di redazione

Il caso è di quelli che riempiono le pagine giusto di Ferragosto: la vignetta incriminata di Riccardo Mannelli pubblicata su Il fatto quotidiano il 10 agosto che ritrae la procace Ministro Boschi (anche Ministro è sessista, sarebbe il caso di dire Ministra secondo la Crusca e la fuffa del bon ton), in un'evidente caricatura. La satira questo è: caricare e distorcere il reale senza freni né limiti per poterlo irridere, dissacrare, coglierne nell'estremizzazione letteraria o figurativa i limiti e gli orrori. E' un genere letterario con un suo codice di regole e di non regole. Bisogna conoscerlo e tornare ai classici. A scuola insomma.

Eppure la vignetta scomoda addirittura l'accusa di sessismo, sebbene riproducesse proprio una foto della Boschi. In primis c'è la Presidente Boldrini che da un po' ha a cura la concordanza dei nomi al femminile come vaccino per l'eguaglianza di genere. Il linguaggio ha un suo potere evocativo non c'è dubbio, ma pare che la semantica sia diventata l'unica arma per l'eguaglianza dei diritti delle donne. Tanto che solo in questo Paese fa titolo la rivoluzione del dire sindaca o assessora e la cronaca delle donne uccise dagli ex con numeri da mattanza. Beffarda sincronia del “Paese delle meraviglie” direbbe Crozza.

Molte le proteste di parlamentari del Pd. La vignetta sarebbe offensiva verso il Ministro. Non si capisce se per le cosce scoperte e non troppo magre o per il titolo sullo “stato delle cos(c)e”. Purtroppo per i suoi detrattori Mannelli con questa vignetta riesce davvero a fare un capolavoro di satira: a ricordare tutte le gaffe istituzionali del Ministro alla prova su fronti istituzionali di supremo valore, a ridicolizzarne una certa inadeguatezza (dai partigiani fino al SI al referendum) e lo fa estremizzando il dato incontrovertibile del Ministro: la sua beltà. Che non è certo una colpa s'intende, anche quando l'avvenenza viene esibita con l'intento di catturare attenzione e consenso.

Se si accetta il principio di mettere dei limiti alla satira forse bisogna rivedere tutte quelle posizioni filosofiche liberali e laiche su cui tanta sinistra si è battuta. Torniamo ai giornalisti di Charlie Ebdo e alla loro satira per scoprire che quella è legittima e questa no? Condanniamo, per coerenza, il lavoro di chi ritrae e per giunta lo fa in modo forte, sacrilego e irreverente,  Allah. E' il Dio di milioni di persone, della loro fede e della loro morale.

Se accettiamo di dare dei limiti alla satira, non possiamo accettarla satira su Dio, perché offende il credo e la vita di popoli e anche di Stati confessionali creandoci pure, in aggiunta, qualche problemino di sicurezza. Potremmo imboccare questa strada e tornare allo Statuto Albertino e al vilipendio della religione.

Potremmo proseguire sanzionando giornalisti e vignettisti. Potremmo renderci ancor più ridicoli per la legislazione europea che già ci striglia per come siamo messi sui criteri e i limiti della libertà d'informazione.

La satira, val la pena ricordarlo, non è cronaca. E' commento. E, proprio perché tale, non può avere quei limiti deontologici che la cronaca è obbligata ad avere. Si può discutere della satira sulla morte, sulla malattia e su tutte quelle frontiere delicate della vita umana che muovono dolore e pietà. Tutto fuorchè mobilitare giuristi e Parlamento per due belle, procaci cosce. Non è stato fatto tanto nemmeno per Dio.


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