di Alessandro Iacuelli

Continuano a pieno ritmo le strategie di contrasto alle ecomafie in Campania. All'alba di giovedì 11 maggio, è scattata l'operazione, che ha impegnato il Nucleo Tutela Ambientale dei Carabinieri, denominata Dry Cleaner. Sono state eseguite 23 ordinanze di custodia cautelare, 13 sono finiti in carcere e 10 agli arresti domiciliari, più tre ordinanze di obbligo di dimora, tutte nei confronti di persone dedite al traffico illecito nel campo dei rifiuti. Le ordinanze sono state emesse dal gip del tribunale di Benevento, Simonetta Rotili, in accoglimento della richiesta formulata dal sostituto procuratore, Francesco De Falco, coordinata dal procuratore della Repubblica di Benevento, Ruggero Pilla. L'indagine ha accertato la responsabilità di operatori e liberi professionisti del settore dello smaltimento dei rifiuti, ritenuti dagli inquirenti responsabili di "associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti speciali e pericolosi e disastro ambientale". Il reato di disastro ambientale è relativamente giovane in Italia, essendo stato inserito nel testo del provvedimento citato con l'articolo 22 della Legge 23 marzo 2001, n. 93, dal titolo "Disposizioni in campo ambientale". Un reato che esiste solo dal 2001, in seguito al decreto Ronchi, e che viene contestato oggi abbastanza raramente.

di Alessandro Iacuelli

La mattina dell'8 maggio in Campania qualcuno si è svegliato con i carabinieri alla porta di casa. Si tratta di 5 imprenditori, soci della "R.F.G. Srl Impianto di Compostaggio" di Trentola Ducenta (CE). Per loro sono scattate le misure cautelari, 3 in carcere due agli arresti domiciliari, con reati contestati molto pesanti: disastro ambientale e associazione per delinquere per traffico illecito di rifiuti speciali e pericolosi. Sequestrato anche lo stabilimento R.F.G. Stando alle dichiarazioni in conferenza stampa del pm Donato Ceglie della Procura di Santa Maria Capua Vetere, la R.F.G. si è resa colpevole dello smaltimento illegale di 38.000 tonnellate di rifiuti pericolosi, con un giro di affari di circa 3 milioni di euro. L'operazione scaturisce da una precedente ed analoga indagine (denominata "Madre terra") che nel mese di novembre 2005 portò all'arresto di nove persone; l'indagine, è durata sei mesi ed ha consentito di disarticolare una vera e propria organizzazione criminale ben radicata sul territorio.

di Alessandro Iacuelli

E' di pochi giorni fa la notizia di una ripresa improvvisa dell'emergenza rifiuti in Campania, regione che da oltre 10 anni è soggetta al Commissariato straordinario di governo per i rifiuti; Commissariato che non è riuscito fino ad oggi ad evitare che lo stato di emergenza sia in realtà una norma, tanto meno è riuscito ad arginare i fenomeni di scarico illegale di rifiuti pericolosi, di cui già si è parlato su Altrenotizie, ponendo in particolare l'accento sulle conseguenze per la salute dei cittadini.
Proprio per approfondire tale argomento, abbiamo raggiunto Nunzia Lombardi, presidente del Comitato per la Tutela del Diritto alla Salute di Marigliano (NA), per porle alcune domande.

di Alessandro Iacuelli

Nella notte del 9 Giugno del 2004, il Corpo Forestale dello Stato colpisce in modo forte l'ecomafia campana. Scatta l'operazione Terra Mia, condotta dalla Procura di Nola, che ha avuto l'indubbio merito di far scoprire per la prima volta che il triangolo tra Acerra, Nola e Marigliano è un triangolo di veleni. Prima, nessuno poteva immaginarlo. Gli stessi magistrati, dopo l'operazione Adephi di qualche tempo prima, restarono sorpresi non poco nell'interrogare un pentito di camorra che, per la prima volta, spiegò loro che l'immondizia era diventata oro.
Sedici persone arrestate, 18 denunciate a piede libero, venne scoperta un'organizzazione che smaltiva illegalmente i rifiuti derivanti dalla lavorazione dei metalli, generando un inquinamento tale da configurare, per la prima volta in assoluto in Italia, l'ipotesi di reato di disastro ambientale.
Nel corso delle indagini, durate due anni, furono sequestrati 26 siti di sversamento illegali, ai confini di campi coltivati o di zone sottoposte a bonifica quali i Regi Lagni.
Nella conferenza stampa che ne seguì, il comandante provinciale del Corpo forestale napoletano, Vincenzo Stabile, dichiarò: "Il danno è irreparabile, dato che l'inquinamento da metalli pesanti ha interessato anche le falde acquifere".

di Alessandro Iacuelli

Nell'agosto 2004, il comprensorio di Acerra (Napoli) sale alla ribalta della scena mediatica italiana a causa delle proteste popolari contro la costruzione di un inceneritore. Durante quelle proteste, per la prima volta, è venuto allo scoperto il problema dell'avvelenamento del terreno e delle acque.
Alcuni pastori della zona, portarono nelle vicinanze del cantiere sette pecore agonizzanti per dimostrare la fondatezza dell'allarme-diossina registrato in un'area vicina al cantiere. Gli animali furono lanciati a terra, a pochi passi dal cordone di agenti di polizia che presidiavano la strada d'accesso alla zona dei lavori.
In realtà, la presenza di diossina nei "Regi Lagni", canali di scolo delle acque reflue e piovane di età borbonica ancora esistenti sul territorio, era già stata rilevata tempo addietro, prima dell'apertura del cantiere per la costruzione dell'inceneritore.


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