di Carlo Musilli

Si può mettere in piedi la truffa del secolo e poi riuscire a farla franca? Certo, basta essere una delle Banche d'affari più potenti e spietate al mondo. Basta chiamarsi Goldman Sachs. Dopo un anno d'indagini insieme all'Fbi, il Dipartimento della Giustizia americano ha stabilito che non ci sono prove sufficienti per perseguire penalmente il colosso di Wall Street in relazione allo scandalo dei mutui subprime del 2008. Rimarrà quindi senza colpevoli lo scempio speculativo all'origine dell'intera crisi globale, compresa quella dei debiti sovrani europei.

Com'è possibile un tale livello d'impunità? Le indagini erano partite da un duro rapporto del Congresso in cui Goldman era accusata di aver ingannato deliberatamente i propri clienti pur di trarre profitto da manovre iper-aggressive sui derivati. Secondo il senatore democratico Carl Levin, presidente della Commissione d'inchiesta, la Banca avrebbe mentito perfino al Congresso sulle operazioni legate al mercato immobiliare.

In sintesi, l'istituto scommetteva segretamente sul crollo, ma allo stesso tempo piazzava i titoli legati ai subprime spacciandoli per investimenti sicuri. Come se un gioielliere vendesse bulloni e chiavi inglesi allo stesso prezzo dei diamanti. Il raggiro è stato possibile grazie alla complicità delle agenzie di rating, che, in un incredibile conflitto d'interessi (erano pagate dalle stesse banche che emettevano i titoli), attribuivano a questi derivati il massimo giudizio d'affidabilità possibile, la mitica "tripla A".

All'inizio gli attori di questa gigantesca associazione a delinquere erano accecati dai guadagni favolosi che riuscivano a incassare. Poi si sono accorti che i titoli garantiti dai subprime erano carta straccia, perché gli americani non sarebbero più stati in grado di ripagare i mutui (o meglio: non lo erano mai stati, ma a un certo punto i prezzi delle case hanno smesso di salire, rendendo impossibile il giochetto di estinguere il vecchio mutuo con uno nuovo d'importo superiore). Ma hanno continuato con il loro business come nulla fosse. In fondo, l'alta finanza è una materia incomprensibile per i comuni mortali. Truffare è facilissimo, una tentazione irresistibile.

Nel dettaglio, il rapporto del Congresso fa riferimento a un'operazione di questo tipo chiamata Abacus 2007-AC1. Come sanzione per questa frode Goldman ha già pagato alla Sec (la Consob americana) una multa record da 550 milioni di dollari. Ed è stato un patteggiamento.

Quanto detto fin qui sarebbe teoricamente sufficiente a far esplodere una sollevazione popolare. A Washington lo sanno, per questo il Dipartimento di Giustizia si è affrettato a precisare che potrebbe intraprendere nuove azioni contro l'istituto se e quando emergeranno nuove prove. Non solo: ha anche ribadito che la lotta alle truffe finanziarie continua a essere una priorità assoluta.

Nelle intenzioni le autorità americane sono encomiabili. Nei fatti un po' meno. E non bisogna essere poi così malevoli per ricordare le generose donazioni arrivate proprio da Goldman Sachs alla prima campagna elettorale di Barack Obama, che in questi mesi è impegnato nella seconda. In effetti, di ricompense alla Banca ne erano già arrivate da parte dell'attuale amministrazione democratica. Ad esempio un prestito da 9 miliardi di dollari con cui non solo l'istituto si salvò dal fallimento, ma tornò addirittura in utile già nel 2010.

In casa Goldman sono però abituati a ricevere regalini apparentemente immeritati da governi e presidenti vari. E' successo di recente anche con l'Italia. Nel secondo trimestre del 2012 la Banca ha quasi azzerato l'esposizione sul nostro Paese: i titoli pubblici italiani sono praticamente scomparsi dal suo portafoglio (passando da 2,5 miliardi ad appena 191 milioni di dollari), mentre sono aumentati i derivati che assicurano da un eventuale default di Roma.

Non esiste un modo più sfacciato di scommettere sulla nostra bancarotta. Eppure proprio l'istituto americano è stato scelto dalla Cassa depositi e prestiti (controllata al 70% dal Tesoro) come consulente per acquistare il 30% di Snam da Eni, la cui separazione è stabilita dal decreto sulle liberalizzazioni. Nota storica: tra il 2005 e il 2011 l'attuale premier Mario Monti è stato international advisor per Goldman Sachs. Davvero una delle banche più potenti al mondo.  

 

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