Quella di trovare un nemico comune contro cui scagliarsi è un’esigenza antica. Ma sulla questione migranti, affibbiare questo ruolo alle organizzazioni non governative che ogni anno salvano decine di migliaia di vite è veramente assurdo. Ormai nel cervello di molti nostri connazionali è pacifico che le Ong siano delle associazioni a delinquere il cui unico interesse sarebbe massimizzare l’afflusso di migranti in Italia per non si sa bene quale tornaconto economico.

A sostegno di questa tesi non esiste lo straccio di una prova, ma poco importa. La maldicenza non ha bisogno di verifiche per trasformarsi in convinzione. È sufficiente la conferma sociale, il classico “se lo dicono tutti sarà vero”. Un po’ come con i vaccini, che migliaia di italiani ritengono ancora oggi causa di autismo, incuranti di essere smentiti da tutte le evidenze scientifiche del mondo.

A cementare ulteriormente le posizioni degli anti-Ong sono intervenuti di recente due nuovi fatti: l’inchiesta della procura di Trapani sulla Jugend Rettet e la decisione della maggior parte delle organizzazioni di non firmare il protocollo Minniti. Peccato che né l’una né l’altra vicenda sostenga in alcun modo le argomentazioni di chi – come Matteo Salvini – insinua in modo del tutto arbitrario l’esistenza di legami fra Ong e scafisti.

Nel caso della Jugend Rettet, indagini ed eventuali procedimenti spettano com’è ovvio alla magistratura, ma gli stessi inquirenti siciliani sostengono che i soggetti coinvolti avrebbero agito “non per denaro” ma per “motivi umanitari”.

Quanto al protocollo Minniti, le ragioni che spingono le Ong a rigettarlo sono chiarissime. Un’organizzazione come Medici senza Frontiere rifiuta di accogliere un militare a bordo delle proprie navi non per poter commettere impunemente chissà quali nefandezze, ma perché deve rimanere neutrale. Non si tratta di un principio ideologico, ma di un requisito operativo: in un contesto di guerra, chiunque si trovi davanti alle strutture di Medici senza frontiere deve essere sicuro che là dentro non troverà persone armate, ma solo professionisti pronti ad aiutarlo. Ammettere i militari sulle navi vorrebbe dire distruggere questa certezza.

Insomma, le Ong non sono il nemico e sostenere il contrario è segno di grettezza o malafede. Se proprio bisogna puntare il dito contro qualcuno, i bersagli sono altri.

Su tutti Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca, contro cui lo scorso giugno la Commissione europea ha aperto una procedura d’infrazione per i mancati ricollocamenti dei profughi provenienti da Italia e Grecia.

“Questi tre Paesi non hanno fatto niente per oltre un anno – ha spiegato due mesi fa Dimitris Avramopoulos, commissario europeo per le migrazioni, facendo il punto sulle riallocazioni – L'Ungheria non ha mai fatto niente. La Polonia si è offerta di accogliere nel 2015 e poi non ha fatto altro. La Repubblica Ceca non ha più ricollocato dall'agosto 2016”.

In alternativa potremmo prendercela con l’Austria, che ad ogni difficoltà elettorale interna si ricompatta minacciando il nostro Paese di chiudere la frontiera per difendersi da un’invasione inesistente. Il ministro degli Esteri di Vienna, tale Sebastian Kurz, si è permesso addirittura d’impartirci ordini: “Pretendiamo che venga interrotto il traghettamento di migranti illegali dalle isole italiane, come Lampedusa, verso la terraferma – ha detto il mese scorso – L'Austria chiuderà il Brennero se l'Italia dovesse applicare il lasciapassare”.

Oppure, ancora, potremmo scagliarci contro la Francia di Emmanuel Macron, che dall’alto del suo europeismo continua a rispedire migranti (anche minorenni) in Italia attraverso la frontiera di Ventimiglia, pratica vietata dalle convenzioni internazionali.

Potremmo. Invece no. Ci sono state delle polemiche, ma le reazioni suscitate da questi comportamenti non sono nemmeno lontanamente paragonabili alla furia che il nostro Paese sta riversando da settimane contro le Ong. Uno sdegno totale e bipartisan, alimentato dall’ignoranza di molti politici e dalle fake news fatte circolare sui social network. Sempre più regno dei nemici immaginari.

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