di Tania Careddu

Crimini di guerra, accordi che pregiudicano il diritto a chiedere asilo, leggi che vietano la libertà di espressione, torture, sorveglianza di massa e massicci poteri alla polizia. Si riassumono così le politiche che hanno dominato, nel 2016, l’agenda dei governi dall’Europa agli Stati Uniti. Nessuno escluso. Farcite di retoriche velenose, di discorsi coniugati all’odio, all’insulto e alla violenza, basati sulla demonizzazione di interi gruppi di esseri umani.

Una su tutte, la campagne elettorale di Donald Trump, inneggiante alla xenofobia, alla misoginia e all’omofobia, seguita da quella di Marine Le Pen in Francia e da quella di Teresa May nel Regno Unito. Jorg Haider in Austria, Viktor Orban in Ungheria, Beata Szydlo in Polonia si muovono verso la disumanizzazione del diverso. Sulla divisione etnica e il rigetto del diritto internazionale sono basate le scelte nazionaliste dei nuovi regimi autoritari: dalla Turchia di Recip Tayyp Erdogan alle Filippine di Rodrigo Duterte.

Su centocinquantanove paesi, analizzati nel Rapporto 2016-2017 di Amnesty International, si sono perpetrati ventitré crimini di guerra e trentasei nazioni hanno respinto illegalmente migranti e rifugiati. In Arabia Saudita e in Bangladesh, giornalisti e attivisti per i diritti delle minoranze sono stati condannati con accuse vaghe; in Cina prosegue la repressione di avvocati e le intimidazioni contro i familiari; in Egitto imperversano i divieti di viaggio, le restrizioni finanziarie e il congelamento dei conti bancari; in Etiopia vige lo stato di emergenza; in Iran, i tribunali rivoluzionari hanno giudicato voci critiche pacifiche; in Myanmar, procedono le operazioni di sgombero delle minoranze etniche; in Russia il governo ha stretto la morsa intorno alle organizzazioni non governative; in Siria continua l’impunità per i crimini di guerra.

In Italia, da Matteo Salvini a Giorgia Meloni, la retorica divisiva la fa da padrona sdoganando la licenza (per nulla poetica) di atteggiamenti e comportamenti inaccettabili. Soprattutto quando l’aggravante dei motivi razziali, prevista dalla legge Mancino, non trova (quasi mai) applicazione. Oltre a comportamenti anti-migranti, serpeggiano atteggiamenti derivanti dalla mancata accettazione della diversità di orientamento sessuale e spuntano, a livello locale, sportelli ‘anti-gender’, allo scopo di fornire informazioni legittimanti la discriminazione e il clima di intolleranza di genere.

La lista è lunga e rientra in quel nuovo sistema mondiale in cui i diritti umani sono da ostacolo agli interessi nazionali, economici e di sicurezza, che demonizza l’altro da sé e manipola politiche identitarie allo scopo di ottenere consenso. Spacciando la pericolosa idea che alcune persone siano meno umane di altre.

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