di Sara Michelucci

La pelle diventa un vestito da indossare, qualcosa che cela la verità, che nasconde l’essenza stessa delle cose. Qualcosa di nuovo, di candido, di perfetto, che in realtà maschera una storia torbida. Tutto questo nel nuovo film di Pedro Almodovar, La pelle che abito, ispirato al romanzo Tarantola di Thierry Jonquet. Antonio Banderas interpreta il chirurgo Robert Ledgard, dal passato travagliato, che vive nella sua lussuosa casa-clinica privata con Vera, una bellissima ragazza, chiusa in una stanza, dalla quale è ossessionato. Ma Vera è triste, tenta il suicidio, vuole fuggire da quella prigione. Ma perché? Cosa è successo? E soprattutto, chi è veramente questa algida ragazza che ha il viso simile alla defunta moglie di Ledgard?

Una cavia da laboratorio, con una tuta color carne o nera che cela la sua pelle perfetta, bianca, senza imperfezioni. Questo è Vera nella prima parte del film. Costantemente sotto osservazione delle telecamere, sul corpo di Vera il dottore sperimenta un prototipo di pelle resistentissima, ottenuta con un processo di transgenesi segreto e illegale. L’unica vera voce di Vera, l’unico suo sfogo, sono i vestiti da donna fatti a pezzi e i trucchi che non usa per farsi bella, ma come inchiostro per riempire le pareti della stanza di scritte e singolari disegni.

L’unica a conoscere il segreto di Vera è Marilia, fedele governante di Ledgard, e in realtà sua vera madre. Il racconto di Marilia a Vera sul passato di Robert apre un nuovo scenario. La moglie Gal morta suicida dopo essere stata deformata da un incendio e la figlia Norma, anch’essa suicida per colpa del tentato stupro di un ragazzo conosciuto a una festa, Vicente. Ed è in questo preciso momento che il film comincia a svelare la reale storia di Vera.

Il trasformismo, la sessualità, lo scambio tra uomo e donna sono nuovamente i protagonisti dell’opera di Almodovar che resta attratto dalla dimensione “trans”, da quel mischiare le carte, i ruoli e i sessi. Certosina e quasi chirurgica la trama che, nell’ambivalenza di ruoli e personaggi, incastra con maestria tutti gli elementi così da regalare un racconto perfetto e ben bilanciato. C’è anche un nota noir in questa opera, nonostante la contemporaneità del racconto e della scenografia. Tanto che Almodovar, affascinato dall'opera di Fritz Lang, inizialmente pensò di dirigere il film in bianco e nero per ricreare le atmosfere del genere.

Torna in questo film in parte il mito di Frankenstein, creatura esempio del sublime, del "diverso" che in quanto tale causa terrore, ma anche fascinazione. Ma, allo stesso tempo, creatura che si ribella al suo stesso creatore e che fugge lontano da lui, nonostante le due vite siano legate a filo doppio. Solo la morte dell’uno o dell’altro potrà renderli finalmente liberi.

La pelle che abito (Spagna 2011)
regia: Pedro Almodovar
sceneggiatura: Pedro Almodovar
attori: Antonio Banderas, Elena Anaya, Marisa Paredes, Eduard Fernández, Fernando Cayo, Bárbara Lennie, Blanca Suárez
fotografia: José Luis Alcaine
montaggio: José Salcedo
musiche: Alberto Iglesias
produzione: El Deseo S.A.
distribuzione: Warner Bros. Pictures Italia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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