Matteo Renzi si è trasformato in tutto quello contro cui predicava fino a qualche anno fa: il leader di un partitino che tiene in ostaggio la maggioranza per un tornaconto di cortile. La sua contesa muscolare con Giuseppe Conte non si può davvero interpretare come una battaglia nell’interesse del Paese. Se così fosse, l’ex premier sceglierebbe gli argomenti su cui puntare e cercherebbe un compromesso per portare a casa il risultato. Invece Renzi fa tutt’altro. Scrive liste, lancia ultimatum, sibila minacce. Arriva perfino allo sfottò, coniando l’acronimo “Ciao” per l’elenco dei desideri con cui punta a far cadere il governo. Da settimane non fa altro che aggiungere ogni giorno una pretesa nuova, con il chiaro obiettivo di farsi opporre un rifiuto.

 

Come in ogni giallo che si rispetti, quello che conta è il movente. Perché mai Renzi si è incaponito con tale cattiveria a picconare il governo di cui il suo partito fa parte? La spiegazione più convincente è che ormai, sondaggi alla mano, il leader di Rignano abbia preso atto del fallimento politico di Italia Viva. Creata poco più di un anno fa all’origine del Conte 2 (anzi: fu proprio Renzi a far nascere la maggioranza giallorossa per usarla come incubatrice del progetto post-divorzio dal Pd), la formazione renziana rimane inchiodata sotto il 3% dei consensi nazionali. L’aspirazione di arrivare rapidamente “in doppia cifra”, enunciata da Renzi nel solito delirio d’onnipotenza, si è rivelata ben presto una velleità estranea al regno delle cose possibili. Addirittura, Italia Viva non è andata oltre il 4% alle regionali in Toscana, supposto feudo della coppia Renzi-Boschi.

A questo punto è chiaro che, rimanendo in questa maggioranza, Renzi non ha più vantaggi da lucrare. È in grado di condizionare il governo con i seggi che controlla al Senato, che sono decisivi, ma il gioco - ormai è evidente - non porta alcun dividendo elettorale. Resosi conto che le sue possibilità di tornare a Palazzo Chigi nei prossimi anni sono meno di zero, sposta il mirino. Da qualche mese si è messo in testa di poter diventare il nuovo segretario della Nato. Per riuscirci, però, deve risollevare le sue quotazioni politiche, il che significa agire su più tavoli: fare le scarpe all’ex fedelissimo Guerini alla Difesa e allo stesso tempo cambiare governo. O meglio: cambiare Presidente del Consiglio, perché mai e poi mai Renzi accetterebbe di fare il ministro di Conte, che considera tollerabile solo nelle vesti di burattino.

Questa sembra, allo stato, la ricostruzione più credibile. L’unica certezza è che Italia Viva ha meno interesse di chiunque altro a tornare alle elezioni entro i prossimi sei mesi (ultima finestra prima del semestre bianco, il periodo che precede l’elezione del nuovo presidente della Repubblica e durante il quale non si possono sciogliere le Camere). Considerato anche il taglio dei parlamentari, le urne decreterebbero l’estinzione di Iv e la fine del potere politico di Renzi. Che quindi punta a far cadere questo governo per crearne subito dopo uno nuovo con la stessa maggioranza, ma con una diversa distribuzione di pesi, e - possibilmente - senza Conte.

Nel frattempo, il Presidente del Consiglio e i suoi emissari portano avanti in Parlamento un’improbabile “operazione responsabili”, rastrellando centristi in cerca d’autore per creare una maggioranza senza Italia Viva. Trattasi, probabilmente, di contro-bluff, visto che il primo partito a non essere convinto da questa soluzione è il Pd. Ma non è detto che non basti a ridurre Renzi alla quiete. La battaglia finale si dovrebbe consumare in uno dei Consigli dei ministri post-Befana.

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