di Rosa Ana De Santis

Ne aveva parlato “Amore Criminale” come l’ennesima macelleria che lasciava a terra violata da 22 coltellate la giovane studentessa Alenja Bortolotto, di 22 anni fidanzata e compagna da appena venti mesi di un uomo che non era uno dei tanti. L’assassino è infatti il rampollo della dinastia Juker, famiglia ricchissima originaria della Svizzera di industriali e appassionati d’arte. Ruggero di 36 anni dopo l’assassinio finisce in strada a gridare di essere Bin Laden e non ricorda niente – come riferisce agli inquirenti - della mattanza, accaduta a luglio del 2002, con cui ha svegliato armato con un coltello da sushi la sua ignara fidanzata.

Juker chiede il rito abbreviato ed evita così la pena dell’ergastolo e il Gup, riconoscendo l’aggravante della crudeltà e la parziale infermità, gli infligge 30 anni di reclusione. In secondo grado la barbarie si perde nella nebbia delle carte e l’omicidio perde le sue aggravanti. La pena viene ridotta così a 16 anni. Nessuno ricorda più l’efferatezza dell’accaduto, nessuno ricorda che il fegato di Alenja fu trovato in giardino tranne la sua famiglia e le tristi statistiche di qualche inchiesta fatta a dovere che raccontano al paese la carneficina impunita subita da tante donne per mano, quasi sempre, di propri cari.

Nel 2006 arriva l’indulto e successivamente i soliti sconti di tre mesi all’anno per buona condotta. Dopo dieci anni dall’omicidio Junker torna ad essere libero e chi lo ha curato per i disturbi bipolari da cui è affetto sostiene che non abbia bisogno di stare in strutture protette.

Rimane solo da sperare che la diagnosi di non pericolosità sia più attendibile e certa delle sentenze di un Tribunale che, dopo solo dieci anni dall’uccisione di una giovane ragazza, ha ritenuto che la pena fosse stata espiata. Un caso strano, come sempre troppi ne accadono quando le vittime sono donne, caratterizzato come molti altri da rapide derubricazioni delle pene, da recuperi sociali brillanti, da detenuti modello.

E’ vero che la legge Gozzini del 1986 ha reso possibile un nuovo modo di intendere la reclusione rendendo importante e centrale il monitoraggio della condotta, ma è vero anche che tutto questo non può essere sovrapposto con un colpo di mano alla gravità e all’odiosità del reato commesso. Esiste un tema di riprovazione morale e, in questo caso, forse anche di pericolosità sociale dato che la corte d’appello sull’infermità mentale non ha chiarito lo stato mentale dell’assassino nel momento del delitto che con lucidità, altro che raptus, dichiarò di essersi ispirato al film Hannibal.

Ma non è il solo ad aver scontato appena dieci anni di carcere dopo aver ucciso una donna, come si potrebbe pensare data la notorietà e il peso del suo cognome. Lo stesso premio per Nicola Sorgato che nel 2010 uccide sua moglie di 37 anni, Tiziana Falbo, strangolandola e ficcandole un cacciavite in gola nel tentativo, poco chiaro, di rianimarla.

O Carlo che non accetta la separazione e punisce la sua ex uccidendole sotto gli occhi sia la mamma che la sorella: trent’anni per due delitti e di ergastolo nemmeno a parlarne. E poi ancora Marco che uccide la giovane moglie Giulia con una pietra fino a spaccarle la testa e simula il suicidio con un sacchetto di plastica. La sua pena è di 19 anni. Infine, Domenico Maggio, che dopo aver ucciso a colpi d’ascia la moglie Addolorata ha avuto 15 anni. Le storie sono tutte molto simili e l’epilogo purtroppo anche. Pene ridicole per omicidi che sono sempre volontari, premeditati, condotte con le modalità più barbare, con l’odio più feroce.

Di fronte a certi numeri viene da chiedersi se il problema non sia sempre il solito cancro culturale del diritto che, debellato nella forma, persiste nella pratica. Sembra che i raptus, le debolezze caratteriali, le infermità siano diventate un altro modo, come un tempo era l’onore, di usare clemenza per i criminali. Quelli che si scaraventano nell’ombra di casa contro chi li ama e li ha amati nonostante tutto. Troppo.

Proprio loro, i peggiori, che hanno ucciso come belve, riscuotono premi dal Paese che non sa come contenere i detenuti e che preferisce portare dietro le sbarre consumatori di droghe e immigrati clandestini, piuttosto che tenere ai ceppi quelli che come Junker sbranano gli agnelli.



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