di Alessandro Iacuelli

La decisione dei leader dell'Unione Europea è di quelle che già stanno facendo discutere: con un accordo di principio, che spetterà ora alla Commissione europea precisare nelle sue concrete modalità attuative, entro il 2020, il 20% dell'energia consumata in Europa dovrà essere prodotta da fonti "pulite" (attualmente siamo al 7%), il 10% dovrà obbligatoriamente essere costituito da biocombustibili; inoltre, le emissioni di gas ad effetto serra dovranno essere ridotte del 20% rispetto ai livelli del 1990 ed i consumi energetici dovranno essere tagliati del 20%. Tutti i leader europei hanno salutato con entusiasmo l'accordo e qualche tono trionfalistico è stato assunto anche da alcune organizzazioni ecologiste, per quello che viene considerato un piccolo importante passo avanti nella giusta direzione. A prima vista. Andando a leggere in dettaglio l'accordo, però, non si può non notare in primo luogo una eccessiva fiducia per i biocarburanti, seguita a ruota da un'ombra di ambiguità per quanto riguarda il nucleare. Ambiguità non da poco, dato che stando a qualche interpretazione non troppo sottile, il nucleare (insieme alle rinnovabili) avrebbe trovato posto nelle fonti di energia con cui l'Europa cercherà di fare la sua parte, per contrastare il cambiamento climatico.

Le misure che i singoli Stati, in tutta autonomia, decideranno di adottare per raggiungere gli obbiettivi, potranno includere anche misure di risparmio energetico, traducibili legalmente nella messa al bando delle lampadine ad incandescenza entro il 2010. Ovviamente non basteranno le lampadine a raggiungere l'obbiettivo di ridurre del 20% i consumi di energia. I passi da fare sono altri e sono passi molto più grandi, che investono il modo di produzione dell'industria pesante.

Entro il 2020 si dovrà raggiungere una quota di biocarburanti di almeno il 10% nel settore trasporti. L'obbiettivo é stato rilanciato nel tempo rispetto al 5% di biocarburanti al 2010 già previsto dal precedente accordo del 2003. La legge italiana già prevede una quota dell'1% di biocarburanti, ma fino ad oggi è stata disattesa.

C'è poi da trovare una soluzione per i Paesi dell'Europa dell'Est, che basano buona parte della propria produzione energetica sul carbone: nel testo approvato resta appositamente vaga la definizione degli "obiettivi nazionali che tengano conto dei punti di partenza dei diversi Stati". Pertanto, gli stati che si basano sul carbone, continueranno a farlo. Infine, la Francia è riuscita a salvare la sua tecnologia nucleare, non rinnovabile ma a bassa emissione, ma in cambio è stata costretta ad accettare la clausola di garantire la sicurezza degli impianti e di migliorare il trattamento delle scorie nucleari.

Quasi unanimi le reazioni. Jose Manuel Barroso, subito dopo la firma dell'accordo ha dichiarato che ora l'Europa è pronta a dare l'esempio al resto del Mondo. Altrettanto trionfalistica è la dichiarazione di Angela Merkel, èper la quale "è importante che si tratti di vere energie rinnovabili e non di altro, che ci sia un vero progresso tecnologico, una vera spinta per l'innovazione in tutta l’Europa. Ma, naturalmente, bisognerà tenere conto delle specificità di ogni paese, delle diverse tradizioni nazionali." Chirac, dal canto suo, non ha perso tempo nel tessere le lodi del nucleare e del carbone, chiarendo la posizione del suo paese: "La Francia ha insistito per sostituire le energie rinnovabili con altre tecnologie che producono poca anidride carbonica, come le centrali pulite a carbone, che richiedono un certo numero di investimenti e l'energia nucleare."
E' una dichiarazione che lascia esterrefatti, non solo perché cita una tecnologia (le centrali "pulite" a carbone) fisicamente impossibili, ma soprattutto perchè dice espressamente che la Francia sostituisce le energie rinnovabili con altre fonti, ancor prima di aver sperimentato seriamente, sul campo, la produzione e l'uso di rinnovabile.

Una sostituzione, secondo logica, dovrebbe implicare l'uso di qualcosa di nuovo al posto di qualcosa di vecchio; nel caso francese, invece, assistiamo ad una sostituzione "originale" che di fatto contempla il mantenimento dell'attuale assetto energetico ed un passo indietro per le rinnovabili. In altre parole, la Francia il suo obiettivo del 20% di energie pulite lo raggiungerà equiparando il nucleare a fissione ed il carbone, già in uso attualmente, alle energie rinnovabili.

E' qui che si nasconde l'ambiguità cui si è accennato: l'accordo fissa l'obiettivo europeo del 20% per le energie rinnovabili, ma poi stabilisce che le quote per i singoli Stati saranno adattate alle loro "specificità nazionali". C'è quindi il serio rischio che ogni Paese chiederà il permesso di annoverare il nucleare ed il carbone tra le fonti rinnovabili: se lo fa la Francia, un'analoga pretesa la potranno far valere anche tutti gli altri paesi. Con il raggiungimento del 20% di "energia pulita" a colpi di riclassificazioni delle fonti energetiche, ma senza reali cambiamenti.

Non mancano esempi anche in Italia, a tale riguardo. Da noi abbiamo il programma del CIP6, che prevedeva tariffe energetiche maggiorate per favorire le energie rinnovabili ed "assimilate", lungamente applicate, proprio grazie al termine "assimilate", anche a termovalorizzatori, inceneritori, gas, carbone e residui di raffineria.
In questo caso, il "trucco" del CIP6 potrebbe estendersi a tutta l'Europa: si stabiliscono "grandi obiettivi", si evidenziano delle grandi novità; poi, con qualche piccola clausola, si lascia una finestra aperta per far rientrare le vecchie infrastrutture, i sistemi energetici più obsoleti ed inquinanti e soprattutto le logiche dell'interesse, senza alcuna attenzione reale al domani.

Tirando le somme, non si vedono poi tanti motivi per grida trionfalistiche, anche se da Bruxelles si annuncia che l'accordo è "vincolante con tanto di multe".
Si tratta di una legge, è vero. Ma sono leggi degli uomini, che hanno tralasciato per ignoranza e per interesse quelle che sono invece le leggi della Fisica. Per la quale le leggi umane non contano.

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