di Rosa Ana De Santis

Il genoma è servito. Sotto le lenti dei laboratori di biologia molecolare, nel prontuario delle cure oncologiche, nelle parole degli esperti. L’elica sinuosa del DNA si srotola come un ricamo, alleli e delezioni patologiche, basi di aminoacidi dai nomi impronunciabili si svelano. Una lettura contemporanea del classico conosci te stesso che si spinge oltre i limiti della psiche e del corpo, che scava dentro, fino a toccare lo scheletro invisibile della vita umana. Un’indagine che mentre diventa terribilmente scientifica si anima di un tormento e di un’analisi tutta intellettuale ed emotiva, scardinando assiomi finora incontrovertibili di coscienza e conoscenza. La notizia arriva dal 1953 quando James Watson scoprì il DNA. La notizia è oggi e tutti i giorni quando si può affermare con buona certezza che tra dieci anni la genetica darà terapie efficaci contro il cancro, fino all’ipotesi di usare i geni per migliorare la specie. A dieci anni dal clamore per l’annuncio del Progetto Genoma Umano, salutato con entusiasmo da Clinton nel 2000, i risultati sembrano non aver soddisfatto le attese e le promesse, eppure il fuoco della ricerca scientifica si consuma qui. Il sequenziamento del genoma è ancora lontano dalla vita delle persone comuni, ma salute e cura, rassicurano i ricercatori, nel loro significato ne saranno e ne sono già stati contagiati positivamente.

Il crollo dei costi per l’analisi del genoma sarà il primo elemento a renderlo possibile completamente. Ma come farlo è un problema che non è in testa, non ancora, nell’agenda della sanità pubblica di molti Paesi occidentali, divisa tra altre priorità. Proprio la presenza di linee molto diverse sui test genetici finora possibili, molto pochi a dire il vero, ha generato un rallentamento di cui, secondo il prof. Veronesi, non dovremmo preoccuparci oltre. Avanti si andrà.

E’ in particolar modo sul cancro, la diagnosi precoce e la cura di questa malattia che la genetica conterà le sue vittorie. Il rilevamento della popolazione affetta da sindromi genetiche ereditarie che predispongono allo sviluppo della patologia oncologica, circa il 10%, sarà sorvegliata con screening regolari e precoci. Le persone ammalate potranno avvalersi di cure chemioterapiche mirate e personalizzate grazie a diagnosi molecolari, quelle predisposte di profilassi farmacologiche o chirurgiche.

Non è tutto già possibile, ancora difficile tradurre la serie fittissima di collegamenti e legami tra i diversi geni. C’è chi sostiene che un approccio solo matematico, come quello garantito dalle macchine per il sequenziamento del DNA, non fornirà tutte le risposte e c’è a questo proposito, una scuola di pensiero - Goldstein della Duke University per citare un nome - che ritiene che una genetica affidata a questo approccio solo numerico tradirà la profezia e orienterà a scelte eccessive.

Ci sono frontiere in cui i geni hanno già introdotto la loro rivoluzione: nella farmacia, nella medicina forense, solo per fare gli esempi più lampanti. Cambiamenti importanti, ma indolori rispetto alle novità che la genetica può portare nella vita delle persone. Scoprire l’altra percentuale di rischio di ammalarsi di una data patologia, di averla ereditata da uno dei genitori, di trasmetterla alla prole, tutto questo è il contributo delicato e faticoso che può dare la medicina predittiva: una rivoluzione copernicana dell’antropologia. Il gusto filosofico del limite, la geografia dell’umano e dell’ignoto spazzati via dal nero su bianco di un’identità genetica.

Ma sarà davvero così? Tutto determinato e noto? Non proprio, visto che il deficit genetico che può predisporre al cancro non basta da solo a generare la malattia, ma ha bisogno di un’incognita proveniente dall’ambiente esterno. Alimentazione, agenti cancerogeni, radiazioni, energia direbbero i quantistici, chissà? Le complicazioni dei test genetici non sono solo quelle legate ai costi del test, alla diversa regolamentazione di accesso, che varia molto da paese a paese, la questione del brevetti, le diverse piattaforme tecnologiche usate per l’analisi e quindi l’attendibilità del risultato, l’utilizzo deviato esercitato dalle assicurazioni sanitarie e dai datori di lavoro, come accaduto negli Stati Uniti.

Esiste una complicazione interiore impossibile da universalizzare sui grandi numeri, che rimanda al significato e al simbolo del limite e dell’ineffabile per ognuno e che rende questa nuova medicina tanto una strada maestra di guarigione quanto un virus insidioso nelle pieghe della propria intimità che può contaminare la vita affettiva, le scelte, il senso del futuro. L’altra faccia della predizione non è la prevenzione. Questa ne è solo una ragionevole conseguenza.

La metà invisibile della predizione non è altro che una conoscenza obliqua e anticipata del modo più probabile in cui si potrebbe morire. Questo c’è dietro la conoscenza anticipata di malattie molto serie. Una folgorazione sul futuro che paradossalmente può rischiare di inchiodare una persona al passato della propria famiglia o alla palude di un eterno presente.

Una metà così oscura e faticosa che nel momento in cui rappresenta, agli occhi della ragione, una possibilità di liberazione dal karma dei geni, può trasformarsi nel più odioso dei macigni. La conoscenza del genoma è senza dubbio un salto mortale della medicina, una cura già di per sé. Un progresso in punta di bisturi che non può essere, né potrà mai essere elargito e diffuso su tutto e per tutti. Mai come in questa applicazione delle conoscenza scientifica l’elemento dirimente e decisivo, quello che farà la differenza, sarà proprio l’esercizio della soggettività. Mai come in questo caso la medicina vede la neutralità dei suoi protocolli rosicchiata dalla reazione del singolo.

Una conoscenza precoce che per alcuni potrebbe diventare già una malattia. E’ così che due persone di fronte alla stessa sigla genetica e alla stessa patologia, conosciuta in anticipo, potranno reagire in modi molto diversi. Così come qualcuno potrà decidere di non voler sapere se nel corso della vita avrà un alto rischio di ammalarsi di Alzehimer o di patologie cardiache. Soprattutto se un rimedio clinico ancora non esiste. Una conoscenza precoce, quella della medicina predittiva, che può generare fortissimi stati di solitudine ed estraniazione tanto dai sani, quanto dai malati. Mai come in questo campo di frontiera della medicina l’aspetto psicologico dovrà essere considerato di assoluta importanza.

Le donne giovanissime, i ragazzi che già hanno sperimentato i frutti e le difficoltà di questi test sono ad esempio quelli che si sottopongono all’analisi, ormai piuttosto diffusa e nota, dei due grandi geni BRCA1 e BRCA2. O al rilevamento della mutazione a carico del gene APT che genera la sintesi di una proteina troncata causa del cancro al colon ereditario. Piccole vite, quelle dei candidati al test, che scoprono presto come curarsi, come provare a salvarsi da una malattia e dai rischi elevatissimi di svilupparla nel corso della vita. Sapendo che non è tutto detto, che il concorso di altri geni, ancora ignoti, potrebbe essere determinante, oppure no, per lo sviluppo della patologia.

Senza dubbio i test genetici danno e daranno strumenti concreti per proteggersi e giocare d’anticipo rispetto a una malattia, il cancro, in cui la variabile del tempo comporta spesso la vita. Guai, però, a pensare che un test genetico sia una panacea o una cura miracolosa. Mai come in questo caso per leggere quel codice sul futuro, bisogna tornare al singolo e alla rete dei suoi pensieri. Lì dove nascosto risiede non il significato della vita, ma il senso della vita per ognuno. Quello dove gli argomenti della ragione non sono sempre separabili dal liquido dell’emotività e dei ricordi.

Quel “guazzabuglio indescrivibile” di ogni persona, direbbe Gadda, dove la razionalità scientifica e filosofica e il dolore della cognizione diventano compresenti e sovrapponibili, spesso senza soluzione, al pasticciaccio dei sentimenti, quel bollore dell’animo che si muove in circolo, sotto la geometria dell’orizzonte dove tutto sembra chiaro.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy