Premesso che i livelli di istruzione più alti sono associati a migliori opportunità lavorative, a retribuzioni più elevate, a migliori condizioni sanitarie e maggiore impegno sociale, la quota di popolazione italiana con almeno un diploma è molto inferiore alla media europea.

 

Lo svantaggio dell’Italia rispetto all’Europa è marcato, prima di tutto, fra le generazioni: il 74,8 per cento dei 25-43enni ha almeno il diploma di scuola superiore contro il 47 per cento dei 60-64enni mentre permane il divario territoriale all’interno del Belpaese dove rimangono livelli di istruzione più bassi nel Mezzogiorno, anche fra i giovani.

 

 

E se nella media dell’Unione europea, il raggiungimento dell’obiettivo di riduzione del 10 per cento entro il 2020 dell’abbandono scolastico è vicino - la Germania l’ha praticamente raggiunto e la Francia l’ha superato - l’Italia nel 2017 è ancora pari a meno 3,4 punti. Nei confronti dell’Europa, poi, l’Italia ha una posizione molto arretrata anche riguardo al secondo obiettivo fissato dalla Strategia europea 2020 legato all’istruzione e cioè innalzare al 40 per cento la quota di giovani sotto i 34 anni con titolo di studio terziario: il 26 per cento in Italia versus il 39,9 per cento della media Ue e, nonostante un aumento di quasi otto punti dal 2008 al 2017, il Belpaese è la penultima tra i paesi dell’Unione.

 

Molto forte e superiore a quello medio europeo, il divario di genere fra i laureati, con oltre una giovane su tre laureate a fronte di un giovane su cinque. Nonostante in Italia, i vantaggi occupazionali derivanti da più alti livelli di istruzione siano simili a quelli registrati nella media Ue, i tassi di occupazione restano inferiori a quelli europei, tanto che anche la quota dei NEET resta la più elevata tra i paesi dell’Unione.

 

Forti criticità si riscontrano anche al momento della transizione dal percorso formativo al mercato del lavoro: pure qui i valori sono marcatamente inferiori a quelli medi europei, relegando l’Italia in una posizione piuttosto isolata per quanto riguarda le prospettive occupazionali dei giovani all’uscita dagli studi.

 

Nel 2017, a fronte di un numero di occupati che in Italia è inferiore a cinque diplomati, in Germania ne sono occupati nove. Parola dell’Istat, nel rapporto Livelli di istruzione della popolazione e ritorni occupazionali: i principali indicatori.

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