di Agnese Licata

Figli “naturali” e figli legittimi. Una distinzione che sembra destinata, finalmente, ad essere cancellata dal nostro codice civile, a favore di un unico termine: figli. Figli e basta, indipendentemente dal fatto che siano nati da un matrimonio o no. È questo l’obiettivo di un disegno di legge proposto dal ministro alle politiche per la Famiglia Rosy Bindi, discusso e approvato in tempi record dal Consiglio dei ministri, per di più con una base di consenso anche nella Casa delle Libertà. Cosa che sorprende non poco in un momento in cui le questioni sociali – Diritti dei conviventi e interruzione di gravidanza su tutti – sono al centro di polemiche e distinguo su tutti i fronti. C’erano voluti ben 27 anni, le lotte femministe e i movimenti degli anni Sessanta e Settanta, per costringere il Parlamento italiano a rendere effettivi i diritti che la Costituzione garantiva alla famiglia. Fino al 1975, infatti, rimasero immutate le norme elaborate nel 1942 dal fascismo, con tanto di subordinazione assoluta della donna al marito e discriminazione tra figli legittimi e illegittimi. Di contro, la nuova Carta costituzionale del 1948 non solo tutela un matrimonio “ordinato sulla uguaglianza morale e giuridica dei coniugi” (art. 29, 2° comma), ma stabilisce in modo perentorio che “è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli anche se nati fuori dal matrimonio” e che “la legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale…” (art. 30).
La “colpa” di essere stati concepiti da persone non sposate viene quasi cancellata con la Riforma del diritto di famiglia, nel 1975, che sostituisce il termine dispregiativo “figli illegittimi” con “figli naturali” e avvia l’equiparazione giuridica con i figli interni al matrimonio, gli unici che precedentemente un Parlamento moralista considerava “per bene” e perciò legittimati ad avere dei diritti.

“Quasi cancellata”. Quell’aggettivo – naturali – continua infatti a marcare una distinzione che non è solo simbolica, ma indica ancora una differenza rispetto ai figli procreati. Come ha infatti sottolineato il ministro delle Politiche per la famiglia, la legge attualmente in vigore riconosce solo il legame dei figli “naturali” con i genitori, ma non con il resto della famiglia. “Certo – ha dichiarato Rosy Bindi – padre e madre sono importanti ma mi sembrava una cosa crudele che l’ordinamento negasse le altre relazioni parentali. Adesso tutti i figli avranno nonni, zii, cugini”. Così, ad esempio, quando il disegno di legge verrà approvato dal Parlamento, anche gli altri parenti potranno chiederne l’affido. Un ulteriore segno di riconoscimento viene stabilito garantendo il diritto ad essere sempre consultati dai genitori sulle scelte che riguardano la propria vita.
Nel ddl cade anche l’istituto della commutazione con cui i figli nati all’interno del matrimonio potevano estromettere dall’eredità i propri “fratellastri” (altro orrendo retaggio linguistico di una discriminazione dura a morire) liquidando la loro quota.

Trasversale l’appoggio alla proposta. Da Alleanza nazionale che, attraverso le parole di Ignazio La Russa, anticipa il suo voto a favore, ai Ds che, con Anna Finocchiaro, si dicono “completamente d’accordo”. La speranza è che così il disegno di legge possa essere approvato in fretta e senza intoppi, alla Camera prima e al Senato poi.
Del resto, secondo gli ultimi dati Istat, la realtà delle nascite fuori dal matrimonio riguarda ormai circa 80mila persone, ossia circa il 15 per cento del totale. Dieci anni fa erano l’8 per cento. Insomma, una realtà che non si poteva più far finta di non vedere. Così, finalmente, ultima tra i Paesi europei, anche l’Italia decide di adeguarsi alle tante indicazioni internazionali, oltre al comune senso di giustizia sociale, così poco diffuso tra i banchi del Parlamento italiano e tra le alte sfere ecclesiastiche.

Non stupisce che su questo tema la Chiesa non abbia espresso un’opinione che fosse una. Troppo concentrata a innalzare le barricate sui Dico, sull’interruzione di gravidanza, a dispensare anatemi, scomuniche, nel vano tentativo di difendersi da un laicismo “corruttore” che nella società si espande, più velocemente che tra partiti e politici. A dimostrarlo c’è anche un immancabile sondaggio, realizzato dall’Ipr Marketing per Repubblica.it (pubblicato il 15 marzo). Un sondaggio che se da un lato segna la risalita della fiducia in questo governo, dall’altro fa fare un salto di 11 punti percentuali proprio a Rosy Bindi (rispetto al mese precedente). Il 59 per cento dei mille cittadini intervistati ha infatti affermato la propria fiducia nel ministro che, insieme alla collega Barbara Pollastrini, ha lavorato alla proposta dei Dico.

Segno che questo governo, questa maggioranza, ha un unico modo per rispettare quel patto stipulato con i cittadini al momento del voto: continuare con le riforme sociali. La fine della distinzione tra figli di serie A e figlie di serie B è solo il primo, seppur promettente, passo.

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