di Rosa Ana De Santis

Nei giorni scorsi è finito sotto attacco “Mare Nostrum”. La Lega in testa a denunciarne l’inefficacia e la colpa di rappresentare un escamotage giuridico per incoraggiare gli immigrati clandestini. E’ sempre l’opulento Nord, quello che la manodopera a nero di stranieri nelle fabbrichette non l’ha disdegnata affatto, a levare la voce persino contro un’operazione di soccorso dai naufragi qual Mare Nostrum è. Qualcosa per cui l’Europa dovrebbe certamente ringraziare il nostro Paese e gli straordinari sforzi economici e di persone spesi sul campo.

E’ il Sud però, come la storia insegna, che ancora una volta dà prova di accoglienza. E’ l’estrema propaggine dello stivale che quasi si congiunge all’Africa, quella parte di paese più tartassato da povertà e disoccupazione, a dare prove di integrazione.

Arrivano da Pozzallo, provincia di Ragusa, storie di un Mare Nostrum realmente vissuto e sentito dai cittadini italiani. Da gennaio ad oggi sono arrivati nella zona più di 5 mila migranti, ma le persone del posto, che hanno vissuto sulla propria pelle o ancora oggi su quella dei loro figli il bisogno di viaggiare per lavorare, non hanno chiusura verso gli stranieri che sbarcano. C’è paura a volte, incertezza, tensione, ma, tanto per citare un esempio, Forza Nuova non è riuscita a cavalcare l’onda per alimentare politiche di discriminazione o campagne di terrorismo psicologico che altrove, invece, hanno funzionato.

Incredibile vedere come questo centro possa reggere l’impatto di continui sbarchi. Il centro di espulsione conta 443 persone, gli uffici comunali sono al collasso cosi come le forze militari e i volontari impiegati nel soccorso. “Mare Nostrum deve proseguire a terra” commenta il sindaco di Pozzallo, ma nessuno ne disconosce il valore e l’assoluta necessità.

Questo è un paese in cui, a poca distanza dalla piazza principale, il caffè letterario Rino Giuffrida, da 6 anni, grazie all’impegno di giovani insegna l’italiano agli immigrati. La lingua è il primo paracadute per una reale integrazione, l’aiuto indispensabile per chi cerca un’occupazione. Lì dove gli stranieri in fuga trovano il primo porto trovano anche una delle più belle fotografie d’Italia.

Ma è solo inizio. Arrivano subito dopo i centri di espulsione dove vengono parcheggiati sine die, le lungaggini burocratiche, la malavita che facilmente li arruola laddove non ci sono altri mezzi di sussistenza, ma anche la negazione della cittadinanza per quanti in Italia rimangono a lavorarci regolarmente e per anni e il facile veleno dell’odio che lo spauracchio della crisi ha nutrito soprattutto al centro nord criminalizzando l’immigrato in quanto tale.

Da Roma si attendono ricette veloci e pronte al consumo, ma sarebbe preferibile invocare le linee guida della politica dell’immigrazione che finora ha solo fronteggiato emergenze, senza mai ragionare del Mare Nostrum a terra. Non solo la legge che detta i tempi del soggiorno, ma le misure di controllo, di accompagnamento alla frontiera reale, di suddivisione quote d’ingresso con il resto dell’Europa, di tutele speciali per i minori in arrivo, di legge sulla cittadinanza e di pseudo reati di clandestinità che sono stati funzionali ad accrescere l’odio per gli stranieri senza perseguire realmente chi non avesse più diritto di rimanere in Italia a delinquere.

Lo psicodramma italiano sta tutto in questa falsa contrapposizione tra legalità e immigrazione tout court, tra misure di regolarizzazione delle quote d’ingresso e il rifiuto d’accoglienza. Il soccorso in mare è un dovere morale e politico come qualsiasi altro tipo di diritto-dovere umano e, seppure in presenza di una legge che addirittura criminalizza gli stranieri (pessima eredità del governo Berlusconi) il nostro Paese conta troppi clandestini, il problema non sta nell’assenza di misure legislative al di qua dei confini, ma nell’incompetenza di saperle praticare e monitorare. Nulla ha a che vedere con quella bella umanità che ci regala una terra come la Sicilia e tanto Sud e che restituisce un po’ dell’orgoglio di essere italiani.

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