Voleva essere l’atto fondativo di un’Internazionale sovranista, ma è stata la solita baracconata tragicomica. Fiacca, per di più. La manifestazione organizzata sabato dalla Lega a Milano, cui hanno partecipato anche i principali leader sovranisti europei, ha raccolto non più di 30-40mila persone. Una partecipazione assai inferiore alle aspettative - erano attesi in 100mila - e insufficiente anche a riempire Piazza Duomo. Domani facciamo la storia”, aveva annunciato Matteo Salvini alla vigilia. Per fortuna la storia non lo ha ascoltato.

 

Stavolta il leader leghista non è risultato carismatico come al solito, ma sgonfio, affannato, lontano dal piglio volitivo con cui normalmente accumula spacconate e falsità pur di rastrellare fino all’ultimo voto. Tutta la vacuità della faccenda emerge dalla scaletta del comizio salviniano.

 

Curiosamente, il cuore della manifestazione organizzata per le elezioni europee non ha nulla a che vedere con l’Europa, ma ancora una volta con la promessa di tagliare le tasse in Italia. Quando Salvini rilancia la favola dell’Irpef al 15% per tutti, dietro di lui sul palco si alzano decine di cartelli blu con scritto in giallo 15%.

 

“Al referendum del 26 maggio non prendo 20 impegni - scandisce il numero uno del Carroccio - ne prendo uno: cambiare l’Europa da cima a fondo, ma se date alla Lega il primo posto in Italia e in Europa non mollerò finché ciascuno in Italia non pagherà il 15% di tasse”. Com’è ovvio, la questione non riguarda affatto le elezioni del 26 maggio: Salvini la usa a fini di propaganda interna, né più né meno di quanto fece Berlusconi nel 2006 con l’abolizione dell’Ici. L’obiettivo è ottenere un risultato sufficiente a far cadere il governo subito dopo le europee e tornare alle elezioni in autunno.

 

Dopo di che, il capo della Lega ripropone le solite parole d’ordine anti-migranti che tanto piacciono alla sua piazza. Stavolta però ci aggiunge anche un afflato misticheggiante che più contraddittorio di così non si potrebbe. Dopo aver polemizzato con la visione caritatevole di Papa Francesco - al cui nome la folla si produce in un’ondata di fischi - il vicepremier leghista ha la faccia di baciare un rosario, ringraziare i santi patroni d’Europa e affidarsi nientemeno che “al Cuore immacolato di Maria”. Viene da chiedersi di quale Maria parlasse, visto che, quando si tratta di mostrare un minimo d’umanità nei confronti di chi soffre, Salvini chiude le porte e incita all’odio. Insomma, non sembra esattamente illuminato dalla luce della carità.

 

La parte più surreale della giornata è stata però ancora un’altra. E cioè la sfilata di leader sovranisti europei intervenuti sul palco prima del segretario leghista. Da Marine Le Pen a Geert Wilders, tutti si sono sperticati in lodi e auguri a beneficio dell’alleato italiano, per poi sproloquiare come sempre di Islam assassino e invasioni africane.

 

Forse nemmeno loro si sono resi conto dell’assurdità di quel teatrino. La follia alla base di tutto è credere che possa esistere qualcosa di simile a un’Internazionale sovranista. L’espressione stessa è in realtà un ossimoro, perché il sovranismo è una espressione di nazionalismo, che per sua natura è estraneo a qualsiasi forma di cooperazione e solidarietà internazionale.

 

Al “Prima gli italiani!” di Salvini, Le Pen risponderà sempre “Prima i francesi!” e Wilders “Prima gli olandesi!”. Quando noi italiani chiederemo per l’ennesima volta la redistribuzione in Europa dei migranti che salviamo nel Mediterraneo, i sovranisti saranno i primi a urlarci in faccia il loro “No!”. E noi?

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