di Tania Careddu

Nel 2008, all’epoca della Commissione parlamentare d’inchiesta sul servizio sanitario nazionale, erano millecinquecento. Al 31 marzo 2015, data di chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, erano seicentottantanove. A oggi sono duecentoventisei i pazienti ricoverati negli OPG, dei quali il 60 per cento circa sarebbe dimissibile dal punto di vista clinico, quindi affidabile immediatamente a strutture territoriali di novero psichiatrico diverse dalle Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza. Nelle quali, invece, risiedono quattrocentotre persone in cura psichiatrica.

Gestite dai Dipartimenti di salute mentale, le REMS, che hanno il duplice scopo di garantire le misure di sicurezza per i pazienti e l’attivazione di percorsi terapeutici riabilitativi, sono sedici.

Ma la loro recettività, secondo quanto si legge nell’ultima audizione al Senato per l’acquisizione di elementi informativi in merito all’attuazione della normativa per il superamento degli OPG, è alquanto carente. Sia per la tardiva implementazione del dettato normativo da parte di alcune regioni, sia, allo scopo di evitare spostamenti massivi per evitare effetti deleteri sui pazienti, per la modalità graduale e prudente, attuata dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, della traduzione dei pazienti dagli ospedali psichiatrici alle residenze.

Vuoi perché la mancanza di un’adeguata rete territoriale di strutture non rende agevole il rispetto delle disposizioni legislative, soprattutto quelle relative al principio di territorialità - ossia, privilegiando REMS ubicate nelle zone in cui ogni paziente ha le sue radici - che agevolerebbe il percorso terapeutico e la definitiva dimissione. Vuoi per il limite di venti posti in ogni singola residenza che, va da sé, porta a una rapida saturazione dei letti disponibili.

Eppure, si potrebbe ipotizzare anche per le REMS, la dimissibilità di circa un terzo dei ricoverati. E se i problemi di accoglienza fossero, pure, legati alla numerosità di nuovi ingressi di soggetti sottoposti a misure di sicurezza provvisoria? Oppure: le problematiche riscontrate in sede attuativa discendono dalla mancata erogazione dei necessari finanziamenti e dalle difficoltà di relazione con la magistratura?

Dal Comitato stopOPG colgono l’occasione per ribadire l’insensatezza delle residenze come risposta alla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari. Il vero superamento, dicono, sarebbe destinare le risorse finanziarie, economiche, strutturali e di personale a favore di servizi socio-sanitari di salute mentale per misure di sicurezza non detentive.

In effetti, l’internamento non dovrebbe essere l’extrema ratio? Non sarebbe, piuttosto, auspicabile mettere mano a un progetto organico di prevenzione così da contribuire alla diminuzione degli ingressi nelle residenze?

Che, invece, a quanto se ne sa, potrebbero essere potenziate a breve con l’apertura di altre cinque strutture nel Lazio, in Piemonte, in Puglia, in Campania e in Toscana. Una speranza: che non si corra il rischio di una strumentalizzazione del processo di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari da parte delle organizzazioni di stampo criminale.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy