di Rosa Ana De Santis

Il Tar del Lazio, accogliendo il ricorso di 24 associazioni laiche e religiose, ha stabilito che l’ora di religione cattolica non fa punteggio per i crediti della maturità e che i docenti di religione non possono avere lo stesso titolo di partecipazione degli altri in sede di consiglio di classe o di scrutinio. Una giusta decisione che ha lasciato tutti un po’ stupiti: siamo pur sempre in un paese dove le battaglie della laicità e del pluralismo faticano ad essere metabolizzate nel costume corrente e assumono sempre le sembianze di eventi destabilizzanti e minacciosi per la pubblica morale. Il centro-destra, col solito urlatore Gasparri - che se c'é da dire un'idiozia non si tira indietro - parla di sentenza “discutibile” e di discriminazione nei riguardi dei docenti e degli studenti che scelgono di frequentare l’insegnamento della religione cattolica. Segue al coro dell’indignazione la solita Paola Binetti, sempre più mal collocata nell’area progressista del Parlamento. Denuncia, la bigotta, una sentenza che discriminerà i docenti in categorie di serie A e di serie B, non ricordando, probabilmente, che gli insegnanti di religione vanno dietro alle cattedre con il placet del Vaticano, che li sceglie e li giudica in totale autonomia, assicurandogli privilegi retributivi e di carriera, a sfregio di una scuola pubblica che si professa laica e di uno Stato che dovrebbe blindare la propria separazione dalla Chiesa.

L’anomalia italiana, che la sentenza del Tar del Lazio ha semplicemente evidenziato, purtroppo c’è ed emerge clamorosamente al confronto di esempi europei come la cattolicissima Spagna, la Francia o la Gran Bretagna. L’ora di religione, spesso frequentata per costume corrente e tranquillità di giudizio, ricorda in tutto e per tutto il catechismo parrocchiale. Sempre naufragati, del resto, i tentativi intelligenti di tradurla in un’ora di storia delle religioni, o almeno di affiancarle corsi di etica o di morale o di storia di altre fedi religiose. La fede religiosa ha a che vedere con una scelta intima e assolutamente personale che va slegata da ogni possibilità di giudizio complessivo sullo studente. La religione cattolica invece ha ancora qualche riga a disposizione sulle pagelle dei nostri studenti.

La cattedra di religione rappresenta nel nostro Belpaese una discriminazione di fatto - queste le parole usate nella sentenza - a danno di studenti di altre credenze religiose o atei, per i quali non ci sono spesso alternative di pari valore, almeno non riconosciute ufficialmente come tali. Non interessa granché al Ministero dell’Istruzione cosa possa fare uno studente musulmano o valdese o ateo. Fioroni, ex Ministro PD che nel 2007 aveva avuto ragione dal Consiglio di Stato contro i 24 ricorrenti, è stato il primo ad incoraggiare la Gelmini nel ricorso.

Del resto in merito all’offerta di alternative le scuole si misurano con un problema serissimo di risorse economiche che deve essere sfuggito alla severa contabilità del gendarme Gelmini, traducendosi obtorto collo nel mantenimento di una indebita posizione dominante dell’insegnamento cattolico rispetto ad altri eventuali alternative. Questa sentenza non ha fatto altro che riconoscere la discriminazione e l’abuso corrente, richiamando la scuola pubblica alla propria missione. Il passo successivo sarà quello di appellarsi a questa sentenza ogni qual volta in cui la laicità dovesse essere messa in pericolo, fino al punto di abolire del tutto la posizione che l’ora di religione ha nel nostro ordinamento scolastico.

La reazione della CEI è forse l’unica davvero onesta e spassionata. I vescovi s’indignano con le toghe e accusano la decisione del TAR di “bieco illuminismo”. I preti vedono sempre lungo, si sa. Si tratta proprio di questo nemico qui. L’illuminismo ritorna, per colpa di corsi e ricorsi storici e rigurgiti di passato, a tessere l’alfabeto di una società pluri confessionale e pacifica. L’unica via possibile, quando si devono governare diverse anime e diversi colori, è quella della ragione.

In una scuola aperta a tutti a tutti si dovrebbero insegnare i pilastri dell’etica pubblica e i cenni fondamentali delle grandi scuole di pensiero morale. Una strategia più efficace ed economica che non garantire diversi catechismi confessionali, rischiosi per le possibili derive integraliste, più capace di formare cittadini adulti e di assicurare allo Stato esami di maturità meno mercanteggiati nella collezione dei famosi crediti. Il ricorso del MIUR dimostra purtroppo, nero su bianco, che la missione cattolica in Italia vale più di una fede personale. E’ un esercizio di potere trasversale che nel Parlamento, da una legislatura a un'altra, disegna il ritratto di un Paese che nella cultura della laicità crede poco o niente. Investe a parole e non nelle opere. La predica nelle piazze d’Europa, conservando in patria l’abito talare. Hanno ragione i vescovi, si tratta d’illuminismo. Ma quella era la Francia ed era il 1789. Noi siamo ancora in attesa.


Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy