di Bianca Cerri 

Per le persone a rischio di arresto cardiaco i defribillatori sono stati una vera e propria benedizione. Si calcola infatti che con la defribillazione è possibile salvare l’80% delle persone anche due minuti dopo che cuore si è fermato, il 70% dopo tre minuti e così via. Già nel lontano 1947, un ragazzo fu salvato in extremis dai medici dell’Università di Cleveland grazie ad un prototipo di defribillatore realizzato proprio pochi giorni prima. Tuttavia, fino agli anni ’70 gli apparecchi erano troppo pesanti e ingombranti e per impostare lo shock era necessaria la presenza di un operatore munito di oscilloscopio.

L’avanzare della tecnologia ha poi cambiato radicalmente le cose. All’inizio degli anni ’80 arrivarono i primi defribillatori grandi come una radiolina impiantabili all’interno del corpo umano. Tuttavia non è sempre detto che la tecnologia sia un beneficio per le persone sofferenti. Almeno negli Stati Uniti, dove la classe medica è abituata a selezionare i pazienti non in base ai loro bisogni ma a seconda delle disponibilità finanziarie.

Non a caso migliaia di persone continuano a morire perché non possono permettersi di acquistare un defribillatore mentre altre migliaia ne hanno ricevuto uno senza averne assolutamente alcun bisogno. Si calcola che nelle strutture ospedaliere statunitensi almeno il 25% dei defribillatori sia stato impiantato su soggetti che avrebbero potuto tranquillamente farne a meno.

Un articolo pubblicato il 4 gennaio scorso sul Journal of the Medical Association parla addirittura del 40%. Per contro, con l’inizio della recessione, gli impianti sono scesi da centosessantamila a centoquarantamila l’anno perché molti pazienti non sono in grado di sostenere i costi della procedura.

La stessa Meditronic, la più grande azienda produttrice di defribillatori al mondo, ammette che almeno quattrocento persone muoiono ogni giorno per l’impossibilità di farsi impiantare un defribillatore.  “Troppe”, ha detto un portavoce della Duke University che ha realizzato un’indagine statistica sull’uso della defribillazione negli Stati Uniti.

Alla Duke University escludono però che tutto dipenda dall’avidità dei medici e delle aziende produttrici di apparecchiature elettromedicali. “Veramente non ci aspettavamo che le cose fossero giunte a questo punto ma siamo certi che i medici abbiano fatto quanto ritenevano giusto per i pazienti” ha detto testualmente Sana Al Khatib, che ha condotto l’indagine per conto dell’Università.

E’ chiaro che l’inesperienza del medico e la difficoltà di arrivare ad una diagnosi nei casi di aritmie ventricolari possono in alcuni casi portare ad una valutazione errata delle condizioni cliniche del paziente. Tuttavia, basta fare un po’ di conti per rendersi conto che questa storia non ha nulla a che fare con la medicina.

Il costo di un impianto di defibrillatore negli Stati Uniti si aggira attorno ai cinquantamila dollari. Di questi, 2-3 mila vanno al medico che effettua l’intervento. La degenza di circa due notti può arrivare fino a 11-12 mila dollari. Infine, la spesa più grande riguarda il defibrillatore stesso il cui costo è di oltre trentamila dollari. Il dispositivo ha però bisogno di una batteria speciale per funzionare correttamente per almeno sette anni e qui si arriva facilmente a ottantamila dollari.

Nel 2008, con l’inizio della recessione economica, gli impianti di defibrillatori negli Stati Uniti diminuirono fortemente passando da circa centosessantamila a centoquarantamila. Meditronic ed altre aziende hanno ripreso quota grazie agli interventi su pazienti erroneamente convinti che la loro sopravvivenza dipendesse dall’impianto di un defibrillatore. Ben diverso il discorso per coloro che invece ne avrebbero effettivamente bisogno ma non dispongono di mezzi finanziari adeguati.

Molti non sanno nemmeno che gli scompensi cardiaci possono essere gestiti attraverso un dispositivo elettromedicale. “Non è mica obbligatorio per i medici spiegare ad un cardiopatico privo di mezzi che esistono apparecchi utili a trattare aritmie. Tanto anche lavorando giorno e notte per anni non potrebbero permetterseli”, ha detto con spavalda noncuranza il dottor James Mold, direttore del dipartimento di Ricerca Medica dell’Università dell’Oklahoma ai giornalisti dell’ABC.

Nell’impietosa logica di Mold, i medici devono accertarsi che i pazienti possano sostenere i costi di un eventuale intervento anche solo per fornire delle semplici informazioni.  Ma cosa accade se una persona  operata da anni perde il lavoro e non può permettersi di rimpiazzare le batterie necessarie al funzionamento del defribillatore sottocutaneo?

Nel 2003, William Kohler, un uomo di 51 anni sofferente di aritmia cardiaca fu improvvisamente licenziato dall’azienda presso la quale lavorava come tecnico elettronico. Oltre al lavoro, Kohler perse anche l’assistenza sanitaria perché l’assicurazione rifiutò di farsi carico delle spese mediche relative alla sua patologia.

Sei anni più tardi, la batteria del defibrillatore iniziò a perdere i colpi. Kohler aveva ormai 57 anni e per campare si era messo a fare il fattorino per una pizzeria che consegna pizze a domicilio. Non era assicurato e guadagnava meno di otto dollari l’ora.  I famigliari e gli amici cercavano di aiutarlo come potevano ma nessuno era in grado di prestargli i diecimila dollari necessari a cambiare la batteria del suo defibrillatore.

Un giorno si era sentito male e i colleghi avevano dovuto trasportarlo di corsa all’ospedale.  I medici erano stati categorici: senza una nuova batteria, il defribillatore avrebbe smesso di funzionare e sarebbe stata la morte. L’otto marzo del 2009, Kohler si sentiva esausto e chiese al principale di poter andare a casa. Salì in macchina e dopo aver percorso 400 metri si fermò al primo segnale di stop.  Stremato cadde con la testa riversa sul volante. Gli impulsi troppo deboli del defribillatore non riuscivano più a dare al suo cuore la scossa sufficiente a permettergli di riprendersi. Un uomo che stava portando a spasso il cane avvertì la polizia ma quando lo trovarono Kohler era già morto. Per salvarlo ci sarebbe voluta una batteria da mezzo grammo, ma per impiantarla erano necessari diecimila dollari e lui non li aveva.

 

 

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy