di Rosa Ana De Santis

E’ di qualche giorno fa la notizia della maxi multa a Novartis e La Roche, entrambe in Big Pharma, per aver occultato un farmaco low cost a vantaggio di uno identico ma molto più costoso. La multa comminata dall’Antitrust è di 180 milioni di euro. Grazie a questa operazione congiunta tra i due colossi farmaceutici moltissimi ammalati, sia del sistema sanitario pubblico che a carico di assicurazioni private, sarebbero stati costretti a rinunciare alle cure.

Si chiamano Avastin e Lucentis, e il loro principio attivo - grazie alla scoperta di un ricercatore italiano Napoleone Ferrara - è il medesimo. Con Avastin utilizzato per tumori molto gravi, con Lucentis per combattere la maculopatia senile. Avastin si vende a massimo 80 euro, Lucentis oltre i 900.

Le due aziende decidono di fare cartello con un meccanismo di partecipazioni per ostacolare la diffusione di Avastin per la cura delle patologie oculari più diffuse tra gli anziani. La Roche, infatti, non avrebbe registrato Avastin come farmaco per i disturbi della vista e avrebbe agevolato quindi la commercializzazione di Lucentis, incassando parte dei profitti. L’azione dietro le quinte sarebbe stata accompagnata da una sponsorizzazione del farmaco costoso, procurando allarme e confusione tra i pazienti e alla resa dei conti un aumento dei costi vertiginoso per il sistema sanitario pubblico.

Non è certamente la prima volta che lo scandalo dei farmaci generici occultati per speculazioni economiche investe le case farmaceutiche. Eclatante il caso e l’ultima vittoria del governo indiano contro Big Pharma e in modo particolare con Novartis per la questione dei brevetti. L’India, non a caso considerata la farmacia del Sud del mondo, incassò una grande successo sul farmaco antitumorale Glivec.

Nessuno sarà cosi ingenuo da ritenere che le case farmaceutiche debbano comportarsi come associazioni missionarie di cura, ma certamente profitti e guadagni non possono essere del tutto deregolati, sia perché si tratta di farmaci e salvavita e non di prodotti qualsiasi, sia perché esiste un tema di libertà di ricerca scientifica. Il conflitto tra diritto alla salute e proprietà intellettuale, quindi la guerra sui brevetti, è ciò che finora ha consentito alle case farmaceutiche di considerare legittimo un vero e proprio impero industriale che potesse prevaricare il diritto alla salute e anche la libertà di ricerca.

L’ultima vicenda Antitrust non fa che ribadire l’illiceità di alcune manovre speculative che danneggiano tanto il diritto di cure delle persone, quanto la garanzia della libertà di ricerca che può mettere qualsiasi scienziato in qualsiasi laboratorio del mondo nelle condizioni di arrivare ad un farmaco equivalente e low cost.

La vicenda giudiziaria avrà il suo corso e i due nomi illustri hanno preparato già il ricorso. Nel frattempo numerosi pazienti potranno sapere che Avastin può curarli tanto quanto l’altro e lo scoop sul caso sarà servito intanto a ripristinare una buona e corretta informazione. Perché è questo l’altro amaro capitolo della vicenda. Cosa, in nome dei guadagni di questi colossi, viene raccontato.

In che modo il diritto all’informazione è salvaguardato per garantire una scelta libera e consapevole da parte dei pazienti e di chi ci cura. E cosa viene taciuto non soltanto sul caso dei farmaci low cost, ma magari su effetti collaterali e pericoli di medicine che per le stesse ragioni di profitto indisciplinato devono essere vendute a tappeto.

Il primato del profitto, se lasciato indisturbato e senza controllo, può arrivare ad orrori di questo tipo. E’ accaduto in occidente con farmaci ritirati poi dal mercato, accade più spesso di quanto non si creda nei Paesi in via di sviluppo. Accade che se le medicine diventano affari tra titani il diritto alla salute diventa solo materia di polemica per qualche romantico della morale.

C’è invece un serissimo problema di accesso alle cure e di trasparenza delle stesse che deve diventare oggetto di attenzione da parte della politica e sarà ancora una volta questa necessaria supremazia della legge sui numeri a garantirci se non la verità su tutto, almeno un po’ più di giustizia.

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