di Rosa Ana De Santis

La morte di Sarah è rosa. La matrice dell’assassinio è tutta femminile. Sembra essere questo il dato che emerge, anche se sono ancora in corso le indagini per svelare le responsabilità dirette, per capire di chi sia la mano che ha strangolato e quella che ha occultato il cadavere. Quel che è certo è che l’imputato numero uno, Michele Misseri, è sempre più fuori dal circolo dei moventi e delle ragioni dell’odio. Lui rimane a rappresentare l’icona dello zio guardone, del deviato molestatore di nipotine. Ma sembra proprio esser stato scelto come capro espiatorio dalle sue donne.

O almeno lo è stato fintanto che ha retto. Ora ritratta, quasi tutto. Anche l’orrore della violenza carnale sul corpo esanime di Sarah, che doveva servire a rendere credibile il suo ruolo attivo e forse anche la patologia che avrebbe dovuto salvargli la pena peggiore. Sarebbe stato lui, quasi sicuramente invece, a caricare il corpo in macchina e a nasconderlo nei campi, lui a mettere la pietra. Ma è nel focolare che sono riposti tutti i segreti e tutte le ragioni. Le conosce Sabrina, la mamma Cosima. Forse le intuisce Concetta, la mamma di Sarah che non parla e che ha accostato la diabolica famiglia Misseri - e in particolar modo Sabrina - all’imperturbabile mamma di Cogne. Ma com’è possibile che in quella vita di cugine - sorelle, quelle due famiglie così strette e in osmosi potessero nascondersi così bene?

In questi giorni di martellante cronaca il gineceo di Avetrana diventa sempre più chiaro. In quella casa le donne custodiscono il segreto, hanno il piglio deciso e forte che Sabrina mostra e dimostra nel suo gruppo di amicizie e davanti alla televisione. E’ espansiva, teatrale, ben strutturata. Suo padre, invece, non sa parlare. Tentenna, non si fa capire, svela tutta la sua rozzezza e ignoranza, anche nel pianto, e i recenti racconti, da vedere quanto attendibili, lo ritraggono quasi in ostaggio delle sue donne.

Un’intera famiglia, quella dei Misseri, si muove e si ricompone in una strategia di difesa, di omertà e di sacrificio che ricorda le regole delle case mafiose, con un movente che è ancora più basso. Nessuna guerra sul territorio, nessuno scacchiere di potere.

Forse proteggere un pedofilo, soffocare lo scandalo che Sarah avrebbe potuto far scoppiare da un momento all’altro, o semplicemente eliminare la cuginetta, la migliore amica, la sorellina. La più bella, l’amabile fuscello, la mascotte del gruppo, l’inviolabile che non accettava la regola del silenzio.

Un suo doppio, tenero e scomodo, che Sabrina vuole educare, guidare, dominare e che un giorno, forse, decide di parlare senza permesso e di sfidare le regole di quelle donne che lei crede dalla sua parte. Sabrina è per tutti la guida di Sarah, è quella grande che lavora e che è contornata di amici, che esce tutte le sere e che non conosce la timidezza. Ma forse quel suo fare protettivo e quasi morboso nei confronti della piccola cugina è solo l’altra faccia dell’odio e della gelosia. Sarah è, nei suoi colori e nella sua bellezza inconsapevole e senza potere, una figlia prediletta, una visibile estranea per quel clan matriarcale che vanta solo possesso e potere, e nessuna grazia.

Basta pensare a Cosima, la moglie di Misseri e la madre della probabile assassina, che solo l’assenza del capo d’imputazione di favoreggiamento in ambito familiare le risparmia, ad oggi, di trovarsi sul banco degli imputati. Gli inquirenti dicono che la madre di Sabrina sa. Conosce le motivazioni e quel giorno non sente solo un trillo sul cellulare della famiglia. Ma forse vede, assiste e ordina e dispone la strategia di copertura.

Ed é ancora una donna, l’amica di Sabrina, la terza ragazza di quel finto pomeriggio al mare, a far crollare l’architettura dell’omertà. E’ lei a testimoniare il comportamento di eccessiva agitazione di Sabrina, le anomalie, le discordanze. Una donna, anche lei, estranea a quel clan femminile, che azzera il sortilegio con un gesto di autonomia. Imperdonabile per Sabrina.

Sembrano, all’opinione pubblica, sempre più orrendi i delitti quando dietro c’è la mano di una donna. La madre, la cugina, la copertura delle donne sembra essere meno spiegabile, meno convincente. L’orco è, per definizione, uomo, padre, zio. Basta ricordare lo sgomento che attraversò l’Italia quando si seppe che la mano assassina era quella di una giovane sorella, Erika di Novi Ligure.

Nel garage di casa Misseri non c’è di mezzo solo un raptus, una passione sbagliata, ma una curatissima strategia di omertà che ricorda, solo all’apparenza, le moltissime famiglie, cui siamo tristemente abituati, in cui le donne chiudono gli occhi e tacciono. Li chiudono di fronte ai figli abusati, alle devianze sessuali dei mariti, alle violenze fisiche. Ma le donne di casa Misseri non sono nemmeno questo. Non sono sovrapponibili all’icona della remissività sotto i veli del lutto. Assomigliano, piuttosto, alla matrigna e alle sorellastre di Cenerentola.

Resta da capire se donna Cosima abbia solo deciso di difendere una figlia, immolando il marito che, innocente verso Sarah, non era comunque. O se abbia controllato tutta la storia e se ancora oggi non taccia tante ragioni che non sospettiamo neppure. E soprattutto resta da capire chi sia Sabrina. Una figlia devota che vuole proteggere il buon nome del padre, l’alter ego invidioso di Sarah colto da un raptus. La sensazione è che la regia di questa eliminazione sia plurale, programmata e tutta nata e fatta in casa. Partorita da un gineceo del male che inaugura il mito di una nuova Medea.
.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy