Con l’arrivo di Trump alla casa Bianca un cambio di rotta ci si aspettava e un cambio di rotta è arrivato. I paesi europei che si sono fatti trascinare con entusiasmo russofobico nella crociata anti-russa hanno ricevuto conferme precise ai loro peggiori timori nella vicenda ucraina. In una telefonata intercorsa tra i due presidenti di Usa e Russia, si è aperto il negoziato tra Casa Bianca e Cremlino e si sono ipotizzati colloqui diretti e reciproci viaggi nei rispettivi paesi quale segno della ripresa di un rapporto positivo, come dimostra lo scambio di prigionieri avvenuto in assoluta rapidità. Dunque la road map negoziale sull’Ucraina è iniziata e dalle prime indiscrezioni, peraltro confermate quasi apertamente da Washington, sembra che le richieste di Putin per porre fine all’operazione militare speciale russa possano essere accettate nella sostanza.

Filtrano indiscrezioni su un accordo di massima che porterebbe all’uscita dei residui di truppe ucraine dalla regione russa del Kursk, l’assegnazione definitiva alla Russia della Crimea e del Donbass, ad eccezione dei territori conquistati in questi ultimi mesi che sarebbero destinati ad ospitare una forza d’interposizione internazionale che garantisca lo stato di non belligeranza. E’ questo un tema che andrà sviluppato con attenzione, dato che la richiesta ucraina di posizionare truppe europee nel corridoio neutrale non verrebbe accettata da Mosca, che vede (giustamente) le truppe europee come belligeranti.

Ovviamente il negoziato avrà il suo sviluppo e i dettagli di un possibile accordo sono ancora da scoprire, ma intanto Francia, Germania e Spagna hanno chiesto una presenza UE ai negoziati in ragione dello sforzo sostenuto al fianco di Kiev (così chiamano il suicidio europeo) ed è possibile che la loro presenza possa darsi, sebbene senza possibilità concreta di determinarne contenuti ed esiti finali. Lo spazio tra l’autosufficienza USA e il disprezzo russo pone oggettivamente la UE in una situazione non invidiabile.

Quanto a Kiev, si assiste ad un quotidiano riposizionamento al ribasso, cosciente che la fine dell’appoggio statunitense, che ha usato Zelensky per affondare l’Eurasia, stroncare l’Europa e colpire Putin, determinerà in automatico la fine dell’Ucraina dal punto di vista finanziario e militare. Intanto è da vedere se parteciperà in maniera diretta ai colloqui, l’arroganza imperiale di Trump potrebbe stabilirne persino l’estraneazione. Ad ogni modo dovrebbe prima procedere ad elezioni che lo confermassero presidente e dovrebbe abolire la legge che proibisce negoziati con la Russia.

E’ pur vero che il comico ucraino è a fine corsa e sa che può dire e fare quello che vuole senza che questo ne alteri l’ormai totale irrilevanza. L’ultima idea, quella cioè di voler “costruire la NATO in Ucraina” armando fino ai denti il Paese, suscita ilarità, dal momento che come negli ultimi anni prevede un fiume di denaro occidentale che non è più disponibile. Inoltre, Zelensky scoprirà presto come la richiesta russa di smilitarizzazione dell’Ucraina, ovvero della rimodulazione strategica del suo esercito ad un ruolo puramente difensivo, sarà uno dei punti sui quali Trump accetterà la proposta di Mosca, che rappresenta il nodo centrale della vicenda russo-ucraina, dunque non negoziabile. Non meno perplessità suscita la proposta di Zelensky di alcuni giorni orsono che offriva lo sfruttamento delle grandi ricchezze del sottosuolo ucraino per l’Occidente che volesse assisterla, occultando però che la maggior quota di terre rare di cui l’Ucraina dispone si trova esattamente nel Donbass, adesso sotto pieno controllo di Mosca. Come si vede, per chiedere quel che non ha offre in cambio ciò che non ha.

