di Carlo Benedetti

MOSCA. Le sue opere sono a Roma per una mostra di valore mondiale nelle sale del “Palazzo delle esposizioni”. E’ la prima e grande presentazione monografica che si organizza fuori dalla Russia di questo grande pittore realista “sovietico”, Aleksandr Deineka (1899-1969), maestro della modernità. I suoi mosaici ornano ancora la stazione più famosa della metropolitana della capitale, quella intitolata al poeta Majakovskij e dove il 6 novembre 1941 fu celebrato, con Stalin, il 24mo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre.

A lui si dedicano rassegne e mostre tematiche relative alla sua modernità, al suo discorso su arte e rivoluzione e alla complessa vicenda delle avanguardie artistiche degli anni venti, quando tumultuosi rovesci politici si abbattevano un po’ dovunque in tutta Europa con episodi che mutavano profondamente gli assetti socio-politici. Erano anni di forte tensione culturale con giovani che si sentivano spinti ad abbracciare istanze e valori di una società nuova, tutta da costruire.

Un artista come Deineka, in tale contesto, allargava notevolmente lo spettro di indagine sociale. Non più soltanto la metropoli, Mosca, centro di propulsione culturale ed intellettuale, ma anche l’ambiente operaio e contadino, il mondo del lavoro. Dando qui a tutti i personaggi rappresentati dignità di “genere” artistico e una visibilità sconosciuti fino ad allora. Il “bello ideale” e il “vero” - prima idealizzato dai romantici - divengono categorie estetiche senza più corso. E così un lavoratore e la sua condizione sono innalzati a monumento di una contemporaneità, di un presente, che diviene una sorta di “pittura storia”.

Deineka è tutto questo. Ed è noto che nel periodo della seconda guerra mondiale nell’Urss l’artista si trovò a convivere con quella retorica culturale che esplodeva in un dilagante “pompierismo” con i temi della costruzione del socialismo che divenivano obbligatori per ogni artista. Sempre in questo periodo Deineka era esaltato come l’esponente di un simbolismo monumentale. Tanto da dimostrarsi degno di ricevere il titolo di “Eroe del lavoro socialista”. Ma nello stesso tempo fu definito, in alcuni ambienti della critica occidentale, come “un volgare autore”.

E Roma, ora, si appresta a conoscere e celebrare questo artista della modernità e di quello che è stato definito “realismo socialista”, quello che esigeva una raffigurazione veridica e storicamente concreta della realtà nel suo sviluppo rivoluzionario. Al tempo stesso la veridicità e la concretezza storica della raffigurazione artistica dovevano unirsi al compito della trasformazione ideologica e dell'educazione dei lavoratori nello spirito del socialismo.

Si è al cospetto di un periodo, tra l’altro, poco noto in occidente sia per le qualità specifiche (per la prima volta apparve alla Biennale del ’28 con la “Difesa di Pietrogrado”) che per le vicende dell’intero itinerario creativo delle avanguardie russe. Tutto questo nel quadro di un rinnovato interesse per quei tre fondamentali movimenti, sviluppatisi anche in Russia fra il 1910 e il 1930: il raggismo, il suprematismo e il costruttivismo. Deineka, in questo ambito, riuscì quasi sempre a sfuggire a quella stanca pittura di maniera ufficiale che ha fatto la fama dei vari Gherassimov, i quali hanno interpretato l'indicazione “realista” di Lenin nel modo più meramente illustrativo e didattico.

Il Deineka che scopriamo oggi aumenta perciò il desiderio di conoscere non soltanto il momento delle avanguardie, ma anche quello successivo, almeno negli esempi più sicuri. Forse da una simile conoscenza anche taluni interrogativi, che oggi ci assillano quando affrontiamo l'argomento dell'arte sovietica, riceverebbero una prima, plausibile risposta.

Ed ecco che Roma saluterà Deineka ricordando anche quel suo soggiorno del 1935 quando realizzò opere fondamentali. La mostra che si apre ora assume, quindi, un grande valore storico ed artistico. E’ realizzata in collaborazione con la Galleria Statale Tret'jakov di Mosca, l’istituzione che detiene la maggiore concentrazione di capolavori di Deineka, e che è in grado di garantire alla rassegna di realizzarsi nel segno della completezza e dell'eccellenza qualitativa.

Sono più di ottanta i capolavori, provenienti oltre che dalla Galleria Tret'jakov anche dal Museo Statale Russo di San Pietroburgo e dalla Pinacoteca Statale Aleksandr Deineka di Kursk. Il percorso offerto ora in prima mondiale abbraccia l'intera opera dell'artista, dagli anni Venti ai Sessanta e contempla, oltre alla pittura, esempi della produzione grafica (disegni, illustrazioni, manifesti), plastica e monumentale.

Diamo quindi il benvenuto in Italia ad un grande esponente di quella generazione d’oro dei Larionov e dei Tatlin: quello strato di artisti sovietici che, dopo l’esaurimento della fase avanguardistica proposero nuove posizioni figurative.

 

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