di Ilvio Pannullo

L'autunno caldo è cominciato. Tornati dalle vacanze ci troviamo, infatti, un paese la cui credibilità appare in caduta libera, vista l’incapacità del governo di indicare una via d’uscita credibile per la crisi del debito, una manovra economica rabberciata e, per questo, inadeguata a raggiungere gli obiettivi necessari per rassicurare i mercati, i padroni della moneta europea pronti a castigare ogni nostro errore. Niente male, insomma. Più che l’autunno caldo, preoccupano veramente le previsioni per l’inverno, che si prevede rigido come non mai.

Si apre, infatti, una settimana che può cambiare il destino dell'Italia e dell'Europa. In queste ore difficili, tra la Banca Centrale Europea e la Banca d'Italia non c'è un solo interlocutore che non esprima "grandissima preoccupazione" per quello che sta accadendo nel nostro Paese. Il "caos totale" nel quale il governo è precipitato in questi ultimi due mesi, cambiando radicalmente per ben quattro volte il menu delle misure di risanamento per assicurare il pareggio di bilancio nel 2013, è una miccia accesa nel cuore della moneta unica.

Per ora, a disinnescarla ha contribuito proprio la Bce, che ha comprato a piene mani i Btp sul mercato secondario, per disarmare la speculazione internazionale. Ma, come ha precisato il governatore Trichet "sull'acquisto dei titoli di Stato sul mercato secondario si decide giorno per giorno". Una cosa, tuttavia, rimane certa: "Il Security Market Program non è un meccanismo permanente" e si pensa a "sanzioni preventive verso i Paesi che sforano i limiti di indebitamento”. Insomma, l’aria sta per cambiare e con la barchetta Italia che fa acqua da tutte le parti e, soprattutto, considerata l’assenza di un timoniere degno di questo nome, il rischio è che per noi si metta davvero male.

"L'Italia deve scegliere: o lancia un vero segnale di svolta sulla manovra, o si offre in pasto ai mercati esponendo l'intera Eurozona a un enorme pericolo". Queste le parole rassicuranti del governatore Mario Draghi, oramai pronto al trasloco con destinazione Francoforte. La linea generale circa l’atteggiamento da seguire nei confronti dei paesi pesantemente indebitati, tra cui il nostro, è, infatti, già stata delineata. E per non dare adito a dubbi Trichet è anche recentemente intervenuto al Forum annuale di Confindustria a Cernobbio, dichiarando che per il nostro paese è “essenziale” il pareggio di bilancio entro il 2013. Se si considerata la confusione sulla manovra e i dati macroeconomici dell’eurozona, ciò che viene definito “essenziale” appare ragionevolmente impossibile da ottenere.

"I dati della congiuntura internazionale non sono affatto confortanti", dicono, infatti, all'Eurotower. Eurolandia è in forte frenata. Come già anticipato dal Fondo monetario, le economie dell'area cresceranno nel 2011 solo dell'1,9%. Nel 2012 andrà peggio, con un deludente 1,4%. "Preoccupa il rallentamento della Germania", che dopo aver trainato il continente quest'anno, si fermerà l'anno prossimo a un fiacco 1,6%. L'Italia - manco a dirlo - va peggio di tutti: non supera lo 0,8% quest'anno, e si ferma allo 0,7% l'anno prossimo. C'è quindi un primo nodo da sciogliere: già con queste cifre, "la manovra da 45 miliardi messa in campo da Berlusconi andrebbe rafforzata ulteriormente". Se scende il Pil, infatti, crescono più del previsto il deficit e il debito. Dunque "servono più tagli di spesa, per garantire il pareggio di bilancio".

Ma la manovra appena varata dal centrodestra, nella sua quarta e schizofrenica versione, non dà garanzie. Né sulle singole misure, né sui saldi. Trichet lo ha già lasciato intendere. I suoi uomini sono stati ancora più espliciti. "L'Italia deve fare di più e di meglio. E deve farlo subito". I falchi del rigore, copiosamente presenti tra i politici e gli economisti tedeschi, hanno già criticato la Banca Centrale perché con i suoi interventi "ha agevolato il lassismo dei Paesi periferici dell'area". Il riferimento sembra proprio diretto al nostro Paese, considerando che, esclusa la Grecia già strozzata e l’Irlanda e il Portogallo prossimi a fare la stessa fine, di maiali nel recinto europeo ne rimangono solo due: noi e gli spagnoli. E qui arriva il colpo basso. "Altri Paesi - segnalano a Francoforte - si stanno dimostrando più responsabili. Uno su tutti: la Spagna, dove il Parlamento ha già varato la sua Legge Finanziaria ed ha approvato l'inserimento della disciplina di bilancio in Costituzione". Insomma, siamo sotto osservazione, pesati, misurati e, ad oggi, il giudizio è senza appello: fallimento.

