di Emanuele Vandac

L’aveva capito già Paolo di Tarso (o forse il più tardo omonimo), il quale, nella celebre epistola scritta a Timoteo due millenni orsono, scriveva che “l’avidità è radice di tutti i mali”. E pensare che ai suoi tempi non esistevano ancora le banche d’affari... La finanza internazionale è mostro insaziabile: assume rischi folli causando crisi ed instabilità in tutto il globo, salvo poi chiedere ai governi di pagare il conto ogni volta che le cose vanno male.

I banchieri hanno a cuore, dicono, non tanto le proprie poltrone e i propri astronomici stipendi, quanto il benessere dell’intera collettività: il loro fallimento, strepitano, produrrebbe danni gravissimi alle economie nazionali e quindi anche alla società.

Ciò accade perché i loro giocattoli criminali, sotto gli occhi distratti dei “regolatori”, sono cresciuti come una massa tumorale, fino al punto da rendere impensabile anche la sola ipotesi di consentire il loro fallimento. Al pari di alcolizzati impenitenti, ogni volta che le banche vengono scoperte in flagrante, spergiurano che “questa è l’ultima volta, e che non succederà più”. I loro manager raccontano agli azionisti e ai media che, ora, hanno stabilito limiti ragionevoli ai propri bonus; eppure ogni anno si auto-attribuiscono compensi solo marginalmente inferiori a quelli percepiti prima delle crisi (crisi che hanno contribuito ad evocare con i loro comportamenti sconsiderati).

Da questo punto di vista, è emblematica la figura di Bob Diamond (un nome, un destino), capo supremo del colosso bancario britannico Barclays. In un documento presentato ad una audience ristretta lo scorso 23 maggio, Diamond ha infatti sostenuto che il concetto di “cittadinanza responsabile” è uno dei quattro attorno ai quali intende applicarsi nel corrente anno contabile: “Non si tratta di un’iniziativa estemporanea”, ha spiegato Diamond. “Vorremmo piuttosto che voi [i cittadini] tra qualche anno possiate esprimere un giudizio sulla nostra condotta, valutando le nostre capacità professionali, i nostri rapporti con gli azionisti e la nostra reputazione. Ma soprattutto se saremo riusciti a divenire un’impresa migliore e dei cittadini più virtuosi”. Parole condivisibili: peccato non siano sincere.

Che l’immagine delle banche britanniche necessiti una mano di trucco è evidente: a causare il quasi raddoppio del debito pubblico britannico nel quinquennio 2007 - 2011 sono state infatti le ciclopiche operazioni di salvataggio pubblico con cui il governo è dovuto intervenire per salvare Royal Bank of Scotland, Northern Rock e Lloyd’s Bank.

Se parliamo di stipendi, poi, si fa davvero fatica a credere a Diamond nella sua veste di moralizzatore: sembra infatti che in sei anni di lavoro egli abbia ricevuto dalla sua banca qualcosa come 130 milioni di euro - il suo bonus di quest’anno (21 milioni di euro), per dire, ha fatto fare un salto sulla sedia a più di un azionista. Per valutare quanto Barclays possa definirsi un cittadino modello, basti qui ricordare il ruolo primario assunto dalla banca nella predisposizione di uno schema destinato all’elusione fiscale, che ha sottratto alle casse di vari stati oltre seicento milioni di euro…

A ridicolizzare i tentativi di darsi un’immagine un po’ meno ammaccata giunge in questi giorni un’ulteriore notizia negativa. Mercoledì 28 giugno i media annunciavano che le autorità di vigilanza bancaria americane e britanniche hanno comminato a Barclays due maxi multe (rispettivamente di circa 74 e di 283 milioni di euro) per aver contributo a manipolare la formazione del tasso di interesse LIBOR dal 2005 al 2009. Un caso che dimostra con tutta evidenza le situazioni paradossali in cui si finisce per incappare quando l’intero sistema finanziario deve rendere conto solo …a sé stesso.

Il LIBOR (London Interbank Offer Rate) è un indice del livello dei tassi nelle varie divise che, come spiega l’acronimo, viene fissato ogni giorno a Londra sulla base di una media dei tassi di finanziamento proposti da un panel di banche rappresentativo del mercato. In sostanza, ogni giorno le banche usano, anche per fare i prezzi alla loro clientela, un parametro fissato con le quotazioni che … esse stesse fanno alle altre banche.

Il LIBOR (simile all’EURIBOR, che però riguarda il solo euro, e viene calcolato dalla European Banking Federation) rappresenta il livello ufficiale dei tassi finanziamenti e viene impiegato per valorizzare le rate dei finanziamenti a tasso variabile; esso è inoltre un parametro fondamentale per attualizzare e capitalizzare flussi futuri di denaro: è dunque il pane quotidiano di ogni banca commerciale e d’affari.

E’ chiaro come le banche che partecipano al panel si trovino in conflitto di interesse: da un lato sono infatti i fornitori del dato sugli interessi (in quanto soggetti che quotano il denaro sul mercato interbancario); dall’altro sono i suoi utilizzatori (in quanto se ne servono per chiudere operazione, valorizzare milioni di contratti derivati e, in generale, le attività e passività nei loro libri contabili).

Ecco John, un trader con un bel portafoglio il cui valore può cambiare ogni giorno di milioni di euro al variare di pochi centesimi del LIBOR. Nella stessa banca lavora anche Trevor, che invece per lavoro fa prezzi sul mercato interbancario. Che cosa impedisce a John di fare uno squillo a Trevor e di chiedergli se per favore può immettere a sistema un’offerta non proprio realistica, ma molto più vicina al livello che serve a John per far bella figura con i suoi capi?

Niente, tanto è vero che una dinamica di questo tipo sembra si sia verificata con una certa regolarità per oltre quattro anni alla Barclays (e non solo lì). A quanto risulta alle autorità di vigilanza, gli operatori dell’interbancario si adoperavano per spingere i tassi di mercato nella direzione desiderata dai loro colleghi dell’investment banking, in modo da dare loro un aiutino …

Quando a fine 2008 la crisi di credito avrebbe dovuto spingere i tassi in alto, il LIBOR rimase misteriosamente a livelli accettabili. Quest’insolita circostanza ha fatto accendere i riflettori delle autorità, al di qua e al di là dell’Oceano. A quanto riportano Associated Press e The Independent, sulla base delle istruzioni impartite da una anonima figura apicale dell’organizzazione, pare che quasi quotidianamente Barclays inserisse scientemente a sistema tassi chiaramente troppo bassi.

In questo modo, oltre a controllare il valore “di mercato” delle posizioni in essere, Barclays truccava la sua posizione di liquidità. Se avesse fatto conoscere al mercato i veri tassi a cui era pronta a prendere denaro in prestito sull’interbancario (molto alti evidentemente), gli altri operatori avrebbero capito che era a corto di liquidi; una cosa che il top management voleva evitare ad ogni costo.

Di fronte a questo disastro, Diamond si è limitato a tuonare contro il presunto manipolo di “serpi in seno”, che, come da copione, avrebbero agito di loro iniziativa (ovviamente, le alte sfere non erano informate). Diamond ha però fatto vago riferimento alla cultura iperaggressiva della banca, la quale potrebbe aver indotto nelle persone l’errata convinzione che la spudorata menzogna fosse il comportamento che i loro capi si attendevano da loro in quel momento.

Anche seguendo questo perverso ragionamento, chi, se non i grandi capi, sarebbe responsabile di una cultura aziendale mefitica come quella che ha causato simili obbrobri finanziari? Mentre Cameron si distingue per cautela (“lasciamo prima che il management risponda a questi gravi interrogativi”, ha detto alla stampa), il liberaldemocratico Matthew Oakshott sulla vicenda ha un punto di vista molto più colorito: “Se Bob Diamond avesse un briciolo di senso della pudore, si dimetterebbe; e se il consiglio d’amministrazione di Barclays avesse spina dorsale, lo licenzierebbe in tronco”.

In effetti Diamond, a prescindere dalla sua responsabilità oggettiva in quanto capo della banca, si trova in una posizione particolarmente scomoda: infatti, è stato a capo della divisione banca d’affari di Barclays proprio nel periodo in cui si sarebbero verificate le irregolarità denunciate dalle autorità inglesi ed americane.

Per il momento, Diamond si è limitato a tagliare a sé e al triumvirato dei suoi top manager il bonus di quest’anno, quale misura di riconoscimento di responsabilità, “in quanto leader”. C’è comunque la possibilità che i guai per Barclays non finiscano qui, se è vero che alle multe potrebbero presto aggiungersi richieste di risarcimento miliardarie da parte dei tanti che la condotta scorretta di Barclays ha danneggiato.

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