Nel luglio 2024, il Woodrow Wilson International Center for Scholars (o Wilson Center) - uno degli United States Presidential Memorial, fondato a Washington DC come parte dello Smithsonian Institution, riconosciuto come uno dei primi dieci più importanti think tank al mondo - ha pubblicato un paper dal titolo “Venezuela Desk – How to stop a coup”, ovvero “come fermare un colpo di Stato in Venezuela”. Un titolo che potrebbe trarre in inganno, in quanto potrebbe far pensare ad un documento che voglia prevenire un colpo di Stato, ma in realtà si tratta del suo opposto: il dossier illustra i piani golpisti di stampo fascista che gli Stati Uniti avevano preparato per le elezioni presidenziali del 28 luglio contro il governo socialista di Nicolas Maduro.

 

A scrivere il dossier è stato Mark Feierstein, già funzionario del Dipartimento di Stato dell’USAID e del National Democratic Institute, nonché elemento chiave nella “sporca guerra” contro la Rivoluzione Sandinista in Nicaragua negli anni Novanta, nel colpo di Stato contro Fernando Lugo in Paraguay e nel creare il noto piano strategico venezuelano per destabilizzare il governo di Nicolás Maduro da quando è entrato in carica nel 2013. In questo paper, Feierstein, presenta in sette pagine una sorta di tabella di marcia per programmare l’ennesima “rivoluzione colorata”, come teorizzata da Gene Sharp, al fine detronizzare Maduro rivelando e dando conferma di questo.

Il documento ammette che il raggruppamento dell’opposizione venezuelana anti-Maduro è una strategia degli Stati Uniti; che Washington ricatta il governo bolivariano con le sanzioni e con il blocco economico; che la sua intenzione è quella di coinvolgere i governi europei, di Colombia e del Brasile per fare pressione prima e dopo le elezioni del 28 luglio e che gli Stati Uniti vogliono penetrare il Consiglio Nazionale Elettorale (CNE). Non è un caso che il presidente del CNE, Elvis Amoroso, venga descritto come “un ostacolo” ed è per questo che promuovono azioni che influenzino i funzionari del CNE.

Il dossier parla anche di una ferrea certezza sulla vittoria della destra venezuelana: “L'opposizione venezuelana è sempre più ottimista sul fatto che il suo candidato unitario Edmundo González vincerà il concorso del 28 luglio con un margine così ampio che Maduro non avrà altra scelta che riconoscere l'accesso al regime di Maduro”.

Interessante è sapere che la Edison Research, società di sondaggi dell’opposizione venezuelana che ha dato la destra al 70%, secondo un’inchiesta di Wikileaks è una società di propaganda che, oltre ad essere attiva in Venezuela, è presente anche in Ucraina, Georgia e Iraq per conto della CIA e del Dipartimento di Stato USA. Già il capo della campagna elettorale del chavismo, Jorge Rodríguez, aveva denunciato come l’estrema destra venezuelana avesse installato un centro operativo a Miami per ignorare i risultati ufficiali prima delle elezioni, mentre in questi giorni - forte dei suoi sondaggi - l'opposizione di destra ha cercato di mettere a ferro e fuoco il Venezuela. È proprio Feierstein ad affermare che la mossa ideale sia che l’opposizione riceva copie dei registri delle votazioni per fare un rapido conteggio e proclamare il vincitore prima dei risultati del CNE, venendo accompagnati immediatamente da dichiarazioni pubbliche di riconoscimento.

Feierstein già segnalava nel dossier che “qualsiasi ritardo nell'annuncio dei risultati elettorali (…) dovrebbe provocare una cascata di condanne internazionali e di contatti con gli alti dirigenti venezuelani”, cosa per altro avvenuta proprio il giorno dopo delle elezioni a partire dalle dichiarazioni del segretario di Stato USA Antony Blinken, che sottolineava come l’immagine di Lula sarebbe potuta essere particolarmente efficace in questa fase. Washington - si legge nel documento - avrebbe inoltre rilasciato dichiarazioni pubbliche e inviato comunicazioni private al CNE e alle Forze Armate per convincerli di stare dalla loro parte sostenendo il risultato offerto dagli Stati Uniti. Si legge: “(…) Washington potrebbe incoraggiare le iniziative dei comandanti militari della regione che hanno mantenuto legami con gli alti ufficiali venezuelani”.

