di Rosa Ana De Santis

L’ultima polemica tra la Lega Nord e la Chiesa Cattolica scoppia nella ricorrenza di Sant’Ambrogio. Calderoli, ministro per la semplificazione, vorrebbe ascoltare una strofetta sacra sui milanesi e sull’orgoglio del nord, invece il cardinale Tettamanzi fa il suo mestiere di pastore ecclesiale e dice ai cittadini che non sono gli edifici e il ritmo della vita d’affari a testimoniare la grandezza della città, ma il valore della solidarietà. I milanesi ascoltano un’omelia sulla giustizia sociale e sull’accoglienza e la Lega non ci sta. Questa Chiesa che parla di rom e musulmani, di migranti e di deboli non è nelle corde di un partito esplicitamente xenofobo, secessionista e pagano come la Lega.

Avvenire risponde alle accuse e alle battute leghiste con un editoriale durissimo. Arriva la solidarietà del cardinal Bertone ed è il Presidente della Repubblica Napolitano, non il Pontefice, a ribadire la missione pubblica e la politica sociale come elementi fondanti della pastorale ecclesiastica. Non arrivano invece le scuse dei leghisti. Il governo Berlusconi ha più volte finto di saper ricucire i rapporti con la Chiesa, cavalcando tutte le battaglie bioetiche possibili, usate come ufficiale contropartita, in cambio di una politica sociale lontanissima dalla dottrina sociale della Chiesa. Ma la tensione rimane alta.

Tettamanzi, va detto, non è proprio l’icona della Chiesa progressista. Non è uno di quelli ingaggiato sulle barricate della strada, non è protagonista di un nuovo corso teologico. E’ assolutamente arruolato e integrato nell’organico della Chiesa. Non è “un martire”, lo dice anche lui. La distonia in questo scontro verbale durissimo non è tra i conservatori del cattolicesimo e i progressisti. Il malumore è tutto rivolto al ruolo sociale della Chiesa, allo spirito puro dell’evangelizzazione, al riconoscimento che la Chiesa conserva presso le Istituzioni.

E’ evidente quanto la recente e violenta battaglia per il crocefisso nelle scuole non avesse niente di religioso, niente di autenticamente cristiano. La croce era soltanto il più comodo e il più emotivo degli argomenti popolari per perseguire politiche discriminatorie e assolutamente anti-cristiane. Chissà se la Chiesa avrà il coraggio di non accettare partner tanto anticristiani nella propria catechesi di Stato.

Non desta meraviglia la posizione della Chiesa in materia religioso-sociale. E’ la storia della dottrina a documentarlo. Di anomalo c’è invece la posizione della Lega quando sposa le battaglie cristiane. Basta pensare che la Lega Nord, in virtù delle solenni origini celtiche della Padania, ha riproposto grotteschi riti di iniziazione pagana, tra i quali figurano, guarda caso, proprio le nozze del Ministro Calderoli.

La posizione sociale della Chiesa non è patrimonio di destre o sinistre, non è rivendicabile da politiche, bandiere e umori di governo. E’ il cristianesimo ad avere un messaggio unico e univoco, chiaro e netto. Esattamente come lo Stato del Vaticano ha il suo. La sua ragion di Stato e i suoi affari. Tutta la politica italiana dovrà smetterla, prima o poi, di avocare la benedizione della Chiesa per avere maggiori garanzie di consenso popolare. Ma il legame di contaminazione tra religione di Stato e ragione pubblica nel nostro Paese non è mai stata sciolto, né risolto.

Le scuse ufficiali non sono mai arrivate e i colloqui cordiali con il Ministro Scajola servono a poco rispetto alla grave spaccatura che si consuma tra questo governo e la Chiesa. La rottura non si consuma su un dibattito tra tanti, sulle  raffinate questioni individuali, ma sulla grandi e urgenti questioni dell’accoglienza: i suoi numeri, i suoi diritti, l’integrazione e la convivenza pacifica di diverse culture sul nostro territorio. Per rimanere alle sole ragioni politiche viene da chiedersi chi pagherà l’irresponsabilità e l’impreparazione politica di chi è deputato a governare e opera invece per inasprire il conflitto.

Gli stessi che propagandano il Bianco Natale, che impongono i presepi, che chiudono le sale delle preghiere, che minacciano, che puntellano i crocefissi come minacce e le bandiere come armi, ci stanno consegnando un futuro pericoloso, minacciato dall’integralismo e da un’insidiosa instabilità sociale, i cui effetti pagheremo cari.

La spaccatura tra il manipolo delle camicie verde sedute in Parlamento e la Chiesa dice chiaramente due cose: che il governo ha la responsabilità di mettere a tacere questa pericolosa deriva xenofoba almeno per la sicurezza del paese; non dimenticando mai l’orizzonte europeo di giudizio e che la Chiesa non può accettare più il consenso dei leghisti nemmeno quando si tratta di croci e di campanili. Tutto questo in un Paese normale. Un Paese in cui uno di questi non sarebbe diventato mai il Ministro dell’Interno.


 

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