di Rosa Ana De Santis

E’ passato quasi un mese dalla morte del giovane Stefano. Proseguono le indagini e le notizie sul caso sembrano non uscire dalle prime pagine. Tutto grazie alla pressione dell’opinione pubblica e soprattutto allo sforzo di una famiglia che non molla e mostra una volontà di collaborazione che in cambio non accetta sconti sulle responsabilità. Da un lato tribunali e giudici, gli avvisi di garanzia agli agenti della polizia penitenziaria e l’imminenza dell’incidente probatorio sull’unico testimone. Dall’altro il concorso di responsabilità dei sanitari coinvolti. Ignazio Marino, a capo della commissione d’inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale, si è nuovamente recato all’Ospedale Sandro Pertini. Quello che emerge dai giorni di ricovero di Cucchi viene definito dallo stesso Marino “inquietante”. Terminata l’audizione secretata dell’infermiera Olivares Gricelda, infermiera del carcere di 'Regina Coeli, che ha assistito Cucchi, si aprono nuovi scenari e si acquisiscono nuovi elementi per portare avanti l’indagine.

Ma facciamo un passo indietro per ripercorrere i momenti più importanti di questo mese. Potremmo iniziare dalle parole violente e infondate di Giovanardi. Lui fa morire Stefano di anoressia, poi di droga, anche un pò di sieropositività. Tutto pur di non parlare dei fatti e delle foto che internet e tv ci hanno mostrato. Le immagini del corpo e l’entrata in scena del supertestimone costringono il sottosegretario a scusarsi con la famiglia.
Il testimone, che sarà nuovamente ascoltato in corso d’incidente probatorio sabato prossimo dal Gip Fiasconaro, è S.Y., un irregolare africano, arrestato anche lui per detenzione di stupefacenti.

Incontra Stefano nelle celle di sicurezza di Piazzale Clodio, dove sono stati portati entrambi per la convalida dei loro fermi. E’ dalle sue dichiarazioni che partono i tre avvisi di garanzia per omicidio preterintenzionale ai tre agenti di polizia penitenziaria che hanno preso in custodia Cucchi in quei momenti. Il testimone racconta di aver sentito urla, di aver visto Stefano a terra piegato dai ripetuti calci e di aver poi raccolto le sue parole “Mi hanno menato questi stronzi”. Il pestaggio quindi avviene sotto le aule di giustizia per poi forse proseguire anche dopo. Magari nel tragitto verso Regina Coeli, dove Cucchi arriva non più in grado di stare in piedi e con fortissimi dolori, tali da dover esser trasferito per i vari esami diagnostici in ospedale fino al ricovero definitivo.

Il testimone è stato trasferito dal carcere, per non correre rischi, per non essere intimidito o magari per evitare un’altra delle solite cadute dalle scale, simile a quella che ha rotto le ossa del giovane Stefano, ad esempio. L’onorevole Pedica, dell’Italia dei valori, sorveglia e vigila sulle sorti del giovane coraggioso. La battaglia per la verità non si annuncia facile soprattutto se passa sulla pelle nera di un clandestino, spacciatore abituale. Nel frattempo gli agenti, che avrebbero “dato la lezione” a Stefano, sono stati trasferiti in via temporanea, mentre attraverso i loro legali respingono tutte le accuse. Del resto quanto può valere la parola di un detenuto straniero? Non sono valse quelle di famiglie perbene e di esemplari cittadini italiani nei processi alla Polizia.

Uno dei tre indagati dichiara che a Stefano hanno addirittura offerto un caffè e una sigaretta, prima di chiamare il medico quando ha iniziato a star male. Tutto questo prima di affidarlo alla scorta che lo avrebbe portato in carcere. Ma perché Stefano Cucchi inizia a star male, se nessuno gli fa del male? Il cadavere e le diverse foto scattate spiegano tutto quello che viene taciuto. Il legale della famiglia Cucchi, pur non essendo un medico legale, oltre a notare le fratture e i segni di percosse che abbiamo visto tutti, parla di almeno cinque lesioni tipiche da bruciature di sigarette.

Il corpo di Stefano sarà riesumato per gli ulteriori rilievi autoptici ritenuti necessari. Nel frattempo verrà analizzata la macchia di sangue riscontrata sui jeans indossati al momento dell’arresto. La famiglia ha consegnato agli inquirenti la droga ritrovata nell’appartamento di Via Morena (Roma), dove ogni tanto Stefano andava quando non era in famiglia. A dimostrazione che si cerca soltanto la verità sulla morte di Stefano e nessuno slittamento o omertà sulla considerazione di una vita fragile.

Un capitolo a parte è quello delle cure. Le cartelle cliniche che hanno fatto il giro del web riportano dei NO piuttosto controversi, anche sul piano calligrafico, sulle volontà di Stefano. Rimangono le anomalie di quanto è stato negato al paziente. La visita dell’avvocato e dell’operatore di fiducia della comunità CEIS in cui Cucchi combatteva la sua personale sfida alla tossicodipendenza. Rimane il perché di una famiglia tenuta all’oscuro e lasciata a sostare senza notizie fuori le mura del nosocomio. Un trattamento che ha trasformato Stefano in un detenuto senza diritti, e in un malato senza diritto di cura. Rimangono misteriose le terapie somministrate, negate o inefficaci andrà chiarito, spiegate finora dai medici coinvolti con la tesi ridicola del paziente “poco collaborativo.”

Lo strazio di Stefano e della sua famiglia non è ancora concluso. Le indagini incalzano e l’attenzione della gente comune e della politica è forse lo strumento più efficace a disposizione per evitare che Cucchi sia un’altra vittima senza carnefice. Perché non pagare per le proprie colpe equivale a non averne davanti alla legge e alla collettività. Non che questo interessi molto all’Italia del processo breve. Stefano, volendo usare perifrasi verbali, è morto d’ingiustizia, di violenza e di omissioni e questo è accaduto mentre era nelle mani dello Stato.

 

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy