di Mario Braconi

Che i visionari riescano a proteggere il popolo meglio di quanto possano fare i soldati? Questo è forse l'interrogativo cui l'Esercito USA ha inteso rispondere dando vita al "Seminario dello scienziato matto sulla tecnologia futura": un incontro annuale al quale sono invitati, oltre agli scienziati, anche i futurologi e per il quale perfino gli scrittori di fantascienza possono guadagnarsi un accredito. Si pensi alle penose immagini di Colin Powell che al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite agita davanti alle televisioni il modellino della fialetta di antrace "made in Iraq": se questo è il livello delle prove "scientifiche" che un governo può produrre per giustificare la guerra, allora perché non darsi alla fiction? Senza contare che i generali non ne potranno più dei soliti, barbosi convegni pieni di ricercatori targati Ivy League, esperti NASA e cinici "contractor"...

L'edizione americana di WIRED ha messo le mani su un memo (anonimo) dei lavori dell'edizione più recente del Seminario (20 - 23 gennaio): un documento utile per comprendere quali innovazioni scientifiche e tecnologiche possano rivelarsi potenzialmente tanto pericolose per gli Stati Uniti da turbare i sonni del Presidente. In linea di massima, sembra che la guerra sarà sempre meno confronto tra eserciti e, sempre più, creativa declinazione di violenza non convenzionale, il cui obiettivo (diretto o indiretto) tenderà ad essere sempre più frequentemente la popolazione civile.

Infatti, grazie ai progressi nelle biotecnologie, tra soli cinque anni, con un investimento di soli 5.000 dollari, chiunque riuscirà ad alterare un virus influenzale naturalmente predisposto alla mutazione e trasformarlo in un'arma che, pur non necessariamente letale in sé, può comunque costringere a letto un esercito e/o paralizzare la capacità di reazione di un Paese intero ad un possibile attacco.

Un altro incubo è quello delle armi elettromagnetiche: niente di nuovo, visto che già negli anni Sessanta era noto che l'esplosione in quota di un ordigno nucleare produce un campo elettromagnetico in grado di distruggere in pochi secondi le reti di distribuzione di energia elettrica e mettere fuori uso definitivamente tutti i dispositivi elettronici su cui poggia la civiltà come la conosciamo oggi - luci, riscaldamento, refrigerazione, automobili, computer, telefoni e benzina - (che viene pompata mediante dispositivi alimentati elettricamente). In pochi secondi il mondo tornerebbe indietro di duecento anni. Se si considerano i progressi nel campo della miniaturizzazione, un'arma elettromagnetica portatile potrebbe essere disponibile prima del 2020.

Anche la vita dei soldati al fronte potrebbe diventare ancora più dura, a causa dell'integrazione sempre più spinta di "nanotecnolgie, networking, sistemi computazionali avanzati e intelligenza artificiale", che darà vita a sciami di apparecchiature miniaturizzate in grado di corrodere, rilevare mediante sensori ed esplodere", moltiplicando il numero delle vittime anche più degli attacchi terroristici. Il "nemico " (quale esso sia, nazione o singolo individuo), inoltre, si infiltra nei social network, dove può da un lato individuare parenti ed amici dei soldati nemici - rendendo necessaria la loro protezione - e, dall'altro, fare propaganda minando la capacità dell'Esercito di reclutare personale o di mantenerlo tra i suoi ranghi.

Tuttavia, l'aspetto più sottile della guerra che verrà è la tendenza a prendere di mira non più solamente il corpo, ma anche la mente del nemico. Secondo il documento pubblicato da WIRED, attorno al 2030 saranno disponibili una seria di "strumenti di guerra neuro-cognitiva in grado di coordinare tecnologie elettromagnetiche, infrasuoni e luci per colpire il sistema neurologico e fisiologico umano". La cosa interessante è che è sufficiente alterare anche lievemente il livello di risposta di ogni singolo individuo: un danno complessivo notevole è assicurato dalla somma di milioni di défaillances individuali infinitesimali. Questo tipo di influenza subliminale sul comportamento può essere utilizzata, in modo particolarmente efficace, nei "sistemi online immersivi": i social network, Second Life, ma il ragionamento vale per ogni gioco o servizio internet.

Commentando l'articolo di WIRED USA sul blog a cui collabora (mindhacks.com), il neuroscienziato inglese Vaughan Bell ricorda i numerosi esperimenti che provano una relazione causale tra esposizione dei soggetti a determinati argomenti e comportamenti rilevati successivamente. Ad esempio, un gruppo di studenti cui subito prima dell'esperimento era stato fatto leggere un brano in cui si menzionino comportamenti arroganti, rudi ed aggressivi, si sono dimostrati mediamente più impazienti di altri che avevano letto brani in cui si parlava di gentilezza e pazienza: l’effetto in psicologia viene definito "priming" (quando “uno stimolo precedente influenza una reazione successiva anche non correlata”).

Dunque, continua Bell, basterebbe una "determinata stimolazione codificata all'interno di un un gioco o di un servizio internet (credo che nell'Esercito siano troppo timidi per dire la parola “porno”) per ridurre la performance cognitiva di una frazione, ma quando si considera che questo avverrebbe sull'intero esercito, la sua potenza offensiva potrebbe esserne drasticamente influenzata." La guerra non è stata mai così sporca. E facile.

 

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