nell'euro, perché se fallissimo con un Paese il cui debito sovrano è solo il 3% del Pil dell'eurozona, nessuno avrebbe più fiducia in noi".

La sensazione è che i falchi siano destinati a prevalere, ma non in virtù di una superiore lungimiranza economica, quanto per mere ragioni di politica interna. Manca poco più di un anno alle elezioni politiche federali e in Germania il clima è già da campagna elettorale. Sembrerà assurdo, ma il rigorismo e l'intransigenza pagano: a inizio luglio la popolarità della Merkel era al 66%, il livello più alto degli ultimi tre anni.

Ogni giorno da Berlino si ripete che l'addio della Grecia all'eurozona sarebbe gestibile e il sospetto è che si tratti proprio di un bluff a fini politici. Forse gli elettori sarebbero felici di non doversi più preoccupare per Atene, ma le banche tedesche lo sarebbero molto meno, considerando che sono fra le più esposte in assoluto al debito ellenico.

Dal punto di vista greco, invece, la proroga di due anni sarebbe il minimo per ridare al Paese una flebile speranza di uscire prima o poi dalla recessione. Anzi, probabilmente questa concessione da sola non basterebbe. A prescindere dal fattore tempo, la Grecia ha in cantiere una nuova infornata di misure da macelleria sociale che risolleverà forse le finanze pubbliche, ma aggraverà ulteriormente la situazione dell'economia reale.

Secondo la stampa ellenica, il governo avrebbe quasi definito tutti i settori in cui operare i tagli da 11,5 miliardi di euro chiesti dalla troika. Lunedì mancavano all'appello solo 700 milioni, ma ieri era in agenda una riunione decisiva per chiudere la partita. Sembra che nel pacchetto allo studio siano previste nuove sforbiciate a stipendi pubblici, sanità e pensioni, oltre a una riduzione di 34mila unità dei dipendenti statali. Fonti ministeriali rivelano che l'obiettivo è ottenere il via libera della troika al piano entro metà settembre.

Sabato scorso, tuttavia, il settimanale tedesco Der Spiegel aveva scritto che la Grecia avrà bisogno complessivamente di 14 miliardi. Nel loro ultimo sopralluogo, i tecnici di Ue, Bce e Fmi avrebbero scoperto un nuovo buco di 2,5 miliardi di euro nel fabbisogno ellenico per il prossimo biennio, che si sommerebbe a quello su cui sono già stati calcolati i tagli.

Ieri intanto il Tesoro di Atene ha estinto un debito da 3,2 miliardi di euro arrivato in scadenza con la Bce. La settimana scorsa il Paese aveva concluso un'asta record di titoli di Stato a tre mesi proprio allo scopo di restituire il prestito a Francoforte e allontanare così lo spettro della bancarotta. Almeno per il momento. 

 

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