Difficile davvero trovare gli aggettivi con i quali definire l’orrore e il terrore scatenatisi ieri nel cuore di Parigi. Due uomini di nero vestiti, anima compresa, hanno aperto il fuoco contro giornalisti prima e agenti di polizia poi. Un massacro svoltosi a poche centinaia di metri dalla Bastiglia, simbolo eterno della lotta della ragione illuminata contro l’oscurantismo, la miseria e il terrore.



Fiaccola eterna dei valori di libertà, eguaglianza e fraternità, Place de la Republique è oggi attonita, muta ed impotente di fronte a tanta follia. Quasi 230 anni dopo, quel sogno di riscatto dei deboli è rattrappito, mentre l’intolleranza religiosa, al pari dell’identitarismo etnico, rappresentano la cifra del nuovo conflitto mondiale tra la ragione e la libertà da un lato e il fanatismo e l’oppressione dall’altra.

E’ un dramma epocale, apertosi con le bislacche e guerrafondaie tesi sullo scontro di civiltà che sono state lo sfondo strumentale per lo scatenamento delle guerre imperiali della fine del secolo scorso. In ossequio alle esigenze di riassetto del dominio imperiale, l’Occidente ha scatenato guerre, ha distrutto paesi, ucciso centinaia di migliaia di arabi ed esposto le sue tesi razziste anche attraverso le sue leadership.

A questa rappresentazione del mondo, a questa concezione darwiniana dell’Occidente, è stato opposto un prevedibile corollario di terrore uguale e contrario, un feticcio altrettanto folle di riequilibrio dell’orrore. L’adesione all’idea di civiltà incompatibili, all’urgenza di veder scorrere il sangue invece dei pensieri, ha creato e crea mostri.

Così come i droni non bombardano civili in nome della democrazia, i terroristi del califfo non uccidono in nome del mancato rispetto al loro credo religioso. Chi volesse accreditare gli uni di civiltà e democrazia e gli altri di rigore teologico, sappia che di truffa si tratta. I primi uccidono in nome degli interessi imperiali, i secondi uccidono e terrorizzano in nome e per conto degli aggregati politici e finanziari che sono i veri padroni delle milizie islamiche. Non è la religione, non è la Teologia che arma questi uomini, ma i dollari di chi li finanzia e li organizza per poterli usare come pedine per i nuovi assetti di potere nello scacchiere mondiale. Non ci si trova di fronte a combattenti per il riscatto musulmano, ma a funzionari di emiri che, dalle loro poltrone, muovono come pedine gli assassini in nero. Che poi quegli emiri siano alleati ed amici dei governi occidentali, francesi in testa, è solo il necrologio paradossale alla strage di Parigi.

Per fermare gli assassini e i tagliagole, versione mediatica del califfato agli ordini degli emiri e, nello stesso tempo, mettere a tacere l’islamofobia, che alimenta soprattutto il terrorismo islamico, c’è bisogno che l’Islam prenda la parola contro i fanatici che prendono le armi. Urge che i devoti ad una religione il cui testo fondamentale parla di pace trovino il coraggio e la forza di dire che no, gli assassini e i tagliagole non li rappresentano, che la loro messa in onda dell’Islam è una truffa ideologica, che la loro visione del mondo è aberrante e niente affatto coerente con i precetti religiosi.

Per fermare la prevedibile esplosione d’islamofobia e per affermare l’identità religiosa anche in opposizione all’intolleranza e al terrore, c’è bisogno di musulmani che, in quanto tali e con l’autorevolezza che gli deriva dal loro esserlo, sappiano ribellarsi ad una visione orrorifica e caricaturale del loro credo. Senza questo, la strage di ieri non sarà altro che un orrore che precede altro orrore.

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