Il ritorno di Trump alla Casa Bianca e l’insostenibilità della posizione del Regno Unito di fronte al diritto internazionale stanno mettendo in seria crisi il governo laburista del primo ministro, Keir Starmer, sulla questione del ritorno delle isole Chagos sotto la sovranità delle Mauritius. Lo scorso ottobre, Londra aveva trovato un accordo per conformarsi, quanto meno parzialmente, a un parere della Corte Internazionale di Giustizia (CIG) del 2019 e a una successiva risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ma l’opposizione più o meno esplicita di Washington minaccia di sabotare quello che dovrebbe essere un passo dovuto, anche se tardivo, nel processo di decolonizzazione dell’ex impero britannico. Tutto ruota attorno al controllo della base militare congiunta britannico-americana sull’isola di Diego Garcia, parte appunto dell’arcipelago dell’oceano Indiano, considerata cruciale per la proiezione degli interessi strategici dei due alleati nel continente asiatico.

Mercoledì, il governo Starmer ha affrontato un’infuocata sessione in Parlamento, dove le peggiori pulsioni anti-democratiche e razziste, soprattutto dei conservatori e dell’estrema destra di Nigel Farage, sono emerse pubblicamente per denunciare un’intesa che dovrebbe costituire invece un minuscolo atto di riparazione ai crimini del passato coloniale del Regno Unito. La polemica è esplosa soprattutto attorno alla cifra che Londra ha accettato di versare alle Mauritius per garantirsi la concessione della sola isola di Diego Garcia per i prossimi 99 anni. Il primo ministro del paese-arcipelago, il neo-eletto Navin Ramgoolam, aveva dato notizia di una modifica all’accordo sottoscritto dal suo predecessore, grazie alla quale sarebbero stati versati da Londra non i 9 miliardi di sterline inizialmente stabiliti, ma circa 18 miliardi per via dell’adeguamento all’inflazione dovuto all’esborso dilazionato negli anni.

Smentite reciproche sull’importo non hanno fatto nulla per placare gli animi politici in Inghilterra, mentre altra benzina sul fuoco è stata gettata dall’altra variazione al testo originario. In questo secondo caso, si tratta della facoltà assegnata al governo delle Mauritius di acconsentire o meno al prolungamento della concessione di altri 40 anni dopo i 99 fissati nell’accordo. In precedenza, il testo stabiliva che Londra avrebbe potuto decidere unilateralmente dell’eventuale proroga.

L’intera vicenda parte dal già ricordato “parere” della CIG in accoglimento di una richiesta dell’Assemblea Generale ONU a seguito delle istanze che da decenni gli abitanti originari delle Chagos avevano presentato agli organi del diritto internazionale per costringere il Regno Unito a rinunciare alla propria sovranità su un territorio che detiene illegalmente. Londra aveva separato le isole Chagos dalle Mauritius tre anni prima della concessione dell’indipendenza a queste ultime (1968), così che l’amministrazione continuata britannica sulle prime si costituiva come un atto in violazione del diritto internazionale per quanto concerne il principio della de-colonizzazione e dell’auto-determinazione.

Negli anni successivi, il parere della CIG era stato di fatto ignorato dai governi conservatori susseguitisi a Londra, fino a che Rishi Sunak, il predecessore dell’attuale premier, aveva aperto ai negoziati con le Mauritius ma senza ottenere risultati concreti a causa dell’opposizione interna. L’accordo siglato da Starmer si era poi incagliato nella transizione politica nel paese-arcipelago africano e, come già spiegato, il nuovo governo ha richiesto e ottenuto una serie di modifiche per renderlo meno penalizzante. In definitiva, il Regno Unito si impegnerebbe a consegnare alle Mauritius tutte le isole che compongono le Chagos, tranne quella di Diego Garcia, soggetta a un contratto di concessione per ospitare la base militare che Londra ha a sua volta messo a disposizione degli Stati Uniti.

Nonostante l’opposizione crescente, l’accordo prevede condizioni che lasciano ugualmente in violazione del diritto internazionale il Regno Unito. La più macroscopica e moralmente riprovevole è quella che impedisce agli abitanti originari di Diego Garcia e ai loro discendenti di tornare a vivere su questa isola. Inoltre, i chagossiani non potranno aspirare alla sovranità del loro arcipelago, ma dovranno vivere sotto quella delle Mauritius. L’accordo è stato quindi criticato dalle associazioni dei chagossiani che vivono in esilio, anche perché nessuna di esse è stata consultata durante i negoziati.

Coloro che abitavano originariamente le Chagos sono un gruppo culturalmente ed etnicamente distinto dai mauriziani, anche perché i primi sono di origine africana e i secondi in prevalenza indiana. Anche la lingua parlata è diversa e infatti, quando, in uno dei crimini più atroci della storia coloniale britannica, i chagossiani vennero cacciati a forza dalle loro isole, quelli che trovarono rifugio alle Mauritius furono spesso discriminati e si ritrovarono a vivere una vita di sofferenze ed emarginazione.

