di Cinzia Frassi

L'Autorità garante per le comunicazioni (AgCom) si accinge ad intervenire a gamba tesa sulla tutela del diritto d'autore on line con un provvedimento che, dal 6 luglio, consentirebbe agli ISP - Internet Service Provider - di rimuovere contenuti dal web. In sostanza sarebbe sufficiente la segnalazione di una violazione da parte del titolare del diritto d’autore direttamente all'ISP per rendere irraggiungibile il sito che abbia pubblicato il contenuto "protetto".

Un provvedimento, quello dell’AgCom, che ha suscitato grande dibattito e un fronte di oppositori massiccio. Il garante non sembra proprio avere facoltà di introdurre una normativa per regolamentare direttamente un diritto fondamentale quale il diritto all’informazione, cosa che spetterebbe chiaramente al Parlamento.

Inoltre, la procedura che si vorrebbe introdurre è di natura puramente amministrativa e, per giunta, può portare a sanzioni piuttosto forti. Si aggirano quindi due tutele: il giudice naturale competente e l’introduzione di una procedura puramente amministrativa per un diritto fondamentale dell’individuo. Non solo, l’oscuramento così ottenuto sarebbe notificato solo all’ISP e non anche ai proprietari dei siti.

E' da tempo che si parla di interventi volti a regolamentare l'accesso a contenuti via web e il diritto d'autore ed è da tempo che l'AgCom prepara la pillola amara. Così il web nel frattempo si è organizzato e sono state numerose le iniziative e le proteste in risposta al provvedimento. Lo scorso giugno è stato presentato alla Camera dei Deputati il "Libro Bianco su copyright e tutela dei diritti fondamentali sulla rete internet". Si tratta di un documento dettagliato che fa il punto sul contenuto di due diritti contrapposti: da un lato la libertà d’informazione, con tutto quello che comporta e dall'altro il copyright.

Ci sarebbe da aggiungere che le violazioni del diritto d’autore possono essere le più varie e per di più in molti casi non essere nemmeno tali. Si è etichettata la pirateria come un aspetto del furto e come un comportamento univoco, senza giustificazioni. In realtà le cose stanno in modo differente. Da un lato sarebbe da discutere sui contorni della violazione, dell’opportunità di maggiori contentuti e di un’offerta più ampia, soprattutto liberamente scaricabile.

Di certo non si può pensare che tutto sia vendibile: la cultura, l’informazione, la formazione, la condivisione, non sono certi valori cedibili a titolo oneroso. Un film, un documentario, una trasmissione televisiva, dovrebbero essere considerati cultura fruibile liberamente da tutti. Non solo: una piccola parte d’intervista televisiva pubblicata sul web potrebbe non essere violazione del copyright, ma parte necessaria di un’informazione completa, che é diritto di tutti. No, non sono degli estremisti a sostenerlo.

Basti considerare come siano presenti da sempre due modi diametralmente opposti di concepire il web. Per qualcuno è una risorsa, per altri uno strumento di interessi economici. Chi pensa che la rete sia una risorsa concepisce il web come uno spazio per l'esercizio di grandi libertà, un luogo aperto, democratico, libero dai gruppi di potere dove sia l'accesso che i contenuti debbano esistere senza paletti. Per chi, al contrario, il web è una risorsa prima di tutto economica, ci vede invece una percentuale del Pil.

Il presidente francese Sarkozy aveva sottolineato, in occasione ell'E-G8 tenutosi a Parigi lo scorso 23-24 maggio, che "a costo di essere impopolare voglio dirvi che non potete rifiutare un minimo di regole e valori comuni. Non si può veicolare il male senza ostacoli né ritegno". In paesi come il Brasile, la Cina o la Corea del Sud il commercio online porta quasi il 4% del Pil. Tra i paesi europei nel periodo 2004-2009 ha portato il 12% del Pil all’Italia, il 33% alla Svezia, il 24% alla Germania e il 23% a Regno Unito.

Dall'altro invece c'è chi rifiuta l'idea di imporre rigide regole ma pensa che "la miglior politica per un governo è dare la banda larga fissa e mobile a tutti i cittadini". Parola di Eric Schmidt, amministratore di Google. "Prima di pensare a progetti di regolamentazione, chiediamo ai governi di studiare soluzioni tecnologiche per risolvere i problemi da un punto di vista globale". Aggiunge ancora, sempre in occasione dell’incontro a Parigi, che "la miglior politica per un governo è dare la banda larga fissa e mobile a tutti i cittadini".

Certo, le parole vengono da Google che non brilla sicuramente in termini di rispetto della privacy, ma centra il punto e la materia del contendere: soluzioni globali e banda larga questo potrebbe portare ad una crescita esponenziale nel nostro paese. Vale a dire regole precise e niente digital divide. Tra l’altro fu proprio Calabrò, nell’annuale relazione sullo stato del paese, a sottolineare come meno del 50% degli italiani ha un collegamento alla rete in banda larga, fisso o mobile, mentre la media europea è del 61%.

Intanto la rete si mobilita, raccoglie contributi e forme di reazione alla proposta del Garante. La questione è affrontata in termini molto netti e di rifiuto di un provvedimento fuori luogo che porta con se l’apertura alla censura in rete: oggi per i contenuti audiovisivi e domani? Attendiamo i prossimi giorni per capire se l’ennesimo tentativo di governare la rete andrà a vuoto oppure no.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy