di Mario Braconi 

La Rete, come noto, può rivelarsi un luogo pericoloso per i chiacchieroni ingenui che, allentati i freni inibitori, si abbandonano ad elucubrazioni online, dimenticando o sottovalutando il fatto che, una volta trasformate in caratteri battuti su una tastiera, esse diventano di dominio pubblico. A causa di leggerezze di questo tipo sono falliti matrimoni e annientate promettenti carriere.

Capita a tutti i comuni mortali: ma a questa debolezza non sembra essere immune anche a chi la Rete la dovrebbe conoscere bene, visto che è, letteralmente, il suo pane quotidiano: si tratta di Steve Yegge, ingegnere “anziano” di Google, con alle spalle una precedente esperienza professionale presso Amazon.

La sera dell’11 ottobre, Yegge, dal suo account su quel di G+, ha buttato giù un lungo post nel quale esprimeva giudizi assai critici sul suo precedente datore di lavoro, ma soprattutto su G+, il social network del gigante di Mountain View. Yegge ha successivamente scritto che obiettivo della comunicazione era quello di condividere le sue idee di business con colleghi e collaboratori, e che il suo cahier de doléances è stato postato come “pubblico” ovvero visibile da tutti solo per errore.

Con affascinante candore Yegge ha spiegato come è accaduto l’imbarazzante incidente: “... era mezzanotte e non si può certo dire che sia un utilizzatore esperto di Google+, per cui nel tempo che ho impiegato a capire come dovevo fare per pubblicare qualche cosa, ho finito per scambiare un account con un altro (Yegge insomma voleva postare sull’account destinato ai soli colleghi ma per errore ha scritto sul suo account pubblico)”. Un ingegnere di Google che non sa usare G+? Interessante.

Ma ancora più interessanti sono i commenti che Yegge riserva al social network di Google: "Google+ è un riflesso condizionato di Google, un esempio di tatticismo, sviluppato attorno alla nozione erronea che Facebook abbia successo perché i suoi sviluppatori hanno costruito un ottimo prodotto”. Secondo Yeppe, la vera ragione per la quale Facebook ha un numero di utenti di circa 20 volte superiore a quello degli iscritti a G+ è che Facebook ha lasciato ad altri sviluppatori il lavoro faticoso, ovvero progettare e realizzare applicazioni da usare sul social network. Per questa ragione, Facebook rappresenta per ogni utente un prodotto diverso: c’è chi passa le giornate a giocare con Mafia Wars e chi si diverte con Farmville, chi lo usa come fonte per informarsi, chi solo per divertirsi…

Secondo Yegge, il fulcro della diffusione virale del social network di Zuckerberg e soci è stata la capacità di realizzare “una piattaforma”, anziché un prodotto: ed invece, prosegue Yegge nel suo sfogo coram populo, Google+ è “un meraviglioso esempio della nostra totale incapacità di comprendere il concetto di piattaforma; incapacità che è diffusa dai livelli più alti di management (...) fino all’ultimo degli impiegati. Nessuno di noi ci capisce niente”.

Sbaglia chi crede che la leggerezza di Yegge gli costerà il posto: come spiega, ovviamente sul suo G+ pubblico, “le persone delle relazioni pubbliche di Google si sono dimostrate gentili e di grande aiuto”; ci tenevano a chiarire che “la nostra non è un’azienda in cui si sottopongono a censura le opinioni personali dei dipendenti”. In effetti, in passato Google ha fatto qualche titolo di giornale per la sua cattiva abitudine di censurare gli utenti, su “gentile richiesta” di qualche dittatura come quella cinese, ma questa è un’altra storia.

Come scrive Chris Matyszczyk su CNET, le parole di Yegge forniscono una prospettiva unica per valutare lo (scarso) successo di Google nel social networking: ricordiamo infatti gli ingloriosi risultati del suo primo tentativo di spodestare Facebook e Twitter con il disastroso Buzz, finito rapidamente nel dimenticatoio. Con G+, le cose non sembrano andare molto meglio. Secondo le rilevazioni di Chitica, una società che offre pubblicità online ritagliata per specifici target di clientela ma che si occupa anche di ricerche su internet, dopo il fisiologico balzo di tredici volte registrato a settembre (quando G+ è diventato accessibile a tutti), il suo utilizzo da parte degli utenti è sceso del 60%.

Sembra dunque che Yegge colga nel segno quando parla della difficoltà di Google ad orientare la sua offerta su una piattaforma. Gli utenti, inizialmente attratti dal servizio, si sono resi rapidamente conto dei suoi notevoli limiti: ad esempio c’è qualcuno in giro che abbia capito che cosa accade realmente quando si preme il tasto +1?

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