di Sara Michelucci

In tempo di campagna per le elezioni presidenziali americane, un film come Le idi di marzo rappresenta un vero e proprio elemento di disturbo nella patinata corsa alla poltrona più ambita degli Stati Uniti. Il film di George Clooney, democratico convinto, apre una zona d’ombra sulla stabilità dei principi democratici stessi. Il personaggio di Stephen Meyers è esemplificativo e ben congegnato: un giovane guru della comunicazione nella campagna per le primarie presidenziali del Partito Democratico.

Sotto la supervisione del più anziano Paul Zara, il brillante Meyers segue il governatore Mike Morris nella corsa alla Casa Bianca. Nonostante non sia dato per favorito nei sondaggi, Morris è legatissimo ai valori della Costituzione americana visti sotto una luce contemporanea e accattivante, creandosi così un’aura favorevole.

Il governatore della Pennsylvania è in competizione contro il senatore dell'Arkansas, Ted Pullman. I candidati sono in campagna elettorale in Ohio, ed entrambi i loro staff stanno cercando di ottenere l’approvazione del senatore democratico della Carolina del Nord, Franklin Thompson, che può far ottenere a uno dei due candidati la vittoria alle primarie.

In piena campagna elettorale, Meyers inizia una relazione sessuale con Molly Stearns, una stagista della campagna di Morris e figlia di Jack Stearns, presidente del Democratic National Committee. Una notte, Meyers scopre che Morris sta cercando di contattare telefonicamente Molly. Così scopre che la stagista e Morris ebbero una breve relazione sessuale (il riferimento a Bill Clinton sembra palese), durante una tappa della campagna in Iowa diverse settimane prima, e che Molly è rimasta incinta. Da qui Meyers capisce che Morris non è così candido, che i valori che professa non sono così stringenti con la sua vita.

Se Clooney stesso mette in discussione i valori democratici, c’è davvero da preoccuparsi. Il suo cinema continua a mette l’America al centro del racconto, scegliendo di volta in volta un pezzo di quel grande paese dalle mille contraddizioni. L’elemento politico spicca sempre e fa il paio con quei film degli anni Settanta come I tre giorni del condor (1975) di Sidney Pollack, anch’egli grande sostenitore del Partito democratico, o Quinto potere di un altro Sidney, Lumet.

Anche la comunicazione infatti, oltre alla difficoltà di mantenere intatti certi valori, è un altro tema forte del film. Marisa Tomei interpreta una giornalista che si occupa di politica, spietata e, al tempo steso, succube del potere. L’agenda politica, si sa, va a braccetto con quella dei media. Un connubio inestricabile e che serve all’uno come all’altro per sopravvivere.

Il film è basato sulla pièce teatrale, Farragut North di Beau Willimon, ma riesce bene a districarsi dalla ‘rigidità’ della matrice del teatro, scovando una fluidità degna di nota. Clooney ci narra la fine dell’idealismo e lo fa senza mezzi termini e con un pessimismo tale che di questi tempi può trafiggere sul serio.

Le idi di marzo (Usa 2011)
regia: George Clooney
sceneggiatura: George Clooney, Grant Heslov, Beau Willimon
attori: Ryan Gosling, George Clooney, Marisa Tomei, Evan Rachel Wood, Philip Seymour Hoffman, Paul Giamatti, Max Minghella, Jeffrey Wright
fotografia: Phedon Papamichael
montaggio: Stephen Mirrione
musiche: Alexandre Desplat
produzione: Cross Creek Pictures, Exclusive Media Group, Smoke House
distribuzione: 01 Distribution

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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