di Rosa Ana De Santis

Il caso viene dal S. Orsola Malpighi ed è un’ennesima picconata per quella legge 40 che, di fatto, non esiste più. Una coppia si era rivolta al centro di fecondazione assistita 19 anni fa. L’impianto non era andato a buon fine e gli embrioni sovrannumerari - 8 - erano stati crioconservati. Siamo nel 1996, prima della legge 40, che tra i suoi tanti precetti avrà quello di vietare la crioconservazione a meno che la donna, per ragioni di salute, non possa procedere a nuovi tentativi di impianto.

Nel 2011 il marito della donna muore e viene respinta dalla direzione dell’ospedale la richiesta di procedere con l’impianto, dal momento che sempre secondo la legge 40 i due genitori devono essere entrambi in vita.

Parte il ricorso del legale Boris Vitiello e la donna la spunta, anche perché avendo ormai 50 anni non può attendere il normale iter giudiziario per ragioni biologiche e sarebbe oltraggioso privarla per i tempi del tribunale di questo diritto, dal momento che gli embrioni in questione non sono stati mai abbandonati.

Disappunto di molti per degli embrioni che sostanzialmente saranno impiantati dopo il decesso del padre biologico eppure questa vicenda, resa surreale più dai dogmi della legge 40 che dalle intenzioni dei due genitori, suona come un vero e proprio inno alla vita. Due genitori che fanno di tutto per avere figli, che non abbandonano gli embrioni dopo gli insuccessi, che non ritentano a causa della malattia dell’uomo. Una progettualità di famiglia che non passa nemmeno con la scomparsa del marito e che dopo 4 anni trova finalmente la sua possibilità legale di essere concretizzata.

Lo stupore da titolo da giornale nasce soprattutto dal post mortem dell‘uomo. Eppure, se invece di embrioni in freezer avessimo avuto un embrione giù in utero materno e un padre morto all’improvviso durante la gestazione, nessuno avrebbe avuto moniti e preoccupazioni sul tema; anzi, tutti avrebbero lodato la scelta di far venire alla luce un figlio in una situazione tanto tragica.

Un po’ come quelle donne che hanno rifiutato terapie per non danneggiare il feto. Se alla regia c’è la natura e non la ragione degli uomini e delle donne tutto sembra essere intrinsecamente giusto e accettabile. Questo il sostrato italiano sulla materia bioetica.

Bisognerebbe decidere una volta e per tutte se il plauso vada alle scelte e alle intenzioni delle persone oppure all’accidentalità del caso che, a dirla tutta, poco ha a che vedere con la moralità ma piuttosto con la natura. Il coraggio come il valore, come le scelte e le intenzioni sono elementi della morale e non fatti di natura.

Doppiamente quindi andrebbe apprezzata la volontà di due genitori che non si sono mai dimenticati dei propri embrioni, che hanno scelto la vita e la progettualità di una famiglia nonostante gli impedimenti di natura e di una donna che, pur rimasta senza il proprio marito, non viene meno al patto di amore e alla scelta della genitorialità che li aveva  portati venti anni fa a rivolgersi alla scienza.

Se poi qualcuno volesse ammantare e nobilitare il pregiudizio contro la scienza parlando di quanto la condizione di orfani sia certamente invalidante e dolorosa per i figli, basterebbe provare a capire che differenza ci sarebbe tra questi figli e tanti altri orfani che hanno perso i genitori, anche prima di venire al mondo. Forse, per molti di questi,  solo quella di esser stati meno desiderati e meno attesi del figlio che, ci auguriamo, nascerà da questa donna e dal suo coraggio. 

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy