di Tania Careddu

Conflitti e disastri naturali: eventi che portano con sé morte e devastazione. Oltre mezzo miliardo di bambini vive in aree a elevata incidenza di inondazioni, soprattutto in Asia; di essi, duecentosettanta milioni in paesi con scarso accesso ai servizi igienici adeguati e quasi cento milioni in paesi con scarso accesso all’acqua potabile. Cento sessanta milioni, invece, sono in zone esposte ad altissimi livelli di siccità, soprattutto in Africa.

Ogni anno centosettantacinque milioni di bambini rischiano di essere colpiti da disastri naturali. Cosicché devono far fronte allo sconvolgimento della propria formazione scolastica, subire traumi psicologici o sfruttamento, violenza e abusi, separazioni dai famigliari. Essere feriti o uccisi. Contrarre alcune tra le principali cause di mortalità infantile, come la malnutrizione, la malaria e la diarrea.

Più colpiti dai disastri, i bambini poveri ed emarginati. E quelli meno capaci di riprendersi. Tanto per dirne una, i minori con disabilità sono sicuramente penalizzati nei percorsi di evacuazione e i sussidi e le apparecchiature su cui alcuni di loro fanno affidamento per la loro sopravvivenza possono non essere più disponibili dopo un disastro. Bambini che risultano particolarmente vulnerabili anche nelle situazioni di conflitto armato. Circa duecentotrenta milioni di minori vivono in nazioni e regioni colpite.

Nel 2014, otto milioni di loro nella Repubblica araba di Siria, circa un milione sfollato a causa dell’esplosione di violenza in Iraq, poco meno di due milioni e mezzo nella Repubblica Centrafricana, duecentotrentacinque mila colpiti da malnutrizione acuta grave, soprattutto negli stati del Sud Sudan, nei quali il conflitto ha provocato lo sfollamento di quasi settecentocinquanta mila bambini, li ha esposti  a un’esplosione di colera con più di sei mila casi e centosessantasette decessi, ha interrotto la frequenza scolastica di altri quattrocentomila e ha causato il reclutamento di dodicimila da parte di forze e gruppi armati.

Nei Paesi dell’Africa occidentale interessati dalle crisi, l’epidemia di ebola ha avuto effetti su quasi dieci milioni di bambini e giovani sotto i venti anni. Durante le crisi, che sono sempre meno emergenze a tempo limitato, i piccoli sono esposti a rischi sanitari e a ritardi nello sviluppo e perdono opportunità di apprendimento.

Ancora di salvezza in queste situazioni, sempre più frequenti, complesse e gravi, le risorse stanziate per l’istruzione sono, purtroppo, scarse, defraudando i minori delle possibilità di riprendersi nei successivi periodi. In quelli di conflitto, intanto, emerge prepotentemente la fragilità dei sistemi di emergenza, di sicurezza e sanitari.

E quando i disastri ambientali non sono causati dalla forza bruta della natura ma dipendono dalla violenza delle azioni illegali dell’uomo, a rimetterci sono sempre loro. E’ il caso dei reati ambientali. Uno su tutti: la Terra dei fuochi, dove la presenza di tumori è sovraincidente sui bambini. Vittime, appunto, della criminalità organizzata: fino a dicembre 2014, sono novecento, le vittime innocenti. Senza contare quante di loro si sono ritrovate private (per sempre e per mano dei criminali) del diritto di giocare con un genitore.

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