Il dossier di Feierstein sottolinea anche la difficoltà degli Stati Uniti ad influire in quanto “non gestiscono un'ambasciata a Caracas dal 2019 e il regime ha limitato la presenza di osservatori elettorali internazionali revocando l'invito all'Unione Europea”, cosa quest’ultima per altro non vera poiché la presenza di accompagnatori ed osservatori internazionali è sempre stata ampia in tutte le elezioni venezuelane.

Il paper rivela inoltre il grande interesse degli Stati Uniti a penetrare nelle Forze Armate Nazionali Bolivariane in modo che i militari si allineino con l’opposizione e ignorino qualsiasi richiesta delle autorità per “mantenere l’ordine legale e la pace nelle strade nel caso in cui l’opposizione ricorra ad azioni violente se i risultati non la favoriscono.”

Nel documento si riconosce che María Corina Machado non ha alcuna credibilità nelle Forze Armate a causa della sua “retorica intransigente” e che Colombia e Brasile potrebbero contribuire a raggiungere questo obiettivo.

Alla fine di questo documento, Feierstein afferma che gli Stati Uniti, per ottenere il potere in Venezuela, al di là del risultato elettorale sarebbero disposti a valutare la possibilità di offrire una trattativa a Nicolás Maduro e all’alto comando politico e militare per lasciare il potere: “(…) il Dipartimento di Stato potrebbe ritirare la ricompensa di 15 milioni di dollari per informazioni che portino all'arresto di Maduro. Più significativamente, il Dipartimento di Giustizia potrebbe ritirare l'incriminazione del leader venezuelano e di altri alti funzionari per presunto traffico di droga.”

Un messaggio che è stato ripetuto spesso nell’ultima settimana dalla destra venezuelana, ma che ha dell’incredibile. Il Venezuela non è e non è mai stato un narco-Stato. Questa è una fake news che gli Usa e la destra venezuelana filo-USA continua a veicolare, venendo smentiti pure dall'ONU. Ad oggi non esiste la minima prova a sostegno della calunnia secondo cui il Venezuela ha inondato gli Stati Uniti di cocaina negli ultimi anni. Il Venezuela è sempre stato al di fuori dei maggiori circuiti del traffico di cocaina tra la Colombia - il principale paese produttore - e gli USA, il principale consumatore. Basta consultare le due fonti più importanti sul tema, l’ultimo rapporto UNODC sulle droghe, e il documento della DEA, la polizia antidroga americana, datato Dicembre 2019. 

Secondo quest’ultimo, il 90% della cocaina introdotta negli USA proviene dalla Colombia, il 6% dal Peru e il resto da origini sconosciute. Potete stare sicuri che se in quel 4% rimanente ci fosse stato anche il profumo del Venezuela, esso non sarebbe passato inosservato. Il rapporto ONU menziona il Messico, il Guatemala e l’Ecuador come le sedi di transito della droga verso gli Stati Uniti, mentre l’assesment della DEA cita i celebri narcos messicani come i maggiori fornitori del mercato USA. Non c’è traccia di Venezuela in alcuna pagina dei due documenti e in nessun altro materiale delle agenzie anticrimine USA degli ultimi 20 anni si fa menzione di fatti che possano -anche indirettamente - ricondurre alle accuse lanciate contro il Presidente del Venezuela e il suo governo.

Feierstein assicura che l’organizzazione del golpe de facto varrebbe la pena per “il ripristino della democrazia in Venezuela e la stabilizzazione del Paese”, ma in realtà riconosce che si tratta di realizzare tre obiettivi di Washington: garantire l’approvvigionamento energetico a basso costo dal Venezuela; ridurre la migrazione venezuelana verso gli Stati Uniti; privare il Venezuela dei chavisti per far diventare gli Stati Uniti un partner chiave in America Latina.

Come riportato nel dossier: “In primo luogo, Brasile e Guatemala sono partner politici ed economici di lunga data, il che conferisce agli Stati Uniti un maggior grado di influenza. Il Venezuela, invece, è un Paese pesantemente sanzionato, sostenuto dagli avversari degli Stati Uniti, Cina, Russia e Iran. Detto questo, coordinandosi con una serie di partner, all'interno e all'esterno del Paese, gli Stati Uniti potrebbero nuovamente svolgere un ruolo importante nella lotta per la democrazia in America Latina.”

Paradossalmente Feierstein, oltre a partire dal presupposto che Maduro vuole manomettere le elezioni, afferma che sebbene sia “un timbro di gomma per il regime”, il CNE “ha la tecnologia e la capacità amministrativa per gestire correttamente un'elezione. Il Consiglio ha anche una lunga storia di professionalità nell'era democratica del Venezuela e la sua leadership potrebbe essere soggetta all'influenza di controparti nella regione, qualora il Consiglio decidesse di ripristinare la propria immagine. Gli Stati Uniti potrebbero contribuire a incoraggiare questo avvicinamento regionale.”

Oltre a pensare come gli USA possano infiltrare i propri uomini nel CNE, Feierstein afferma che il sistema elettorale venezuelano è valido, dimenticandosi però che l’attuale sistema automatizzato a riconteggio manuale è stato introdotto con la Rivoluzione Bolivariana, ovvero con la Quinta Repubblica inaugurata da Hugo Chavez e non è un lascito della Quarta Repubblica. “È il sistema elettorale migliore del mondo tra quelli che abbiamo visionato” - ha detto nel 2012 la Fondazione Carter dopo aver visto ed analizzato circa 100 processi elettorali. 

Nel documento programmatico si definisce il candidato della destra alle ultime elezioni presidenziali - Edmundo González Urrutia - come “un mite diplomatico in pensione impegnato nella riconciliazione nazionale” nonostante abbia una storia tutt’altro che mite. La giornalista salvadoregna Nidia Diaz ha rivelato dettagli sconosciuti della sua biografia che farebbero rabbrividire un qualsiasi sincero democratico.

All'inizio degli anni Ottanta, infatti, Urrutia era il secondo consigliere dell'ambasciata venezuelana in El Salvador quando c'era la guerra civile. Insieme all'ambasciatore Leopoldo Castillo, noto con il soprannome di El Mata Curas ("L’uccisore di preti"), lavorò all'attuazione locale del “Piano Condor”, che consisteva nell’eliminazione - anche fisica - degli oppositori di sinistra in tutta la regione. Furono l'ambasciatore venezuelano Castillo e il suo consigliere Edmundo Gonzalez i principali agenti della morte in El Salvador.

I documenti della CIA declassificati nel febbraio 2009 citavano Castillo come uno dei responsabili dei servizi di intelligence che hanno coordinato, finanziato l'Operazione Centaurus, un piano dell'esercito salvadoregno e degli “squadroni della morte” dell’ultra destra guidati dal Maggiore D’Abuisson per eliminare fisicamente i membri delle comunità religiose che cercavano una soluzione negoziata del conflitto. Negli anni in cui Castillo e González hanno gestito l’ambasciata, l’esercito salvadoregno e gli squadroni della morte hanno ucciso 13.194 civili, tra cui l'arcivescovo Oscar Arnulfo Romero, quattro suore della Congregazione Maryknoll, i sacerdoti Rafael Palacios, Alirio Macias, Francisco Cosme, Jesús Cáceres e Manuel Reyes. Non più diplomatico, Urrutia ha lavorato ancora come consulente dei servizi segreti quando il 16 novembre 1989 sei gesuiti e due loro collaboratrici furono uccisi da sicari assoldati dall’esercito.

Nonostante ciò, il Segretario di Stato degli Stati Uniti Antony Blinken ha dichiarato il 2 agosto che il governo del suo paese considera Edmundo González Urrutia “presidente eletto del Venezuela” ed invita Nicolás Maduro a una transizione pacifica del potere. “Apprezziamo l'appello dell'Unione europea al rispetto dei diritti fondamentali dei venezuelani e la sua richiesta di una verifica indipendente dei risultati, sulla base dei resoconti elettorali che abbiamo presentato e che accreditano la nostra vittoria” -  ha scritto Edmundo González Urrutia su X. Il 4 agosto 2024, come da copione previsto da Mark Feierstein, l’Alto Rappresentante dell’Ue Josep Borrell ha affermato che dai resoconti delle missioni internazionali di osservazione emerge “chiaramente” che il voto del 28 luglio “non ha rispettato gli standard internazionali di integrità elettorale”.

Un copione che si è perfettamente ripresentato nello stesso mondo quando il golpista della destra venezuelana Juan Guaidò venne proclamato dagli Stati Uniti “Presidente del Venezuela ad interim”, ma che oggi risulta veramente patetico.

In conclusione, questo manuale evidenzia che né i media né le operazioni psicologiche, né i pronunciamenti dei leader regionali, né l’eccessivo interesse delle ultime settimane ad imporre sondaggi sono casuali. Il loro vero interesse non è difendere la democrazia o i diritti umani, ma togliere di mezzo tutti coloro che ostacolano il loro piano al fine di prendere il controllo di tutte le risorse naturali dell’America Latina, compreso il petrolio venezuelano, la più grande riserva certificata del mondo.

 

 

 

 

 

 

 

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