di Tania Careddu

Sono oltre venticinquemila i minori autori di reato segnalati dall’Autorità giudiziaria ai Servizi minorili per gli interventi socioeducativi e l’attivazione dei provvedimenti disposti nei loro confronti. Secondo quanto si legge nel Report dell’Istat - "I giovani nelle strutture minorili della giustizia" - redatto in collaborazione con il dipartimento per la Giustizia minorile del ministero della Giustizia, sono prevalentemente italiani e di sesso maschile, con un’età compresa fra i sedici e i diciassette anni, e risiedono principalmente in Sicilia e Puglia.

Mentre i minori stranieri, che sono quasi quattromila, abitano in Lombardia ed Emilia Romagna e provengono da altri Paesi europei, dalla Romania, dall’Albania, dall’Africa, vedi Marocco e Tunisia, dall’America e dall’Asia.

La maggior parte dei minori ha un solo procedimento penale a proprio carico, accusata soprattutto di reati contro il patrimonio - furto e rapina, ricettazione, danneggiamento - violazioni delle disposizioni sulle sostanze stupefacenti, lesioni personali volontarie e di violenze private e minacce. Non trascurabile la percentuale di coloro che commettono violazioni del codice della strada e delle disposizioni sulle armi. Reati puniti, per quanto possibile, con misure alternative alla reclusione.

Sono in calo, infatti, gli ingressi negli istituti penali, le strutture più simili alle carceri per i detenuti adulti, con la differenza dell’insussistenza del problema del sovraffollamento - gli istituti affollati sono solo quelli di Treviso e Pontremoli -, in cui non è solo presente il personale educativo ma anche il corpo di polizia penitenziaria.

Nel 2013, i minori accolti sono stati quattrocentouno - centosettantasei stranieri – con una quota di giovani adulti superiore a quella dei minori di diciasette anni. Milleduecentocinquantatre quelli usciti per trasformazione della pena o in collocamento in comunità o per emissione in libertà oppure per l’affidamento in prova al servizio sociale. Che, sospeso il processo, svolge nei riguardi del minore attività di osservazione, sostegno, controllo ed elabora il progetto di messa alla prova.

Esito positivo sempre più frequente: estinzione del reato. Un provvedimento che, nel 2013, ha visto un andamento crescente anche rispetto agli ingressi in comunità, strutture, perlopiù private, a causa del numero limitato di comunità ministeriali sul territorio italiano, nonostante sia la misura cautelare più applicata per la sua capacità di contemperare le esigenze educative con quelle contenitive e di controllo: si sono registrati milleottocentonovantaquattro ingressi a fronte di milletrecentocinquantaquattro uscite.

Il 63,7 per cento dei minori ospitati è in attesa di giudizio e la permanenza, per la maggior parte di loro, non è superiore a un anno, tranne per il 3,8 per cento delle ragazze che sono presenti da più di due anni. Un fenomeno che caratterizza le comunità, essendo a carattere non restrittivo, è l’allontanamento non autorizzato, pratica che coinvolge quattro minori su dieci.

Sono invece poco più di duemila (una media di diciotto al giorno e in diminuzione rispetto al 2012) i minori transitati, nel corso del 2013, nei centri di prima accoglienza, tipologia di servizio minorile in cui la permanenza non può superare le novantasei ore, a seguito di flagranza di reato. Tutti numeri che stanno a indicare la complessità che avvolge i percorsi di devianza minorile, caratterizzati, quasi sempre, da condizioni sociali profondamente disagiate. Cose da grandi.

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