di Ilvio Pannullo

La sbornia di Parma, dalle 17.15 di lunedì 21 maggio 2012 la Stalingrado grillina d’Italia, non accenna a smettere. Si è detto e scritto tanto, tantissimo, forse addirittura troppo, sul Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, ma quello che è certo riguarda soltanto il passato: il futuro è tutto da scrivere ed è già in cammino. Il successo elettorale, lontano dall’essere inaspettato e imprevedibile, ha galvanizzato i militanti, il popolo delle rete e tutti coloro che sperano in un cambiamento, in una nuova prospettiva, in futuro che sia migliore del tragico presente.

A chi osserva, a quanti apprezzano l’effetto ma mai voterebbero per il vate genovese, perché restii a concedere il proprio favore a chi urla da un palco, negandosi al tempo stesso ad ogni democratico confronto, non resta che sperare nell’onda d’urto, nell’effetto a catena che il Movimento 5 Stelle ha inesorabilmente innescato.

Il neo eletto sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, ha saputo vincere ed esultare, accendendo gli animi e la speranza. «É l’alba della Terza Repubblica», dice in versione Pifferaio di Hamelin, inseguito dalla stampa di mezzo globo e accolto ovunque dagli osanna dei suoi ragazzi. «É la svolta», gli fa eco Giovanni Favia, proconsole in Regione del Movimento. Adesso, però, viene il bello. O il brutto, dipendendo il giudizio finale da cosa concretamente verrà fatto.

Il partito anti-partito deve infatti fare subito i conti con il mostruoso debito del Comune, che alcune voci accreditano essere pari a 600 milioni di euro. A ciò si aggiunga il profondo rosso del Teatro Regio, stimato dai 7 ai 12 milioni di euro, e la clausola penale, pari a 180 milioni di euro, prevista nel contratto stipulato tra il Comune di Parma e la Iren Emilia s.p.a. e che andrà pagata, per cestinare quell’inceneritore tanto osteggiato in campagna elettorale. Problemi enormi per un tecnico informatico, eletto sindaco di una città che conta appena 200.000 anime.

Dal giorno della vittoria elettorale il titolo della società quotata “Iren Emilia”, con sede legale e direzione centrale a Reggio Emilia, non fa che andare giù: a preoccuparsi, oltre agli azionisti disperati, è l’intero settore dell’economia tradizionale. Grillo fa paura e a fare ancora più paura sono le idee veicolate dal Movimento di cui è il portavoce: democrazia diretta, controllo in tempo reale della corretta esecuzione del mandato elettorale, selezione meritocratica dei candidati sulla base delle esperienze e dei programmi.

E qui viene il bello: i programmi. Già, perché se è vero che Grillo è il leader del Movimento 5 Stelle, per il semplice motivo che è in grado di gridare nelle piazze - e su un blog seguitissimo - quello che decine di milioni di persone andavano discutendo in rete da anni, è vero anche che non ha inventato nulla: quel che dice Grillo viene scritto su milioni di pagine internet di tutto il globo, ogni giorno.

E’ inutile riepilogare i principi e gli obiettivi del Movimento 5 Stelle, ma i giornali tradizionali mentono sapendo di mentire quando parlano di "idee di Grillo" come se fossero il parto di un comico e nulla più di questo. Sono invece il parto di milioni di teste pensanti globali che da anni riflettono sulla crisi ambientale e sulla sovranità alimentare, sulla crisi energetica e sulle energie rinnovabili, sulla crisi economica e sulla sovranità monetaria: il frutto di un pensiero diffuso e ben consolidato che Grillo ha avuto il merito di portare al grande pubblico italiano. Come un megafono.

Sbagliano i partiti e i loro organi di potere ancillari a definire, più o meno direttamente, il genovese più famoso d’Italia come una testa di... In verità è una testa d’ariete, un Ulisse dei tempi moderni e il Movimento 5 Stelle una sorta di cavallo di Troia. Ciò che deve essere oggetto di discussione sono “i greci” al suo interno: i programmi, le idee di cui il Movimento si vuole fare portavoce e tra queste ve n’è una assai interessante.

Si è detto della situazione debitoria in cui versa il Comune di Parma. Un problema comune all’Italia, alla Grecia, all’intero ClubMed e - perché no? - all’intera area d’influenza angloamericana. In un momento di crisi, dove il sistema bancario, per rispondere ai criteri di capitalizzazione imposti dall’accordo Basilea 3, si permette di incamerare circa 1000 miliardi di euro emessi dalla Banca Centrale Europea al tasso dell’1%, per poi reinvestirli in titoli di Stato resi appetibili da rendimenti oscillanti tra il 5 e il 6%, il problema della moneta circolante è un problema da risolvere urgentemente.

Già, perché la moneta sta all’economia come il sangue sta all’organismo: è semplicemente essenziale. Se manca, l’organismo muore. La moneta può essere, però, esattamente come il sangue, buona o cattiva. Nel primo caso l’organismo sarà sano e vigoroso; nel secondo, per non essendo morto, sarà ciclicamente colpito da malanni più o meno gravi. Esattamente quello che sta accadendo alla nostra Europa.

