di Antonio Rei

Quest’anno la Commissione europea non può fare storie: deve concedere al governo italiano tutta la flessibilità richiesta. E non per considerazioni economiche - i conti del nostro Paese non sono migliorati rispetto agli anni passati, anzi - ma semplicemente perché si tratta di una mossa politica obbligata in vista del referendum costituzionale.

È stato lo stesso Pierre Moscovici, Commissario agli Affari Economici e Finanziari della UE, a scoprire le carte. L’esecutivo comunitario - ha detto la settimana scorsa - è pronto a “considerare” le richieste italiane di flessibilità legata alle “spese per i rifugiati” e per il “terremoto”. Certo, non è ancora un via libera ufficiale. Per quello bisognerà aspettare ancora circa un mese, considerando che il governo deve trasmettere a Bruxelles entro il 15 ottobre il Documento programmatico di bilancio, per poi approvare la legge di Stabilità entro il 20 ottobre. Eppure, l’approvazione sembra scontata.

Il perché lo ha spiegato ancora Moscovici, affermando candidamente che in Italia ''c'è una minaccia populista”. Di conseguenza, “sosteniamo gli sforzi di Renzi affinché sia un partner forte all'interno dell'Ue”, ha aggiunto il commissario, il quale si è detto poi fiducioso sul fatto che “l’Italia se la caverà come sempre e risolverà i problemi con il nostro aiuto”.

A voler tradurre le parole dell’ex ministro francese, è evidente che scegliendo l’indulgenza finanziaria la Commissioni si schieri apertamente in favore del SÌ al prossimo referendum del 4 dicembre. La sua prima preoccupazione è tenere in piedi Matteo Renzi, che non è affatto ben visto dalle parti di Bruxelles, ma viene giudicato comunque il male minore considerando le alternative che popolano il panorama politico italiano.

Se infatti al referendum vincesse il NO, forse Renzi riuscirebbe comunque a rimanere in sella per qualche tempo, ma sarebbe politicamente finito e la sua agonia spianerebbe la strada al Movimento 5 Stelle. Ovvero a quella “minaccia populista” che tanto spaventa le cancellerie europee.

Ora, l’ingerenza della Commissione europea nella politica interna di un Paese membro è scandalosa, ma di per sé non rappresenta una novità. Piuttosto, le sorprese arrivano da altri due fronti. Innanzitutto, è sconcertante che Bruxelles non impari mai dalle esperienze passate, visto che il referendum greco sugli accordi con la troika e quello britannico sull’uscita dall’Ue hanno ampiamente dimostrato quanto il silenzio sia il migliore alleato dell’Europa unita.

Ogni volta che ha aperto bocca sulle consultazioni negli Stati membri, la Commissione non ha fatto altro che alimentare la brace dell’antieuropeismo che arde in ogni Paese, e anche stavolta c’è da scommettere che le parole di Moscovici si riveleranno un boomerang per il SÌ. I soldi dell’Europa servono, ma l’appoggio esplicito di Bruxelles è un bacio della morte per il nostro Premier, che non a caso negli ultimi tempi non manca occasione per scagliarsi con sempre maggior vigore contro la politica economica comunitaria.

In secondo luogo, sorprende la radicale divergenza d’opinioni fra l’Ue e la City di Londra, che a quanto pare non è così in ansia per la sorte di Renzi e prende posizione con vigore a sostegno del NO. La settimana scorsa Tony Barber ha scritto sul Financial Times che la riforma costituzionale è “un ponte verso il nulla” e che farà “ben poco per migliorare la qualità del governo, della legislazione e della politica”.

E ancora, con perfetta sintesi: “Nelle capitali europee, il sentimento comune è di sostenere Renzi. Un'Italia senza timone, vulnerabile a una crisi bancaria e al movimento anti-establishment dei Cinque Stelle, causerebbe seri problemi. Eppure, una sconfitta di Renzi al referendum non per forza destabilizzerà l'Italia. Una vittoria, invece, potrebbe far emergere la follia di mettere gli obiettivi di sopravvivenza (politica) che ha Renzi davanti al vero bisogno strategico dell'Italia: quello di una sana democrazia”.

Va detto che Barber ha radicalmente cambiato idea sull’argomento, visto che solo nel luglio scorso che “la sconfitta” di Renzi “rischierebbe di gettare l’Italia in uno stato di prolungata instabilità politica ed economica”. Può darsi che, fra un articolo e l’altro, l’editorialista abbia avuto modo di leggere e capire la riforma costituzionale. Renzi deve sperare che a Moscovici non venga in mente di fare altrettanto.

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