di Rosa Ana De Santis

Piazza San Pietro è gremita di fedeli per l’addio di Papa Ratzinger: 250.000 secondo le forze dell’ordine presenti. Commosso per tanta partecipazione il pontefice, ormai emerito, ribadisce che non abbandonerà la croce, ma che la servirà in modo nuovo pregando dentro la casa di Pietro: lì dove rimarrà fino alla fine. Da domani mattina Benedetto XVI toglierà la mantellina bianca, sfilerà l’anello del pescatore e lascerà le scarpe rosse. Questa la traduzione estetico-simbolica di un passaggio storico ed epocale che pur previsto dal diritto canonico ha il suo precedente soltanto nel passato remoto con Celestino V l’eremita.

Se la scelta del papa asceta aveva lasciato la Chiesa nelle mani di Bonifacio VIII con lo sconforto che Dante aveva saputo ben esprimere nelle terzine della Commedia, questa seconda volta le “dimissioni” del papa con il mondo della spiritualità e della preghiera sembrano averci davvero poco a che fare. Il non detto della Curia, a parte l’indugiare nei dettagli del folclore e delle procedure, sembra dire più di ogni dichiarazione ufficiale sulla vecchiaia e le condizioni di salute. Otto anni fa forse  Ratzinger pensava di andare incontro alla gioventù?

Nonostante la partecipazione di massa dei fedeli lo shock, per una decisione che uno si aspetterebbe dall’ad di un’azienda o da un presidente del Consiglio non certo da un capo spirituale, è palpabile. Come la sensazione generale che in questa fase abbiano perso tutti: il papa in carica, la Chiesa rimasta improvvisamente spoglia di egida spirituale e investitura divina e i credenti che fanno fatica a riconoscere nel vicario di Cristo in terra un uomo che può rinunciare perché stanco.

Da questo punto di vista il precedessore Wojtyla aveva incarnato perfettamente il simbolo di questa missione divina. Difficile dopo di lui accontentarsi di un modo diverso di portare la croce. I credenti che dovrebbero vivere un moto di autentica indignazione per le sorti della Chiesa di Dio, sembrano come assopiti nell’attesa che il conclave “motu proprio” scelga il successore di Benedetto XVI più che un papa per la chiesa dei cattolici.

Fanno sempre più rumore infatti, nonostante i tentativi di riempire con il fumo il vuoto che lascia il gesto del Pontefice, gli scandali che gravano come una nuvola sul Conclave. L’arrivo incerto del cardinale americano Roger Mahony, accusato di aver coperto 129 casi di vittime di abusi sessuali nella diocesi di Los Angeles, e soprattutto il dossier Vatileaks sulla lobby dei gay voluto proprio da Ratzinger di cui qualcosa è stato raccontato dalla penna di Concita De Gregorio su La Repubblica e Ignazio Ingrao su Panorama.

Il conflitto tra il Papa che apre il vaso di Pandora più sporco della Chiesa cattolica e i cardinali sembra essere un filo conduttore per leggere le trame non più tanto segrete. Un gran da fare per il Padre Lombardi della Sala Stampa vaticana e il segretario di Stato Bertone spiegare ai media che il Conclave dovrà lavorare al sicuro dalle cosiddette maldicenze e in un’attesa di preghiera.

Chissà quanti dei fedeli oggi in preghiera per Benedetto XVI nel giorno dell’addio sanno che il successore troverà ad aspettarlo, oltre le scarpe rosse e l’apparato della sacra gioielleria, il dossier bollente. Il volto peggiore della Chiesa degli uomini: quello che Ratzinger ha fatto immortalare e documentare dai suoi cardinali agenti, magari rinunciando ad essere Papa per questo, e lasciando per meritato contrappasso la Chiesa alla sua mezzanotte santa.

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