L’idea, anche questa, non è nuova, ma per la prima volta potrebbe avere un’applicazione su larga scala: Parma potrebbe dotarsi di una propria «moneta». Ovviamente si tratta di un’imprecisione, di una semplificazione utile al giornalista per agevolare la comprensione e la diffusione dell’idea, ma invisa a ogni buon giurista. Dire “moneta locale”, infatti, significa dire falso nummario. L’idea di una moneta locale alternativa all’Euro è affascinante, ma perfeziona l’elemento tipico di un reato penale.

Chiunque legga gli articoli dal 453 al 466 del codice penale potrà infatti ben capire il perché nessun pubblico ufficiale, neanche il più illuminato, possa permettersi il lusso di parlare di moneta locale, ma solo di buoni sconto da spendersi tra persone fisiche e giuridiche liberamente affiliate ad un'associazione privata. E' un problema più giuridico che economico, dunque molto noioso è poco interessante, ma se si pensa che è stato istituito un nucleo speciale in seno all'Arma dei Carabinieri - il Comando carabinieri antifalsificazione monetaria - gerarchicamente dipendente dalla Banca d'Italia, al di là della noia si capisce bene che un problema c'è.

Utilizzando una prospettiva economica, da intendersi qui con la “e” minuscola, quella della spesa al mercato (e non al super-mercato), delle bollette, delle piccole spese e delle piccole necessità quotidiane, oggi così difficili da soddisfare, è forse più utile guardare alla sostanza dei rapporti economici, che alla definizione giuridica del mezzo di scambio utilizzato tra i vari attori dell’economia locale. La notizia circolata negli ultimi giorni, infatti, riguarda i contatti (anzi le email, per usare il nuovo codice parmigian-grillista 2.0) tra lo staff di Pizzarotti e due economisti eretici dell’Università Bocconi: Massimo Amato, professore di storia economica, e Luca Fantacci, docente di storia, istituzioni e crisi del sistema finanziario.

La coppia di quarantenni ha messo a punto un progetto di valuta complementare all’euro. Secondo il Movimento sarebbe un sistema di credito cooperativo tra aziende per rafforzare il tessuto locale. In pratica un modo per mettere in scacco l’usurocrazia europea e lo strozzinaggio in atto ai danni dei “maiali” europei.

Questo sistema lungi dall’essere una chimera è già in vigore in molti paesi e, in alcuni di essi, su tutti Svizzera, Germania e Giappone, con risultati straordinari. In tutto il mondo si contano un totale di circa ottomila monete complementari, ma nessuno ne parla. Le valute alternative altro non sono che strumenti di scambio con cui è possibile scambiare beni e servizi affiancando il denaro ufficiale (rispetto al quale sono appunto complementari).

Solitamente le valute complementari non hanno corso legale e sono accettate su base volontaria: ciò contribuisce al loro aspetto identitario, cioè al loro identificare la comunità all'interno della quale sono usate alla stregua dei vantaggi di una tessera associativa. Il tutto ha il risultato di aumentare il potere economico dei soggetti che aderiscono al circuito, decidendo di accettare una parte del prezzo nella “moneta locale” che poi potranno a loro volta spendere presso gli altri soggetti -persone fisiche, professionisti, negozi e società - che partecipano al progetto.

Un sistema di valuta complementare è infatti accettato ed utilizzato all’interno di un gruppo, di una rete, di una comunità per facilitare e favorire lo scambio di merci, la circolazione di beni e servizi all’interno di quella rete sociale, rispetto al resto della comunità, in modo del tutto identico a quanto accade con la moneta avente corso forzoso.

Va da sé che se ad aderire al progetto di una “moneta locale” o, per facilitare i neo eletti sindaci a 5 stelle, a costituire un’associazione di diritto privato cui liberamente associarsi, è un Comune di 200.000 anime, l’effetto che si ottiene è semplicemente esponenziale. Basterebbe per il Comune limitarsi ad accettare una piccola parte di una qualsiasi tassa comunale - mettiamo, a titolo esemplificativo, il 10% della TAssa sui Rifiuti Solidi Urbani - per incentivare tutti i cittadini, tutti i negozianti e qualsivoglia operatore economico tenuto per legge al pagamento della T.A.R.S.U. ad iscriversi all’associazione di diritto privato di cui sopra. Il risultato che si otterrebbe sarebbe pari ad un aumento del potere di acquisto di ogni iscritto all’associazione, in una misura variabile a seconda degli sconti accettati dai singoli partecipanti.

Per comprendere le ragioni che danno vita ad un sistema di valuta complementare, è utile rifarsi al significato antico del denaro: un accordo all’interno di una comunità che accetta di utilizzare "qualcosa" come bene di scambio riconosciuto. Le valute complementari si collocano, dunque, come “sistemi di accordo” all’interno di una comunità e promuovono la pianificazione a lungo termine, stimolando i partecipanti al circuito ad investire in attività produttive connesse, piuttosto che nell’accumulo di denaro. Esse incoraggiano gli scambi e la cooperazione con la propria rete di aderenze, attraverso la circolazione del bene di scambio a cui, solitamente, viene attribuito un valore etico ed ideale. Questo perché l’economia può essere etica solo se lo è anche il mezzo. In Italia un esempio già c’è: lo SCEC, acronimo di “Solidarietà ChE Cammina”. Un mondo diverso è dunque possibile. A Parma, ma anche altrove. Basta crederci.

 

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