L’immagine data alle istituzioni europee e ai mercati internazionali con le tre versioni estive del pacchetto anti-deficit è stata, infatti, "pessima": confusione, improvvisazione, approssimazione. Anche vista da Palazzo Koch, la manovra è apparsa un "patchwork indecifrabile". "E' arduo affidare al recupero di evasione fiscale un rientro dal deficit di così vasta portata", si sostiene in Bankitalia, in piena sintonia con i dubbi della Ue. Lo scontro per la futura leadership del centro-destra, tra Berlusconi e Tremonti, ha reso il governo totalmente incapace di fronteggiare la gravità della situazione in cui proprio il cavaliere e il professore hanno sprofondato il paese.

Quanto accaduto è, infatti, la dimostrazione che nessuno in questo esecutivo ha un'idea su ciò che è e su ciò che deve diventare la società italiana. Prima colpiscono il ceto medio con il contributo straordinario, poi colpiscono i pensionati con la gabella sulla naia e la laurea, poi fanno la faccia feroce contro gli evasori, dopo averli blanditi con lo scudo fiscale e con l'irresponsabile sostegno pre-estivo alla diffusa Vandea per le "vessazioni di Equitalia".

Così continuando il fallimento diventa più di un rischio. Diventa inevitabile. Ma rimane un punto: posto che le banche centrali sono create dalle banche nell’esclusivo interesse delle banche e considerando che, in caso di crisi, si muovono e agiscono per tutelare l’esclusivo interesse delle banche, ascoltata l’analisi del problema, è possibile immaginare una soluzione diversa da quella da loro immaginata e, seppur mediatamente, imposta? I banchieri, ovviamente, cercano soluzioni che non intacchino il loro status. Ed è sempre stato così, sin da quando fu ammessa la pratica del prestito a interesse, peraltro oggetto di feroci scontri tra le tre religioni monoteiste. I problemi che siamo chiamati ad affrontare, insomma, sono noti e sono note anche le soluzioni che sono state adottate nel corso della storia. Perché vi è più di una soluzione e non una sola, come l’intero mainstream va ripetendo ossessivamente.

Nel VI secolo a.C. gli Ateniesi, ad esempio, diedero poteri straordinari a un solo uomo per fare le riforme necessarie che avrebbero liberato Atene dalla stagnazione economica e dalla graduale riduzione in schiavitù delle classi inferiori. Si narra che quell'uomo, Solone, abbia forzato la remissione dei debiti, abbia proibito di dare in pegno se stessi o un membro della famiglia come garanzia per i prestiti e abbia liberato tutti quegli ateniesi che erano stati fatti schiavi attraverso impegni di questo tipo. Abrogò anche il duro codice istituito da Dracone (da cui il termine draconiano) e lo rimpiazzò con leggi più umane. Poi, decretando che le sue riforme sarebbero rimaste in vigore per dieci anni, Solone andò all'estero per una vacanza lunga diversi anni, probabilmente per far sì che nessuno provasse a fargli cambiare idea su ciò che aveva fatto.

Oggi, di fronte a circostanze che Solone avrebbe ben riconosciuto, l’ipotesi di una cancellazione del debito va emergendo gradualmente. Tralasciando la giurisprudenza internazionale del “debito detestabile” - sponsorizzata e utilizzata dagli Stati Uniti d’America per rifiutare il pagamento del debito accumulato dalla corona spagnola, in seguito alla conquista di Cuba nel 1898 - il problema è che tale annullamento richiede necessariamente una leadership carismatica, che sappia superare le forti e inevitabili resistenze da parte del settore bancario. L'assemblea ateniese ebbe problemi simili, per cui scelsero di dare a Solone poteri autocratici; oggi la soluzione dovrebbe necessariamente essere diversa.

L’idea di saldare un debito attraverso la costituzione di altri debiti ha già mostrato in Grecia i suoi effetti. A noi, che politicamente ed economicamente abbiamo un peso diverso da quello della Grecia, è stato concesso dalla BCE un paracadute, la cui presenza, però, sta per venir meno. Si vuole così imporre, in via preventiva, una manovra che non potrà non essere recessiva, vista l’incapacità dei nostri governanti a coniugare rigore e crescita, immaginando un qualche intervento per rilanciare qualche settore strategico per la crescita.

Se si considera che l’intera Europa vede costantemente rallentare il suo strutturale margine di crescita, vista la capacità economica e produttiva dei paesi emergenti, non resta che cambiare paradigma o immaginare una soluzione di compromesso tra il rigore contabile dei banchieri e il fallimento dell’Unione Economica e Monetaria. Un processo regolato di annullamento del debito diffonderebbe la pena in modo più uniforme, accelererebbe il processo di deleverage del debito che sta deprimendo l'attività economica e fornirebbe maggiori certezze sui risultati raggiungibili dal nostro continente. Non fare nulla ci garantirà il collasso dello Stato sociale e, verosimilmente, una generazione di laureati indebitati che staranno solo leggermente meglio rispetto agli schiavi per debito dell'Atene che Solone salvò da una vita di disperazione.

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