L’inchiesta di Fanpage sul fascismo che alberga in Fratelli d’Italia continua a produrre polemiche. L’inchiesta è una chicca giornalistica che dovrebbe fare scuola invece di scatenare critiche. Contestare le modalità di una inchiesta, quando questa non coinvolge minori, persone innocenti o luoghi estranei, quando i contenuti che emergono non vengono “aggiustati” politicamente ma espressi così come sono stati captati, esponendo fatti e parole senza omissioni, appare strumentale prima che infondato.

 

L’inchiesta ha messo gli occhi e le orecchie del pubblico nel vero cuore di Fratelli d’Italia e non nel sostituto generico che si spaccia in pubblico. Al punto che la Meloni, che del partito fascista è fondatrice e capa, è stata costretta a vergare una lettera indirizzata ai militanti del suo partito per prendere le distanze da quanto affermano giovani e meno giovani, semplici militanti, esponenti istituzionali e aspiranti tali esprimono, convinti nella maggior parte dei casi di essere al riparo da occhi e orecchie estranee.

Com’è noto, quando si sollevano grandi questioni di metodo è sempre perché si cercano di nascondere quelle di merito. E dunque, FdI protesta contro Fanpage invece di dirsi sdegnato per quanto documentato e assumersi la responsabilità di aver partorito un mostriciattolo. Del quale non a caso si vergognano ad esibire l’essenza e ne diffondono una immagine che, come si ricorda nel girato, davanti ai giornalisti deve sembrare tutt’altro e inappuntabile.

Proprio Giorgia Meloni dovrebbe scusarsi con maggior forza: l’inchiesta non riprende solo vecchi fascisti incancreniti ma i giovani che sono stati il cuore del suo impegno per la costruzione di FdI: sono giovani formati ad Atreju e non a Camp Derby. Dunque la doppia responsabilità - come capo del partito in generale e come responsabile della costruzione dell’organo giovanile dello stesso al quale si è particolarmente dedicata - avrebbe meritato una doppia ammissione di colpa e un doppio impegno per azzerare la fascisteria interna.

La linea di difesa che la Meloni come i suoi inviati televisivi hanno immediatamente intrapreso è stata invece la critica al metodo di lavoro di Fanpage, ricordando involontariamente come la professione giornalistica, quando è esercitata degnamente, procura un istintivo fastidio (una mal celata rabbia in questo caso) in chi la concepisce come cinghia di trasmissione del verbo governativo; di chi insomma pensa che l’informazione non debba essere il cane da guardia del potere ma semmai il cane da guardia al servizio del potere.

Per questo si risolve tutto con l’occupazione militare di ogni fonte informativa riempita di fedeli ed affidabili, dove opinioni e domande non conformi non vengono nemmeno immaginate. Si chiama censura. Si dirà che non l’ha inventata la Meloni ed è vero, ma lei ha voluto la completa occupazione degli spazi informativi pubblici e la rimozione di ogni voce anche solo lievemente dissenziente verso il regime. Infatti l’inchiesta è fatta da Fanpage proprio perché sarebbe impossibile che fosse fatta dalla Rai meloniana, o dalla Mediaset fiancheggiatrice o dai giornali, che ormai si dividono in governativi e filo governativi, con la sola eccezione de Il Fatto Quotidiano.

La lettera della Meloni, dai toni blandi tutto sommato, è stata diffusa come indirizzata al partito ma in realtà è soprattutto rivolta alle istituzioni europee e agli stessi USA. Hai voglia a fare smorfie e selfie, non importa che organizzi G7 e caminetti: nonno Biden non apprezza gli slogan fascisti e il gruppo dirigente europeo, anche volendo, non può tollerare una ambiguità così profonda quando viene denudata pubblicamente.

C’è la parte scivolosissima dell’antisemitismo scandito in ogni dove che cozza contro il sostegno a Israele nello sterminio palestinese. La questione della Shoah e delle leggi razziali offusca persino il colonialismo, l’avventura militare, la vendita della patria ai tedeschi e la dittatura: riapre ferite non rimarginabili con la storia passata del fascismo di cui quella fiamma sul simbolo ne ricorda il legame inscindibile. E questo è assolutamente ostativo per ogni famiglia politica internazionale che non sia la sua e rischia di tenere la Giorgia ai margini del gioco politico europeo, elemento indispensabile per l’operazione di traghettamento della destra fascista italiana nella famiglia liberale europea, operazione già minata dalle grida alle kermesse del suo “amico” Abascal di Vox, dei suoi abbracci con Orban e dei calorosi saluti con il capo ideologico dell’Azov ucraniano.

C’è poi lo specifico italiano e qui la questione si fa ancor più seria. Ai giovanotti ardimentosi che gridano Sieg Heil Meloni ricorda la fatica per costruire una immagine opposta alla realtà per rendere il suo partito consono all’offerta politico-elettorale di un paese europeo che con il fascismo ha fatto i conti prima sconfiggendone il regime e poi il terrorismo che ad esso si ispirava. L’appoggio dei grandi gruppi di potere occulto, del mainstream mediatico dei grandi gruppi editoriali è stato decisivo per la crescita del mostro ma l’abilità trasformistica esibita rischia ora di venire svelata per colpa della disattenzione di chi doveva garantire l’inviolabilità del vero.

Non teme rinculi ideologici la statista della Garbatella. In fondo in questi anni la Meloni ha frequentato i camerati di sempre nelle occasioni rituali dove è possibile senza pagare un prezzo politicamente enorme. I saluti romani l’hanno accompagnata in via Acca Larentia, dunque non devono poi disturbarla se vengono fatti a Colle Oppio e anche i teppisti di Casa Pound sono in ottimi rapporti. La Meloni, del resto, sa districarsi fra cuore e cervello: non ha mai pronunciato la parola antifascismo e le piroette verbali per evitare di rappresentare la storia nazionale del Ventennio e la sua sconfitta, sono state assunte dai camerati come simbolo di coerenza, di un boia chi molla silenzioso sul sentiero della storia, di un rifiuto della Costituzione formale per provare a sovrapporle quella sostanziale.

Agli occhi dei fascisti, confessi o no che siano, Meloni ha il merito di aver tirato fuori dai tombini una storia lurida e averla trasformata in accettabile, trasformando e memntendo. Ma sminuire o insultare i partigiani, cioè la parte migliore della memoria storica d’Italia, è stato possibile anche grazie al disarmo della sinistra, che ha lasciato campo libero al bisogno aggregativo e identitario di una popolazione completamente spiazzata dalla crisi socioeconomica e valoriale di un sistema ormai politicamente fallito, in soccorso del quale la stampa un tempo antifascista è divenuta fiancheggiatrice della sua nuova versione ritoccata in profondità.

A chi dice che gli elettori sanno che FdI viene dalla storia del neofascismo ma non per questo non la votano, bisogna ricordare che la Meloni governa solo grazie al Rosatellum e che ha il voto solo del 14% degli elettori totali. Del resto se la pregiudiziale antifascista fosse finita, da fascisti quali erano e sono non si scatenerebbero nel diffondere una immagine di rottura con il fascismo, che in segreto continuano invece a rimpiangere, rivendicare, osannare ed auspicare. Perché alla fine, come disse il partigiano Armando Cossutta a Gianfranco Fini in una puntata di Porta a Porta, “la storia d’Italia parla chiaro e io posso con orgoglio dirmi comunista, sei tu che non puoi portare la vergogna di dirti fascista”.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy