di Roberta Folatti

Un Festival di provincia trasformato in un raduno oceanico


Chi se l’aspettava che Woodstock, il raduno di figli dei fiori più famoso della storia, fosse nato così, quasi per caso... Spostato dalla località prescelta dagli organizzatori ai terreni intorno a Bethel, un piccolo villaggio a una sessantina di chilometri da New York, grazie alla decisione avventata del proprietario di un motel decrepito...


Motel Woodstock di Ang Lee è un film piacevole, divertente, arguto; il celebre Festival, che ebbe come ospiti tra gli altri Jimi Hendrix, Joan Baez, Janis Joplin, è raccontato da un punto di vista molto particolare. La sceneggiatura è basata sull’autobiografia di Elliot Tiber, in un certo senso l’artefice del megaraduno musicale e pacifista. Senza di lui infatti l’evento sarebbe probabilmente saltato visto che gli abitanti della località scelta per ospitarlo si erano tirati indietro, spaventati di fronte alla prospettiva di un’invasione di hippy. Si temeva che potessero arrivare in 100.000, alla fine superarono il mezzo milione!


Il protagonista del film è dunque Elliot, figlio di una sgangherata coppia di ebrei russi che gestisce un motel perennemente sull’orlo del fallimento. Lui si sente responsabile e non riesce ad abbandonare i genitori al proprio destino così finisce per trascurare la sua carriera di decoratore al Greenwich Village. Soprattutto in estate passa il suo tempo a inventarsi espedienti per risollevare le sorti del motel di famiglia. E con l’idea forse balorda di dirottare sul suo villaggio gli organizzatori del Festival riuscirà a ripianare tutti i debiti di mamma e papà.


L’arrivo di quella massa di persone, che mettono sottosopra la vita del sonnacchioso paesello, cambia la vita di Elliot anche dal punto di vista personale, il giovane prende coscienza della sua omosessualità e riesce finalmente a vedere la madre nella sua vera luce. Egoista, avara fino alla paranoia, dominata da paure che risalgono alla sua fuga dall’Unione Sovietica. Dopo aver capito questo Elliot si sentirà libero di lasciare Bethel e di intraprendere la sua strada senza rimorsi. Il festival con la sua carica rivoluzionaria, con l’eco strepitosa che ebbe nella generazione dei figli dei fiori rimane in secondo piano, diventa lo sfondo delle vicende familiari di Elliot.


Ang Lee ha sfruttato con abilità il buget sostanzioso che i produttori gli hanno messo a disposizione, la sensazione è quella di assistere dal backstage, o meglio da una porta sul retro, a qualcosa di irripetibile. Centinaia di migliaia di giovani, uniti dagli stessi ideali e dal medesimo approccio alla vita (in parte filtrato dalle droghe), ammassate pacificamente in un luogo che fino a quel momento aveva conosciuto solo i ritmi lenti dell’agricoltura: questo è l’incredibile scenario ricreato dal regista cinese. Con molte pennellate ironiche e una buona dose di tenerezza.


Quasi ci si commuove davanti a quei ragazzi così ingenui nelle loro passioni totalizzanti, così “love&peace” e sembra davvero che un abisso li separi dai giovani d’oggi e dalla società sfrenatamente consumista del terzo millennio. D’altra parte anche Woodstock fu un gigantesco business (il film descrive anche questo aspetto) e quei ventenni riuniti a Bethel con ideali pacifisti sono gli stessi che hanno contribuito a costruire il mondo com’è oggi...

Motel Woodstock (Usa, 2009)
Regia: Ang Lee
Sceneggiatura: James Schamus
Musiche: Danny Elfman
Cast: Demetri Martin, Paul Dano, Imelda Staunton, Kelli Garner, Liev Schreiber
Distribuzione: Bim

 

 

 

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