di Tania Careddu

Sessantacinque con poco più di milleottocento membri. Nati, benché presenti già negli anni cinquanta, fra il 2000 e il 2009, i think tank sono strutture politiche in cui trovano dimora le principali funzioni (un tempo) appartenenti ai partiti politici. Condividendo idee sulla cosa pubblica, i pensatoi si dividono in due categorie: per l’organizzazione di eventi e seminari e per la promozione di attività editoriali. Con due forme giuridiche: quarantotto fondazioni e diciassette associazioni.

Sebbene svolgano attività di stampo culturale, non si può ignorare la forte componente politica: la presenza di alcune figure ricorrenti e la palese interconnessione fra svariate strutture, il tipo di attività svolta e la composizione del management, oltreché la collocazione geografica (essendo ubicate le sedi principalmente a Roma, città dei palazzi del potere), rendono agevole la ricostruzione di un orientamento politico.

Premettendo, secondo quanto si legge nel minidossier di Openpolis ‘Cogito ergo sum’, che il 13,85 per cento dei pensatoi è di natura bipartisan che giustifica le buone intenzioni di condividere non tanto un’ideologia ma una comune battaglia su temi specifici, vedi di medicina o di difesa nazionale, per il resto, centrodestra e centrosinistra se li spartiscono. Giustificandoli con l’intento di fare ricerca, non sono, però, gli esponenti del mondo accademico a costituire la fetta più grossa: sono solo cinquecentocinquantaquattro versus cinquecentocinquantassette politici. Fra i restanti, imprenditori e manager, dirigenti pubblici, giornalisti, avvocati e pochi scrittori.

Con un’interconnessione fra le diverse strutture ‘parapolitiche’: il 66 per cento dei think tank ha almeno un membro in un altro pensatoio e venti persone compaiono in almeno tre. Quindi: duecentoquarantadue i collegamenti fra le organizzazioni, trecentosettantaquattro i membri condivisi. A destare attenzione, però, non è solo il dato numerico: esistono collegamenti rilevanti a livello qualitativo. Ossia, chi ha un incarico apicale in una struttura è molto probabile che ne avrà uno simile in altre.

Un vero e proprio network, con radici molto profonde: ogni pensatoio ha, in media, nove membri in altre strutture, collegandosi così, sempre in media, ad altre sei realtà. Tanto per avere un’idea: Italianieuropei è il think tank con più rappresentanti in altri pensatoi e la Fondazione Italia Usa è quella con più collegamenti con altre organizzazioni. Come mai? Perché le persone (con posizioni apicali in numerose realtà) che creano questi legami hanno incarichi di vario tipo: di management, di rappresentanza e di ricerca.

I collegamenti fra incarichi pubblici e think tank e il crescente ruolo politico di queste realtà - è innegabile che la principale forza propulsiva per la nascita della struttura e il più solido punto di riferimento sia, nella stragrande maggioranza dei casi, un politico -, è d’obbligo cercare di capire quale sia il loro peso economico.

Con tutto il rispetto per la non trasparenza, considerato che non sono soggetti pubblici, i pochi elementi di bilancio rintracciabili sui siti internet, rendono complessa l’operazione. Si è comunque potuto scoprire che solo cinque organizzazioni hanno pubblicato una forma più o meno aggiornata del proprio bilancio. I più solerti e precisi, Symbola e Human Foundation, con i dati del 2014 del proprio budget. E Fondazione Open, l’unica ad aver reso noto, seppure con delle limitazioni, l’elenco dei suoi finanziatori con l’importo esatto donato. Urge una riflessione.

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