di Tania Careddu

Sebbene siano più contenuti e l’Italia si collochi al quindicesimo posto nella graduatoria europea, nel 2014 gli incidenti stradali sono stati circa centosettantasette mila: tremilatrecento e rotti mortali e pressappoco duecentocinquantuno mila lesivi, di cui quindici mila gravi – il 16 per cento in più rispetto all’anno precedente, con valori di picco in Sardegna, nelle Province Autonome di Trento e Bolzano, in Emilia Romagna, in Abruzzo e nel Lazio contro il Veneto, il Molise, la Valle d’Aosta, la Lombardia, la Campania e la Basilicata, nelle quali si registrano i valori più bassi.

Ossia, ogni giorno, in media, sono accaduti quattrocentottantacinque incidenti, sono morte nove persone, per cui totalmente si contano, secondo quanto si legge nella ricerca Aci-Istat, per ogni milione di abitanti, cinquantacinque incidenti mortali. Più frequenti nelle strade urbane, quelli più gravi avvengono in quelle extraurbane, autostrade escluse, dove, invece, diminuisce il numero dei decessi.

I conducenti e i passeggeri di autovetture, i motociclisti e i ciclisti, fra i quali il valore dell’indice di mortalità è più che doppio rispetto a quello degli automobilisti, i pedoni, per i quali è quattro volte superiore e si contano, nel 2014, cinquecentoquarantotto morti, e gli occupanti dei mezzi pesanti, le vittime più coinvolte. Il giorno più nero, venerdì in cui si concentra il maggior numero di sinistri ma la domenica, seguita dal sabato, è quello nel quale avvengono quelli più gravi, principalmente nelle ore notturne, durante le quali le persone perdono la vita ogni cento incidenti, e fuori porta.

Alle nove del mattino, alle tredici e alle diciotto, gli orari più critici nei giorni feriali. Maggio, giugno e luglio, i mesi più caldi - oltre sedicimila incidenti al mese -; giugno, luglio, agosto e ottobre, quelli con il più nutrito numero di morti - trecentoventi ogni mese.

Scontro frontale-laterale e tamponamento, le tipologie più frequenti. Mancato rispetto delle regole di precedenza, soprattutto nelle vie dentro le città, guida distratta e velocità sostenuta, nelle strade extraurbane, le prime tre cause dei sinistri. Seguite da mancanza della distanza di sicurezza, manovra irregolare e comportamento scorretto del pedone.

Da sfatare il popolare, quanto vetusto, detto ‘donne al volante, pericolo costante’: sono soprattutto uomini, infatti, le persone più interessate, hanno tra i venti e i ventinove anni e tra i quarantacinque e i quarantanove; le donne, oltre le giovanissime, hanno tra le settantacinque e le ottantaquattro primavere, età che farebbe sospettare il coinvolgimento nel ruolo di pedoni (ottantasette morti e quasi milleseicento feriti).

Categoria maggiormente esposta insieme ai ciclisti che farebbero lievitare il numero delle vittime fra gli ultrasessantacinquenni e fra i bambini, fino ai quattordici anni. Sessantadue i decessi, di cui ben ventiquattro fra i minori sotto i cinque anni, fascia d’età nella quale si sono registrati anche oltre seimilacinquecento feriti, sul totale di dodicimila e duecento piccoli, under quindici, coinvolti.

“Sulla strada: nessun bambino deve morire”, è la vision a lungo termine, per arrivare ad azzerare la loro mortalità, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Che stima, sulla base della valutazione dei costi sociali del 2010, in diciotto miliardi di euro (l’anno) i danni derivanti dagli incidenti stradali. Compresi quelli che coinvolgono gli adulti.

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