E se le indiscrezioni sui colloqui tra Trump e Putin tali restano, pur se credibilissime, a confermare il quadro d’insieme ci pensa il neo Segretario alla Difesa USA, Pete Hegseth, che aprendo la riunione del gruppo di contatto sull'Ucraina, presieduto dalla Gran Bretagna, ha tracciato la rotta dell’amministrazione Trump relativamente all’Ucraina ed all’Europa.

Su Kiev Hegseth ha fatto un chiaro riferimento ai colloqui tra Putin e Trump in corso che sembrano preludere ad un accordo i cui dettagli sono ancora sconosciuti ma che mostrano una comune volontà di giungere alla fine del conflitto. Per il Capo del Pentagono "siamo ad un momento critico della guerra, il conflitto deve finire. Si può porre fine a questa guerra devastante e stabilire una pace duratura solo unendo la forza degli alleati ad una valutazione realistica del campo di battaglia”. Ai rappresentanti UE, che si sono sentiti sedotti e abbandonati, Hegseth ha detto di volere una Ucraina “sovrana e prospera, ma dobbiamo partire dal riconoscere che il ritorno ai confini pre-2014 è un obiettivo irrealistico (vedi Crimea e parte del Donbass). Perseguire questa illusione non farà che prolungare la guerra e causare ulteriori sofferenze". "Il presidente Donald Trump - ha aggiunto - è stato chiaro con il popolo americano e con molti dei vostri leader: fermare i combattimenti e raggiungere una pace duratura è una priorità assoluta”.

Trump, a detta di Hegset, “intende porre fine a questa guerra attraverso la diplomazia, portando sia la Russia che l'Ucraina al tavolo dei negoziati e il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti aiuterà nel raggiungere questo obiettivo", sottolineando che una pace duratura per l'Ucraina “deve includere solide garanzie di sicurezza per assicurare che il conflitto non possa riaccendersi: non deve essere una Minsk 3.0" (con riferimento ai due tentativi di risolvere pacificamente le tensioni tra Ucraina e Russia firmati nel 2014 e 2015 nella capitale bielorussa).

Quanto alla NATO, per Hegseth il suo compito in Ucraina è finito. "Servono robuste garanzie di sicurezza per far sì che non inizi ancora una guerra, ma devono essere assicurate da truppe europee e non europee e se ci sarà una missione di peacekeeping non deve essere una missione Nato e non ci deve essere la copertura dell'articolo 5". Hegseth ha escluso la presenza di truppe Usa e, per chiarire una volta per tutte la questione che più preme a Mosca, ha detto che “l'adesione all'Ucraina alla Nato non è un risultato "realistico" dell'accordo di pace con la Russia.

C’è poi il capitolo relativo alla ricostruzione dell’Ucraina, che viene valutata in una cifra oltre i 500 miliardi di Euro e registra l’assoluto rifiuto da parte di Trump di mettere anche un solo Dollaro al riguardo. Anzi, ricorda a Zelensky che Kiev deve indennizzare Washington per i 340 miliardi di Dollari ricevuti in forma diretta oltre quelli spesi in quota parte attraverso la NATO. Certo è che se dovranno essere gli europei a ricostruire l’Ucraina, la distruzione regnerà sovrana per qualche decennio. Anche perché la difesa dei 27 già dovrà assicurare un aumento della quota NATO. Come ha tenuto a spiegare con poca diplomazia Hegseth a Bruxelles, nel corso della riunione del gruppo di contatto sull’Ucraina di cui sopra, gli Usa cambiano l’indirizzo strategico: avranno come "priorità l'Indopacifico" e l'Europa dovrà "assumersi la responsabilità della difesa convenzionale. Chiaro riferimento alla quota di PIL per la NATO: "Gli Usa restano impegnati nella Nato e nella sicurezza dell'Europa ma non tollereranno più squilibri".

Il vertice di Bruxelles ha messo insomma una pietra tombale sulla baldanza europea che, senza essere nulla, scelse l’Ucraina per dimostrarsi buona parte del tutto. E oggi, sconfitta sul terreno militare, politico ed economico, poggiandosi su quasi un milione di morti ed un paese devastato, si trova sommersa dalle rovine di Kiev che con tanto cinico entusiasmo aveva spinto alla sua guerra inutile quanto scellerata contro la Russia.

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