Tornando alla polemica in corso, l’implementazione dell’accordo sottoscritto da Starmer e Ramgoolam è ora sospesa in attesa di un parere dell’amministrazione Trump. Ancora prima di essere confermato nell’incarico di segretario di Stato, Marco Rubio aveva espresso preoccupazione per i termini dell’accordo, che a suo dire rappresenterebbero una “seria minaccia alla sicurezza nazionale” e ai piani militari USA. Rubio si è poi recentemente lamentato con il suo omologo britannico, David Lammy, e, dopo che è circolata la notizia che la Casa Bianca potrebbe mandare a monte l’accordo, il consigliere per la sicurezza nazionale britannico, Jonathan Powell, coinvolto nei mesi scorsi direttamente nelle trattative con Port Louis, ha deciso di recarsi a Washington nei prossimi giorni per discutere della questione.

Il governo laburista si trova già in fibrillazione e sull’orlo di una pericolosa crisi politica per le decisioni che Trump potrebbe adottare a breve su dazi, NATO e Ucraina. Quindi, Starmer vorrebbe evitare l’apertura di un’altra contesa attorno alle isole Chagos. Il servilismo di Londra nei confronti di Washington ha peraltro come unica giustificazione proprio questo status auto-attribuitosi dal Regno Unito, visto che dal punto di vista legale non esiste alcuna ragione per cui gli Stati Uniti abbiano facoltà di modificare o addirittura affondare il trattato in questione. La sovranità sulle Chagos, sia pure illegale, era ed è ancora del solo Regno Unito e, inoltre, l’accordo stipulato con le Mauritius non cambia di nulla lo status della base militare americana a Diego Garcia, se non nel limite temporale dei 99 anni della concessione.

Il Guardian ha proposto mercoledì un campionario avvilente delle dichiarazioni dei membri del parlamento di Londra e di alcuni “insider” laburisti sulla questione, spesso rilasciate in forma anonima. Uno di questi ultimi ha definito l’accordo sulle Chagos un “errore catastrofico”, per rimediare al quale la soluzione migliore sarebbe “uscirne immediatamente”, accollando in sostanza al governo delle Mauritius la responsabilità, in quanto “del tutto irragionevole” nonostante il Regno Unito abbia cercato di essere “collaborativo” e di agire secondo il fantomatico “ordine [internazionale] basato sulle regole”.

Altri ancora dentro il governo hanno ridicolmente sollevato l’inopportunità del pagamento della somma pattuita con le Mauritius per tenere il controllo di Diego Garcia alla luce dei problemi di bilancio britannici e dei tagli alla spesa pubblica imposti da Starmer. Va ricordato che l’ultimo bilancio approvato dal governo prevede un taglio alla spesa sociale di 13,5 miliardi di sterline per i prossimi due anni, mentre le spese militari aumenteranno di 75 miliardi entro il 2030. Altri ancora insistono nel far notare come il parere della CIG sia “non vincolante” e quindi Londra non abbia alcun obbligo di rinunciare alle Chagos. In realtà, la sentenza del 2019 non è ritenuta vincolante sostanzialmente perché non esiste un meccanismo che ne obblighi l’applicazione, ma sia la Corte sia l’Assemblea Generale ONU hanno riconosciuto che il Regno Unito viola il diritto internazionale. Difficile quindi giudicare facoltativo l’adeguamento alle norme che regolano quest’ultimo.

La disputa su Diego Garcia dipende dall’importanza che essa riveste per il Regno Unito e, soprattutto, per gli Stati Uniti. Entrambi i paesi hanno fatto ampio uso della base militare in quest’isola durante le guerre in Afghanistan e in Iraq e diventerebbe nuovamente decisiva in caso di un nuovo conflitto in Asia o in Africa, anche perché facilita ad esempio l’accesso a vie marittime critiche, come lo stretto di Bab-el-Mandeb che separa lo Yemen dal Corno d’Africa e consente il transito verso il Mar Rosso e il canale di Suez.

Ancora di più, questo aspetto si intreccia alla rivalità con la Cina, che con le Mauritius intrattiene rapporti molto stretti, sia in ambito commerciale sia per quanto riguarda i progetti infrastrutturali sull’arcipelago. Londra e Washington temono che il ritorno delle Chagos alla sovranità mauriziana, un accordo non abbastanza blindato su Diego Garcia o nuove cause legali, già minacciate dagli abitanti originari, possano costringere in futuro i due alleati ad abbandonare la base militare. Ciò, dal loro punto di vista, potrebbe spianare la strada al controllo anche militare da parte della Cina di vie d’acqua e spazi aerei strategicamente importantissimi in un’area che sarà sempre più il principale teatro della competizione tra le grandi potenze del pianeta.

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