di Tania Careddu

“In Grecia, in Italia e nell’Europa del Sud in genere, siamo testimoni di una crisi senza precedenti, che è stata imposta attraverso una dura austerità che ha fatto esplodere a livelli storici la disoccupazione, ha dissolto lo stato sociale e annullato diritti politici, economici, sociali e sindacali conquistati. Questa crisi distrugge ogni cosa che tocca: la società, l’economia, l’ambiente, gli uomini”, dice Alexis Tsipras.

E il minidossier di Openpolis, Piove sempre sul bagnato, lo conferma. In Europa, l’Italia è il Paese che, dal 2008 a oggi, più di ogni altro ha subito danni. Con un aumento del 108 per cento della disoccupazione e un calo del 4,78 per cento dell’occupazione. Snocciolando i dati, anche a livello regionale la situazione non è delle migliori.

La disoccupazione è aumentata ovunque. Senza nessuna eccezione. Se il Centro e il Sud non sorprendono - già fanalini di coda in questo campo, hanno avuto l’incremento più marcato in termini assoluti, pari a 98,3 per cento - è il Nord-Est a destare stupore visto che registra gli aumenti percentuali più rilevanti, pari al 32,7 per cento.

I numeri relativi all’occupazione, più stabili, dimostrano una diminuzione pari a più del doppio, passando dal 62,8 per cento del 2007 al 59,8 per cento nel 2013. Puglia, Molise, Campania e Sicilia offrono un dato di cinque volte superiore alla media europea, pari a meno 2,1 per cento, con una riduzione di oltre il 10 per cento.

Solo il Trentino Alto Adige non risulta in perdita, con un dato iniziale del 68 per cento rimasto invariato, registrando persino una crescita al 69 per cento nel 2008 e nel 2012. Le categorie più colpite dalla crisi: i giovani e le donne. Per i primi, la disoccupazione è aumentata del 96 per cento, passando dal 20,4 per cento prima della crisi al 40 per cento del 2013. Picco minimo in Sicilia, massimo nelle Marche.

E con la crisi, l’Italia è diventata lo Stato (nessun altro in Europa fa peggio di noi) con la percentuale più alta di Neet, ben il 22,2 per cento. Il più ingombrante peggioramento è stato registrato in Abruzzo, Emilia Romagna e Umbria. Le più colpite: Sicilia, Calabria e Campania. In Piemonte, la disoccupazione giovanile è aumentata arrivando a più 200 per cento, in Emilia Romagna a più 286,06 per cento, nelle Marche a più 300 per cento, in Sicilia il 33 per cento dei giovani è senza lavoro e non studia.

Per le donne, l’effetto della crisi è visibile nel Gender Pay Gap (divario salariale) - aumentato, in controtendenza con il dato europeo, del 43 per cento - e nella conciliazione tra lavoro e maternità, dove le donne madri hanno un tasso di occupazione del 57,8 per cento, che scende al 50,9 quando hanno due figli e al 35,5 quando ne hanno tre.

Non solo il lavoro scarseggia, quando c’è è pericoloso, se non mortale. Fino al 2012, le morti bianche risultavano in costante calo (del 31,44 per cento), prima di ricevere, nel 2014, un’impennata: sono state settecentoquarantaquattro, il numero più alto dal 2008 a oggi. Ossia, in media più di due morti sul lavoro al giorno. La crisi uccide.

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