di Tania Careddu

Un centinaio di terremoti all’anno, percepibili ma non distruttivi. Cosi dice il Consiglio Nazionale degli Ingegneri nel dossier elaborato qualche giorno prima del sisma che ha colpito le Marche e il Lazio, “Nota del rischio sismico in Italia: stima del numero di abitazioni interessate (e popolazione di riferimento) e costi per la loro messa in sicurezza”.

In media, c’è un sisma ogni cinque anni di quelli di grave e media entità. Il che espone al rischio oltre ventuno milioni di persone di cui tre milioni abitanti in aree del territorio italiano di massima esposizione. Altri diciannove milioni risiedono in zone non propriamente soggette al rischio sismico di grave portata ma nemmeno troppo sicure: prova ne siano i comuni emiliani, appartenenti a questa categoria, colpiti dal terremoto nel maggio del 2012. Certamente più preoccupanti le posizioni della Calabria, della Basilicata e della Sicilia.

Prendendo per evento di media intensità l’impatto del terremoto che ha devastato L’Aquila, i costi complessivi per la messa in sicurezza del patrimonio abitativo italiano ammonterebbero a circa novantatre miliardi di euro. Intervenendo su circa dodici milioni di immobili che dovrebbero essere destinatari di opere di risanamento e messa in sicurezza statica, coinvolgendo suppergiù ventitre milioni di cittadini.

Che abitano in case particolarmente vetuste: circa quindici milioni di abitazioni, pari a più del 50 per cento del totale, sono state edificate prima del 1974, in completa assenza, quindi, di qualsivoglia normativa antisismica. Per non parlare di quei quattro milioni di immobili costruiti prima del 1920 e altri quasi tre milioni ante 1945 e, purtroppo, versanti in pessimo stato di conservazione.

In Molise, Piemonte e Liguria, il quadro è più critico che altrove, considerando che un quarto delle abitazioni conta oltre cento anni di vita; sono solo il 43,8 per cento quelle antecedenti il 1961 che versa in ottimo stato, mentre fra quelle costruite dopo il 2000 sono solo duecentomila quelle interessate a investimenti per la messa in sicurezza.

Dal 1968 al 2014, sono stati spesi più di centoventuno miliardi di euro per la ricostruzione: i fondi destinati all’Irpinia per il terremoto del 1980 saranno erogati fino al 2023, quelli per la Valle del Belice fino al 2028, fino al 2023 quelli per le zone del Molise e della Puglia colpite nel 2002, fino al 2024 per Marche e Umbria danneggiate nel 1997e fino al 2029 per l’Abruzzo.

Sarebbe opportuno, fanno sapere dall’Associazione Nazionale Costruttori Edili, “un piano di investimenti pubblici mirati per la manutenzione e il miglioramento delle infrastrutture esistenti e l’uso intelligente della leva fiscale con l’estensione del bonus antisismico del 65 per cento per i lavori di prevenzione e messa in sicurezza statica, indipendentemente dalle condizioni poste ora dalla legge, permetterebbe di salvaguardare le vite umane e tutelare il nostro fragile territorio”. Anche perché il costo della mancata prevenzione è altissimo, circa tre miliardi e mezzo di euro all’anno. E troppe vite umane.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy