di Mario Braconi

Lo scorso gennaio, a margine di una conferenza dal titolo "Chiesa in Rete 2.0", il portavoce della CEI, don Domenico Pompili, emetteva il dubbioso verdetto della confessione che egli rappresenta sui "social network". Niente anatemi questa volta, ma un atteggiamento cauto, suggerito dal presunto rischio che gli utenti di Facebook, Twitter e simili si ritrovino nella paradossale condizione di "individualismo interconnesso" (concetto formulato dal sociologo Manuel Castells per descrivere quelle persone che trascurano le relazioni personali con i loro simili, pur vantandone numerose e complesse di tipo elettronico-virtuale).

I (legittimi) dubbi della Chiesa, però, hanno per oggetto i soli social network realizzati dagli altri; sembrerebbe di capire che, per la Chiesa, essi risulterebbero "pericolosi" se impiegati per fare amicizia, condividere interessi, scambiare informazioni, mentre la benedizione è assicurata su quelli, anzi su quello, che viene impiegato per pregare. E' questo infatti lo scopo principale di Prex-Communion, il "social network della preghiera" lanciato lo scorso 19 novembre in occasione del convegno "Fede e Tecnologia", tenutosi nel palazzo apostolico di Loreto - presenti il "padrone di casa" Monsignor Tonucci (il quale, a mo' di chiusura dei lavori, benedice tutti i partecipanti); la giornalista berlusconiana Cesara Buonamici; il vaticanista del Corriere della Sera Luigi Accattoli; rappresentanti della società informatica che ha realizzato il prodotto (la EDE, Euro Digital Equipment, che fa capo al gruppo More Technologies, di cui è stato impossibile reperire notizie aggiornate); più due alti dirigenti della Saatchi & Saatchi Italia, società cui è stata affidata la cura dell'immagine della piattaforma e la relativa campagna pubblicitaria.

Il nome del social network della Chiesa, invero non molto sexy, è emblematico della immensa distanza culturale che separa il milieu dal committente: Prex sta per "preghiera" in latino, mentre community (ossia "gruppo di persone accomunate dagli stessi interessi che corrispondono tra loro attraverso una rete telematica") viene miracolosamente promosso a "communion" (cioè, questa volta in inglese; comunione, ovvero il corpo dei cattolici.

Per inciso, la grafica del sito - cielo azzurro a nuvolette, aura di luce attorno ad una colomba a sinistra della testata, silhouette di una famigliola sulla destra - è dozzinale. Mentre lo spot per la televisione è un capolavoro kitsch: vi si susseguono, mentre una voce femminile canta l'Ave Maria di Schubert, uno scenario da paese in guerra, l'immagine di un’anziana signora borghese dignitosamente seduta nel suo salotto, un simpatico nonnino intento a prepararsi il caffè, un giovane "bello e dannato" che percorre una banchina battuta dai flutti, una bella ragazza relativamente vestita a pancia in sotto su un letto (incongruo tocco sexy, che, oltre a sancire l'onnipresente uso commerciale del corpo femminile, ha il merito di tener viva l'attenzione).

L'unica caratteristica comune a tutti i personaggi è la solitudine; in effetti, se proprio si volesse estrarre senso da questa pubblicità, parrebbe che a dedicarsi al rosario (digitale o "analogico") siano persone infelici cui non resti molto altro nella vita se non dedicarsi ad biascicare una sequenza di preghiere preconfezionate, che la ripetizione meccanica tende a svuotare di significato. Da questo punto di vista sono rivelatrici, quasi un lapsus, le parole dell'arcivescovo monsignor Tonucci, intervistato da Jenner Meletti di La Repubblica: "Io penso che tecnologie come questa, almeno in questa fase, aiutino le persone che sono sole - per giorni, per mesi o anche per pochi minuti - a sentirsi meno sole."

Nel tentativo improbo di intercettare consenso in una società quasi completamente secolarizzata e tendenzialmente consapevole, la Chiesa Cattolica ha accettato la difficile sfida di far proprie le dinamiche tipiche dei mezzi di comunicazione di massa: va interpretato in questa ottica il lancio di un canale tematico su YouTube in tre lingue, dedicato alle parole del Papa. Come anche la realizzazione del "rosario elettronico", un piccolo riproduttore MP3 a forma di uovo in due versioni, base (prex) e accessoriata (lux - luce in latino, o lusso?) - dotato, quest'ultimo, di cuffiette "per un ascolto più discreto". E' la risposta clericale all'iPod. Mentre Apple propone al resto del mondo un apparecchio per riprodurre musica, filmati o podcast, la chiesa mette in campo uno strumento per assistere il fedele nelle preghiere strutturate e formalizzate che essa prescrive.

L'ovetto santificante, che ha venduto 40.000 unità praticamente senza pubblicità, è disponibile in diverse versioni: standard (giallo, bianco e celeste con i segni della delegazione pontificia di Loreto), ovvero personalizzato per altri gruppi di fedeli, quali "papa-boys", Croce Rossa, Carabinieri, Cavalieri di Malta e Aviazione. Tutto questo per dire che, se Gesù tornasse sulla terra, dopo aver parlato di pace e di uguaglianza (temi sempre attuali) non dovrebbe dimenticare di andare al tempio a tirare qualche altra legnata ai sempre attivissimi mercanti che, ancor oggi, si nascondono dietro le sue colonne.

E' evidente, quanto inevitabile, che la Chiesa, nel suo tentativo di penetrare in territori tipici della modernità, e pertanto lontani dalla sua cultura, si muova in modo goffo ed inefficace: realizzare un applicativo da far girare sull'iPhone per recitare il rosario è una contraddizione in termini troppo difficile da riconciliare. Da una parte la modernità, con la sua nevrosi e le sue infinite possibilità di comunicare, condividere, creare; dall'altra, la rigidità di una monarchia che si è ben poco evoluta dal Medioevo a oggi. In effetti, i dati statistici sugli accessi a Prex Community ad un mese dal suo lancio non sembrano particolarmente incoraggianti: secondo quanto dichiara la EDE, se si eccettua un picco, il sito sta ricevendo circa 400 visitatori unici al giorno, un risultato che potrebbe essere raggiunto da un blog, il quale però, a differenza di Prex Communion, viene di solito ideato, gestito e manutenuto da una sola persona (o da una piccola redazione informale di amici) e senza metterci sopra nemmeno un euro.

Prex Communion consente di creare gruppi di preghiera con obiettivi specifici; in questo esso è simile a Facebook: chi vuole promuovere una certa causa non deve fare altro che costituire un "gruppo" cui altri possono aderire. Strumento potentissimo, benché l'obiettivo del gruppo possa essere modificato impunemente dal creatore (o amministratore) anche dopo aver raccolto le adesioni (a chiunque potrebbe capitare di diventare membro di un gruppo contro il riscaldamento globale, salvo poi trovarsi iscritto ad un gruppo che predica la pedofilia!).

In ogni caso, chi è dotato di fede robusta crede che la preghiera possa costituire uno strumento potente per risolvere i suoi guai e quelli degli altri. In mondo di spirito e di astrazione, come quello in cui ci stiamo muovendo, appare incongruente ricorrere a ragionamenti quantitativi: eppure, sembra che quanto più sono numerosi i fedeli che chiedono un dato intervento al Signore, tanto più le orecchie del Vecchio Barbuto si facciano ricettive. Se questa è la "logica", ed è difficile accettarla, ben venga Prex Community: anzi, verrebbe quasi da dire che, a costo di qualche compromesso di coscienza, dovremmo - tutti - registrarci. Chissà che, biascicando tutti assieme una preghierina online, non si riesca a far sparire gli incubi della fame, della guerra e del riscaldamento globale.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy