Israele, criminali senza giustizia

di Mario Lombardo

La decisione di giovedì della Corte Penale Internazionale (CPI) di emettere un mandato di arresto per Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant rappresenta in larga misura un atto simbolico che mette però ancora una volta in luce, in maniera clamorosa, responsabilità e complicità dei sostenitori dello stato ebraico nel genocidio in corso. Il premier e l’ex ministro della Difesa israeliani,...
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Rubio, un gusano alla Casa Bianca

di Fabrizio Casari

L’annunciata nomina di Marco Rubio a prossimo Segretario di Stato dell’Amministrazione Trump, per molti aspetti inquieta tutti coloro che ritengono la carica decisamente superiore allo standing del politicante di origine cubana. Come evidenziato da molti e confermato dal suo curriculum, Rubio non brilla per qualità politiche né per percorsi istituzionali ragguardevoli che ne abbiano messo in risalto le doti diplomatiche. Più che una nomina adeguata al ruolo, quindi, appare piuttosto il rimborso politico dovuto agli stati del Sud e, in particolare, alle organizzazioni di fuoriusciti cubani, venezuelani e nicaraguensi, che rappresentano la parte più putrida dello stato circondato dalle Everglades piene di ogni insidia. Benché...
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di Michele Paris

Il presidente francese, François Hollande, ha presentato in un’intervista televisiva trasmessa domenica in prima serata una serie di misure all’insegna dell’austerity e dell’aumento delle tasse per cercare di far fronte ad un’economia in affanno e per risollevare un indice di gradimento già in declino dopo appena quattro mesi dal suo ingresso all’Eliseo. Nonostante le promesse elettorali, gli interventi minacciati dal presidente socialista non si discostano di molto da quelli già implementati altrove in Europa per rassicurare i mercati, anche se includono la tanto propagandata tassa speciale del 75% sui redditi più elevati.

In 25 minuti di diretta sulla rete TF1, Hollande ha anticipato il suo piano di bilancio che verrà presentato questo mese e che prevede circa 20 miliardi di euro in nuove tasse e 10 miliardi di tagli alla spesa pubblica. A giustificare l’adozione di provvedimenti molto pesanti per gran parte della popolazione francese sarebbe il peggiorato clima economico che ha spinto il governo di Parigi a ridimensionare le stime di crescita per il prossimo futuro. L’economia transalpina dovrebbe cioè far segnare una crescita praticamente pari a zero per quest’anno e attorno allo 0,8% nel 2013.

Le misure si rendono necessarie inoltre per mantenere la promessa di Hollande di riportare il deficit di bilancio francese al 3% del PIL nel 2013, dopo che quest’anno toccherà il 4,5%. Il presidente, però, domenica non ha raccolto l’osservazione della sua intervistatrice sulla più che probabile necessità di intervenire con ulteriori tagli alla spesa per raggiungere il promesso pareggio di bilancio nel 2017 a fronte di una crescita così anemica.

Una delle questioni più delicate è poi la riforma del lavoro, che Hollande e le aziende francesi vogliono naturalmente rendere più flessibile. Il modello a cui queste ultime guardano con interesse è quello della Germania, dove una serie di riforme iniziate con il governo socialdemocratico del cancelliere Gerhard Schroeder ha progressivamente ridotto le retribuzioni e smantellato le protezioni di cui godevano i lavoratori.

In questo ambito, Hollande ha lanciato un appello al dialogo ai sindacati e agli imprenditori per giungere ad una riforma condivisa. In caso di mancato accordo, tuttavia, il presidente ha affermato che il governo procederà unilateralmente.

Sul fronte fiscale, i circa 20 miliardi di euro di nuove entrate dovrebbero giungere da 10 miliardi di aumenti delle tasse e altrettanti dall’abolizione di scappatoie legali che consentono soprattutto alle grandi aziende di abbattere il loro carico fiscale.

Grande attenzione sta suscitando in particolare la già ricordata tassa con un’aliquota del 75% sui redditi superiori al milione di euro. Se i giornali hanno prospettato una possibile fuga all’estero dei francesi più ricchi, lo stesso Hollande ha in qualche modo rassicurato circa la portata limitata di una proposta che appare poco più di una mossa ad effetto per dare l’impressione che il governo intende imporre sacrifici a tutti i francesi mentre vengono messi in atto pesanti assalti contro i lavoratori e la classe media.

La tassa, se sarà adottata, graverà infatti esclusivamente sui redditi da lavoro dipendente e non sui redditi da capitale. Dal momento che la classe privilegiata, in Francia come altrove, deriva la maggior parte della propria ricchezza proprio da investimenti e attività speculative, la tassa andrà a colpire, secondo alcune stime, solo circa 2 mila contribuenti e verosimilmente una quota minima dei loro guadagni.

Uno studio del quotidiano Le Monde ha evidenziato che l’imponibile complessivo su cui andrà a pesare la tassa del 75% ammonta ad appena qualche centinaio di milioni di euro, a fronte di una ricchezza di oltre 5 mila miliardi di euro detenuta dal 10% della popolazione francese più ricca. Inoltre, essa avrà una durata di soli due anni poiché, secondo Hollande, dopo tale periodo l’economia francese si sarà ripresa a sufficienza e tale imposta non sarà più necessaria.

Anche se l’impatto sarà dunque minimo, alcune sezioni delle élite economiche d’oltralpe stanno comunque alimentando un serie di polemiche nei confronti di questo provvedimento. Svariate testate stanno perciò mettendo in guardia il governo socialista dai pericoli di tassare i cittadini più facoltosi, i quali potrebbero comportarsi come Bernard Arnault, l’uomo più ricco di Francia e d’Europa. Quest’ultimo, presidente e amministratore delegato di LVMH (Louis Vuitton - Moët Hennessy), nel fine settimana ha infatti annunciato di voler chiedere la cittadinanza belga.

L’argomento è stato affrontato nel corso dell’intervista a Hollande, il quale ad una domanda sul nervosismo dei francesi benestanti per la tassa del 75% ha risposto con un patetico elogio degli imprenditori transalpini - che minacciano di lasciare il paese per non pagare le tasse - e con un appello al patriottismo in tempi di crisi.

Secondo i giornali, l’intervento di domenica di Hollande sarebbe stato dettato dalla necessità di fronteggiare le accuse di inerzia lanciate contro il suo governo che, assieme alle promesse non mantenute e agli attacchi dei mercati per spingere verso un ridimensionamento della spesa pubblica, hanno fatto precipitare la popolarità del presidente.

Un sondaggio pubblicato domenica dal quotidiano Le Parisien, ad esempio, indica come il 60% degli intervistati sia insoddisfatto della performance del governo socialista, contro il 34% che aveva espresso questa opinione alla fine di maggio. Secondo un’altra recente rilevazione, invece, l’approvazione popolare per Hollande sarebbe attestata al 46%, identica a quella del primo ministro Jean-Marc Ayrault.

Con la luna di miele con gli elettori finita già da tempo, nei prossimi mesi François Hollande si troverà così a fare i conti con un probabile aggravamento della situazione economica, con le pressioni dei mercati e con crescenti tensioni sociali in seguito alla prossima approvazione di impopolari misure di austerity. Un peggioramento facilmente prevedibile quello della realtà francese, già segnata oltretutto da un tasso di disoccupazione superiore al 10% e da una lunga serie di annunci di imminenti tagli di posti di lavoro da parte delle maggiori compagnie francesi, a cominciare da Air France e PSA Peugeot Citroën.

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