di Silvia Mari 

La notizia ha fatto già da tempo il giro del web: un magico sequenziatore, brevettato da una società del Connecticut di biotecnologie, sarà in grado per mille dollari di analizzare i tre miliardi di lettere del nostro DNA in 24 ore. Le opportunità scientifiche che questa macchina magica può portare nella medicina vanno di pari passo con le problematicità di ordine etico-morale e, forse, proprio la facile accessibilità al test rischia di portare più danni che benefici alla popolazione.

Bisogna infatti intendersi sulla reale portata delle diagnosi che possono conseguire alla mappatura dei geni che, ad oggi, è più vicina ad una fotografia dell’identità genetica che non ad una sua completa interpretazione. Questa almeno la voce della critica e della prudenza di molti ricercatori. In questa direzione i commenti di Sergio Abrignani, direttore scientifico dell'Istituto nazionale di genetica molecolare a Milano.

I dubbi di ordine etico non sono soltanto legati alle ricadute psicologiche individuali che il test genetico può portare, ma anche all’utilizzo discriminatorio da parte delle assicurazioni sanitarie e dei datori di lavoro che potrebbe esserci.

Prima di Lan Proton il test costava dai cinque ai diecimila dollari e richiedeva tempi più lunghi, oggi stiamo entrando in una nuova stagione. Ma tutto questo cui prodest? Quale è il reale beneficio per il diritto alla salute di questa informativa scientifica?

Di ordine preventivo sia per quelle patologie determinate unicamente da cause genetiche - che sono circa 8mila – (ad esempio, vincolando modalità precise di procreazione per evitarne la trasmissione intergenerazionale), sia per quelle malattie multifattoriali, come i tumori, di cui il DNA rappresenta una variante fondamentale nel caso delle predisposizioni, ma non l’unica causa.

Stili di vita, controlli diagnostici, terapie o chirurgia preventiva sono tutte le chances che la conoscenza genetica fornisce ai pazienti (portatori di sindromi genetiche conclamate) o ai “previvor”(persone sane che hanno mutazioni genetiche predisponenti a determinate patologie, specialmente oncologiche).

Se il peso filosofico e psicologico di questa conoscenza può avere effetti devastanti, tanto che deve essere sempre accompagnata da personale estremamente specializzato che guidi il paziente alla giusta interpretazione dell’esito e dall’adeguato sostegno psicologico, non c’è dubbio che essa sia  ormai da considerarsi parte integrante del diritto alla salute.

Che dietro al test low-cost possano esserci interessi di business spiccioli non aggiunge nulla a quello che già accade nel mercato dei farmaci e delle terapie; inoltre, se il vero timore è - come giustamente deve essere - di natura etica, bisognerà attrezzarsi sul piano del diritto e della legge.

A questo dovrà supplire lo Stato con le sue leggi declinando, sulla base delle nuove frontiere scientifiche, il diritto alla salute pubblica. Quello che ci ha già messo alla prova in Italia sul tema della pre- morte con l’eutanasia e sul tema della pre-nascita con la fecondazione, bisogna riconoscere con esiti tentennanti e incompleti che per arginare lo spauracchio della discriminazione hanno finito per censurare le nuove opportunità della medicina, penalizzando i più deboli e i più sfortunati.

La strada verso il futuro è già avviata, inesorabile. Spetta ora alla legge degli uomini la responsabilità di aiutare i nostri geni a salvarci la vita, ad aiutarci a proteggerla, a restituirci tutta la libertà di conoscere e di scegliere.

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