di Tania Careddu

Ha un senso sociale e identitario: investe il piano delle relazioni e degli affetti. Rappresenta, tanto materialmente quanto simbolicamente, la condizione di stabilità. Luogo della sicurezza e delle riflessioni profonde, la casa è, però, anche disagio ed emergenza. Il quadro  drammatico: leggendo il dossier della Caritas “Un difficile abitare”, si scopre che le famiglie italiane spendono mediamente il 40 per cento del loro reddito per le spese abitative.

La carenza degli alloggi aggrava il problema: il 27 per cento della popolazione residente in Italia vive in abitazioni sovraffollate e, negli ultimi quindici anni, si sono triplicate le famiglie che condividono un alloggio, soprattutto nell’Italia centrale e nel Nord Est. L’edilizia popolare è ferma da un ventennio e solo due milioni di persone vivono nelle case del patrimonio residenziale pubblico. Vivono peraltro in situazioni di estrema vulnerabilità: centoquarantamila disabili, seicentomila anziani, centotrentamila immigrati e il 34 per cento di nuclei famigliari con redditi inferiori ai diecimila euro annui.

Vivono in strutture danneggiate, di ridotte dimensioni, con scarsa luminosità, tanta umidità e senza dotazioni igieniche. E in zone di residenza dove criminalità, mancanza di aree verdi, carenza di collegamenti e di servizi, inquinamento, sporcizia, degrado e trascuratezza, la fanno da padrone.

Un disagio, quello abitativo che, talvolta, è anche caratterizzato dall’assenza di contratti d’affitto o dalla presenza di quelli irregolari, con annesse ricevute che non coprono l’intero ammontare del canone pagato. Il quale, insieme al mutuo e alle spese condominiali, è un onere gravoso per il 51,3 per cento degli abitanti al Nord, per il 34 per cento di quelli residenti al Centro, per il 55,4 per cento delle persone del Sud.

Per coloro che non riescono a saldare il pagamento mensile, anche perché, per oltre un milione e settecentomila famiglie che hanno un contratto di affitto (anche perché il canone supera il 30 per cento del reddito famigliare), lo sfratto è dietro l’angolo, soprattutto per i cittadini fra i quaranta e i cinquant’anni, che vivono nel Mezzogiorno; disoccupati, con minori in famiglia e con un reddito inferiore a cinquecento euro mensili.

Ma, purtroppo, solo il 23 per cento degli intervistati da Federcasa usufruisce di misure di sostegno abitativo e socio-assistenziale: il 14 degli alloggi disponibili dell’edilizia residenziale pubblica (ERP) non viene assegnato perché sfitto, occupato abusivamente o in attesa di assegnazione. O per i problemi con le pratiche burocratiche amministrative e con le pratiche per ottenere il Fondo Sostegno Affitto.

Non basta più il sistema che aveva ridimensionato il disagio abitativo negli anni novanta. “Oggi - sostiene il presidente di Federcasa, Luca Talluri, - dobbiamo fare scelte politiche della stessa importanza (di quelle degli anni novanta, ndr), ma che prevedano un aumento significativo di case popolari”.

Allo stato, pare che il governo si stia muovendo, secondo il Programma finanziato con la legge 80/2014, per il recupero di venticinquemila alloggi ERP, di cui settemila entro il 2016. Con l’auspicio che si infranga la cristallizzazione del sistema attuale, peraltro macchiato di illegalità e abusivismo.

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