di Tania Careddu

Il 37 per cento in più rispetto all’anno precedente. Cioè, centosettantotto mila cittadini stranieri, oltre trentacinque ogni mille residenti, hanno acquisito la cittadinanza italiana. Per matrimonio, naturalizzazione, trasmissione automatica al minore convivente da parte del genitore straniero divenuto cittadino italiano o per ius sanguinis, molti sono coloro che appartengono a comunità di antico insediamento, albanesi e marocchini in testa, e tantissimi i minorenni, il 37 per cento dei nuovi italiani.

Più di un quarto del totale, pari a quarantacinque mila, sono state le acquisizioni in Lombardia seguita dal Veneto che ne ha contate quasi ventiseimila e dall’Emilia Romagna con circa ventitremila. Scarseggiano al Sud, con Basilicata e Sardegna in testa, e risultano poche anche in Molise e Valle d’Aosta. Sono aumentate le acquisizioni di indiani, bengalesi, pakistani e tunisini mentre le domande per residenza, nel 2015, sono state presentate soprattutto da comunità a prevalenza femminile, tipo Perù, Filippine, Moldavia, Ecuador, Polonia e Ucraina, dove la maggior parte delle richiedenti risulta occupata nei servizi alla famiglia.

E nell’anno in cui l’Italia si è trovata in piena crisi rifugiati con un picco di arrivi via mare di centocinquantaquattromila migranti sbarcati, sono stati più numerosi i cittadini stranieri che hanno acquisito la cittadinanza italiana, e quindi un’elevata stabilizzazione, di quelli che hanno raggiunto le nostre coste in modo irregolare.

E il numero è risultato, peraltro, superiore rispetto alle più recenti previsioni con un trend in aumento: dai centomila nel 2013 ai centotrentamila nel 2014, sino al picco attuale. In controtendenza rispetto al resto d’Europa: secondo gli ultimi dati disponibili Eurostat, del 2014, sono ottocentonovantamila i cittadini stranieri che hanno ottenuto la cittadinanza in uno degli Stati membri, il 9 per cento in meno rispetto all’anno precedente. Una flessione più marcata nel Regno Unito, in Spagna, in Belgio, in Grecia e in Svezia. Dietro il boom italiano, fatto di integrazione e stabilità, la Francia e i Paesi Bassi.

In generale, gli stranieri residenti in Italia sono circa cinque milioni: duecento nazionalità che nel 50 per cento dei casi appartengono a un paese europeo, nel 30 per cento a un paese dell’Unione e nel restante a stati dell’Africa occidentale e settentrionale o asiatici.

Hanno modelli insediativi molto differenti fra loro: a parte le comunità di antico insediamento, vedi quella filippina equilibrata fra i generi, e quella cinese numericamente importante e strutturata in famiglie, per alcune si parla di vere e proprie ‘specializzazioni produttive’ e per altre, è la storia della migrazione ucraina, si osserva una composizione costituita per l’80 per cento da ‘donne breadwinner’ in età adulta, oltre i cinquant’anni.

Una condizione che non interessa solo le straniere. Tutto il mondo è (il proprio) Paese.


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